Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26580 del 23/11/2020

Cassazione civile sez. I, 23/11/2020, (ud. 09/10/2020, dep. 23/11/2020), n.26580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15369/2019 proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in Roma Via Della Giuliana,

32, presso lo studio dell’avvocato Gregorace Antonio, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno Commissione Territoriale Riconoscimento Prot.

Internazionale Roma;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 08/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2020 da Dott. CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

Il Tribunale di Roma, con il decreto impugnato, ha respinto la domanda di protezione internazionale proposta da E.O., cittadino (OMISSIS), proveniente dalla regione di Edo State ritenendo insussistenti i presupposti per della protezione maggiore – sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria – e della protezione umanitaria.

Avverso tale pronuncia E.O. ha proposto ricorso per cassazione il menzionato cittadino straniero, affidando l’impugnativa a quattro motivi. Nessuno si è costituito per l’intimato.

Con il primo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e alla direttiva 2004/83/CE la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione alle dichiarazioni rese dal ricorrente ed al mancato supporto probatorio.

Si lamenta,in particolare, l’omesso svolgimento del ruolo attivo da parte del Giudice nell’istruttoria della domanda non potendo lo stesso limitarsi a rilevare l’assenza di documentazioni di riscontro alle allegazioni del richiedente.

Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente in merito alle condizioni del Paese d’origine in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole,infatti, che la Commissione prima ed il Tribunale poi non abbiano correttamente valutato le allegazioni del ricorrente accordandogli il beneficio richiesto.

Con il terzo motivo deduce la mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente avrebbe avuto diritto in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del Paese d’origine in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Si censura l’assoluta mancanza di valutazione da parte del primo Giudice in merito alle condizioni oggettive dello Stato di provenienza.

Con il quarto motivo si deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illegittimità del mancato riconoscimento della protezione internazionale e/o sussidiaria per omessa valutazione della situazione esistente in Libia, Paese di transito del ricorrente.

Con il quinto motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la non corretta applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Si censura l’iter motivazionale che ha condotto al rigetto della domanda ritenendola disancorata rispetto alla previsione dell’art. 5, comma 6 del decreto richiamato in rubrica lamentando una mancata considerazione del grado di integrazione sociale del ricorrente e delle condizioni socio-politiche del Paese di provenienza.

I primi due motivi,che vanno esaminati congiuntamente per l’intima connessione, sono inammissibili.

Va ricordato che,contrariamente a quanto assume il ricorrente, “In materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5” (Cass. n. 15794 del 12/06/2019).

Ciò posto va osservato che nel caso in esame il Tribunale, alla luce del racconto fornito dal richiedente, ha escluso la ricorrenza dei presupposti che giustificano la concessione della protezione internazionale avendo rilevato che le ragioni per le quali il ricorrente ha lasciato la Nigeria erano essenzialmente economiche.

La complessiva doglianza inoltre risulta essere assolutamente generica anche quanto alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione e, per conseguenza, priva di decisività perchè non viene indicato quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso (in tema, Cass. n. 2119 del 24/1/2019; Cass. n. 30105 del 21/11/2018);

Per quanto concerne, poi, la protezione sussidiaria del succitato decreto, ex art. 14, lett. c), (terzo motivo) va osservato che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c), (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

Nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che i fatti allegati nel giudizio di merito non attengono a situazioni di violenze indiscriminate, derivanti da un conflitto armato interno ed ha proceduto al fine di valutare la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ad acquisire informazioni – mediante le fonti internazionali (Easo report 2017), in attuazione dell’onere di cooperazione istruttoria – e vagliare le condizioni socio/politiche della Nigeria, giungendo ad affermare che le situazioni di violenza e di conflitto verificatesi nell’Edo State non avevano raggiunto un livello così elevato da comportare per i civili presenti nell’area il concreto rischio per la vita o di danni alla persona e le censure si traducono in una impropria sollecitazione del riesame del merito.

Il ricorrente infatti deduce genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla situazione generale della Nigeria, attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta quanto all’insicurezza del Paese di origine ed alla compromissione di diritti fondamentali, difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

Inoltre, in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018) qui neppure dedotto. Il ricorrente fa riferimento a fonti non meglio precisate come tali inidonee a smentire quanto accertato dal Tribunale.

Il quarto motivo è inammissibile perchè generico.

Trova applicazione il principio secondo il quale “Nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito (nella specie la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, perchè l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ove si tratti di un apolide. Il paese di transito potrà tuttavia rilevare (dir. UE n. 115 del 2008, art. 3) nel caso di accordi comunitari o bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale paese.” (Cass. n. 31676 del 06/12/2018).

La situazione esistente nel Paese di transito (Libia) di per sè non rileva nè per la protezione sussidiaria, nè per la umanitaria, perchè non è la Libia il Paese ove il ricorrente verrebbe ricondotto in caso di rimpatrio, all’esito del diniego della protezione internazionale.

In ogni caso, sotto ulteriore e assorbente profilo, il ricorrente non evidenzia quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese e il contenuto della domanda (Cass. n. 31676/2018; Cass. n. 29875/2018; Cass. n. 13096/2019).

Per quanto concerne la protezione umanitaria (quinto motivo) – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019) – va osservato che, ai fini del riconoscimento di tale forma di protezione, è evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Nel caso di specie, la narrazione dei fatti che avevano indotto lo straniero ad abbandonare il proprio Paese si è rivelata – e la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass., 05/02/2019, n. 3340) – del tutto inidonea a fondare una domanda di protezione internazionale, anche nella forma del permesso umanitario di soggiorno, avendo il tribunale accertato, non soltanto la mancanza di palesi e generalizzate violazioni dei diritti umani nella zona di provenienza del ricorrente, ma altresì che l’istante non ha allegato alcuna specifica situazione di vulnerabilità, o ragioni che possano far ritenere un’effettiva disparità tra la vita condotta in Italia e quella condotta nel suo Paese di origine, anche sotto il profilo lavorativo.

Nè il ricorrente ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di merito, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità, essendo il motivo di ricorso del tutto generico sul punto.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nessuna determinazione in punto spese per la mancata costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; nulla spese; dà atto,ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2020

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