Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2658 del 01/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 01/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.01/02/2017),  n. 2658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso ricorso 7308-2016 proposto da:

S.C., quale procuratore di SP.EN.

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 12/D, presso

lo studio dell’avvocato ITALO CASTALDI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DOMENICO PIZZILLI giusta procura notarile in

atti;

– ricorrente –

contro

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA – MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

01/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso del 2/12/2004 il Ministero della Giustizia proponeva opposizione avverso il decreto emesso dal Consigliere delegato della Corte d’Appello di Roma, con il quale era stata accolta la domanda di equa riparazione avanzata da Sp.En., per l’eccessiva durata di un processo civile.

A fondamento dell’opposizione deduceva che il decreto era stato notificato oltre il termine di trenta giorni prescritto per legge, e che pertanto ne doveva essere dichiarata l’inefficacia.

La Corte d’Appello di Roma con decreto del 1 ottobre 2015 accoglieva l’opposizione e dichiarava il decreto inefficace.

Rilevava che la notifica era effettivamente avvenuta oltre il termine di trenta giorni dalla data di conoscenza del provvedimento e che correttamente il Ministero si era avvalso del rimedio dell’opposizione per far accertare le conseguenze di tale tardività.

Per la cassazione di questo decreto S.C., quale procuratore speciale di Sp.En., ha proposto ricorso sulla base di due motivi.

Il Ministero ha resistito con controricorso.

Con il primo motivo di ricorso si denunzia la nullità del decreto in quanto lo stesso avrebbe omesso, una volta dichiarata l’inefficacia del decreto, di pronunziarsi sul merito della domanda di equo indennizzo, così come peraltro era stato espressamente richiesto da parte ricorrente, analogamente a quanto previsto in materia di opposizione a decreto ingiuntivo nel caso in cui l’opponente deduca la tardività della notifica del decreto opposto.

Il secondo motivo lamenta del pari l’omessa pronuncia sul merito della domanda indennitaria, assumendo che la Corte di merito era tenuta a provvedere a tanto, anche nel caso in cui non vi fosse stata un’espressa richiesta di parte ricorrente, posto che l’opposizione non è un mezzo di impugnazione, ma è lo strumento che attua il contraddittorio tra le pani e nel quale si deve verificare la fondatezza o meno della pretesa azionata.

I motivi che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione sono infondati.

Passando alla disamina della denunziata violazione di legge, il ricorrente non ha contestato l’affermazione del giudice di merito secondo cui la notifica del ricorso e del decreto non sarebbero stati effettuati nel rispetto del termine di trenta giorni di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2 (quale scaturente dalle modifiche di cui alla L. n. 134 del 2012), sicchè alla fattispecie risulta chiaramente applicabile la disposizione di legge che prevede che la tardiva notifica determini l’inefficacia del decreto stesso (per la diversa ipotesi di notifica del solo decreto e per la possibilità di ritenere il vizio sanabile a mezzo dell’opposizione ovvero mediante la rinnovazione della notifica ex art. 291 c.p.c. in sede di opposizione, si veda di recente Cass. n. 21554/2016).

Questa Corte con la sentenza n. 5656/2015 ha avuto modo di chiarire che la novella del 2012 della L. n. 89 del 2001, ha introdotto un meccanismo simile a quello del procedimento ingiuntivo, eppure allo stesso non identico, facendo espresso richiamo al codice di procedura civile solo nei casi in cui la disciplina dello stesso sia estensibile.

Da tale premessa, in motivazione ha altresì tratto la conclusione secondo cui il rimedio della tempestiva opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, di cui all’art. 5 ter è da ritenersi applicabile anche al fine di far dichiarare la inefficacia del decreto, emesso dal Presidente della Corte d’appello o da un consigliere da lui delegato, nel caso in cui il decreto stesso non venga notificato entro il termine di trenta giorni dal suo deposito ovvero, nel caso in cui il decreto non venga depositato entro il termine di trenta giorni dal deposito del ricorso, di cui all’art. 3, comma 4, della medesima legge, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’avvenuto deposito dello stesso.

Ne consegue che correttamente il Ministero si è avvalso dell’opposizione al fine di far dichiarare l’inefficacia del decreto tardivamente notificato, e che altrettanto corretta, alla luce del dettato normativo, e la soluzione alla quale è pervenuta la Corte distrettuale, che si è limitata a dichiarare l’inefficacia del decreto.

In tal senso la soluzione de qua appare imposta dal tenore letterale della norma di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5 che, sebbene abbia disegnato un meccanismo che per larga parte richiama quello tipico del procedimento ingiuntivo, se ne discosta laddove prevede espressamente che la tardiva notificazione, oltre a determinare l’inefficacia, implica anche l’improponibilità della domanda.

Logica conseguenza di tale scelta legislativa è quella per la quale, ove sia stata proposta opposizione al fine di dolersi della tardiva notifica, il giudice adito deve limitarsi a tale declaratoria, in quanto l’improponibilità della domanda implica anche che, a differenza di quanto accade in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, non sia consentita una disamina nel merito circa la fondatezza della domanda, che è ormai insuscettibile anche di essere riproposta.

Nè può ritenersi che deponga in senso contrario quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 20695/2016, il cui principio di diritto, recita che: “in materia di equa riparazione, l’inefficacia del decreto emesso in base alla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5 per l’avvenuta sua notificazione oltre il termine di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, deve essere fatta valere con l’opposizione prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter la quale, instaurando il contraddittorio tra le parti, impone alla Corte d’appello di esaminare non solo l’eccezione d’inefficacia del decreto ma anche la domanda giudiziale introdotta con il ricorso di cui all’art. 3, comma 1, in relazione al quale detta Corte deve emettere la sua pronuncia di merito sulla fondatezza o meno della pretesa”.

Infatti trattasi di pronuncia concernente la diversa ipotesi in cui la notifica del decreto era avvenuta nel termine di legge sebbene con modalità tali da determinarne la nullità, sicchè, in ragione della possibilità di concedere un termine per la rinnovazione della notifica con efficacia sanante ex tunc, si pone effettivamente la necessità che l’opposizione non si esaurisca nella sola deduzione del vizio della notifica, ma che investa anche il merito della pretesa azionata.

Laddove invece la notifica sia avvenuta oltre il termine, la conseguenza della impossibilità di una successiva ripresentazione della domanda indennitaria, a seguito della dichiarazione di inefficacia del decreto in quanto tardivamente notificato, esime il giudice dell’opposizione investito del ricorso volto appunto a far valere la violazione del termine per la notifica stessa, dal dover procedere all’esame del merito, nonchè esclude che l’opponente debba anche avanzare doglianze nel merito.

Attesa la novità della questione di diritto concernente gli effetti della tardiva notifica del decreto, che solo di recente è stata esaminata da questa Corte, e che scaturisce dalle previsioni di cui alla riforma della L. n. 89 del 2001, si ritiene che sussistano i presupposti per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.

Tuttavia risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 728, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2017

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