Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26574 del 09/11/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26574 Anno 2017
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso 10377-2013 proposto da:
IMMOBILIARE DALLA RIVA SRL 00730730256, elettivamente
domiciliata in ROMA alla V. TARANTO 6, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE ALTAMURA che la rappresenta e
difende, unitamente all’avvocato GIANLUCA DALLA RIVA,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
PERERA CRISTINA, CANDEAGO ROSA MARIA, PUCCETTI
OLIVIA, ALDEGANI ANNA MARIA, LUCIANI GIOVANNI, TURI
GIORGIO, TRONCHIN CHIARA, DELL’EVA TIZIANA, BRESCI
CLAUDIA, D’ARIA ANGIOLA, SALVATORE MARINA, PUCCETTI

2:11S ÌT

Data pubblicazione: 09/11/2017

FEDERICA, ARRIGONI MARCO, PUCCIETTI OLIVIERO, PASA
GIANCARLO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA POMPEO
MAGNO 23/A, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO
PROIA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MAURIZIO PANIZ giusta procura a margine del controricorso;

avverso la sentenza n. 1072/2012 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 09/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/09/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
udito l’Avvocato Gianluca Dalla Riva per la ricorrente e
I 74-

l’Avvocato Mauro Petrassi per delega dell’Avvocato Raniz per i
controricorrenti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso per quanto di ragione.
RITENUTO IN FATTO
Arrigoni Marco, Perera Cristina, Salvatore Marina, Luciani
Giovanni, Dell’Eva Tiziana, Pasa Giancarlo, Candeago Rosa
Maria, Bresci Claudia, Tronchin Giorgio, D’Aria Angiola, Puccetti
Cesare, Aldegano Anna Maria e Turi Giorgio convenivano in
giudizio la società ricorrente dinanzi al Tribunale di Belluno
chiedendone la condanna all’eliminazione dei vizi riscontrati
negli immobili acquistati dagli attori, e realizzati dalla
convenuta, in misura pari all’ammontare delle somme
necessarie a tal fine, oltre al risarcimento dei danni,
assumendo che la società aveva costruito varie unità abitative
in Belluno alla via Boito 31, che però avevano presentato
fenomeni di infiltrazioni di acqua dalle finestre, un raggio di

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– controricorrenti –

curva troppo stretto per l’accesso ai garage, e l’allagamento
degli scantinati, con conseguente rigonfiamento degli intonaci
e deterioramento della tinteggiatura. Inoltre era stata posta in
opera un’errata quota di uscita dei pozzetti dell’impianto

Si costituiva la convenuta la quale eccepiva la decadenza e
prescrizione delle domande proposte, e nel merito la loro
infondatezza.
All’esito dell’istruttoria, il Tribunale con la sentenza n. 424/05
condannava la società alla rimozione dei vizi e difetti come
accertati dal CTU, nonché al pagamento della somma di C
39.217,61, corrispondente al costo degli interventi necessari, e
della somma di C 9.632,00 per ristoro dei danni.
A seguito di appello della Immobiliare Dalla Riva, la Corte
d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 1072 del 9 maggio
29012, rigettava il gravame.
In primo luogo disattendeva l’eccezione di nullità della CTU,
atteso che l’ausiliario non si era sostituito al giudice, ma aveva
ricercato gli elementi utili al proprio giudizio nel contraddittorio
con le parti.
Del pari disattendeva l’eccezione d’inutilizzabilità dell’ATP
esperito in corso di causa e l’eccezione d’inutilizzabilità dei
documenti prodotti dagli attori con le memorie di cui all’art.
184 c.p.c.
In ordine al motivo di appello con il quale si lamentava il
mancato esame da parte del Tribunale delle eccezioni di
decadenza e di prescrizione, la Corte d’Appello osservava che
in realtà le eccezioni della convenuta erano state esaminate e

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fognario, privi della pendenza necessaria per il deflusso.

decise negativamente, essendosi fatto richiamo, per i primi
vizi, al riconoscimento da parte della costruttrice, e quindi al
loro assoggettamento ad un termine decennale di prescrizione,
e per i vizi relativi al sistema di smaltimento delle acque

1669 c.c., trattandosi di vizi tempestivamente denunziati, e
per i quali il termine di prescrizione era stato interrotto per
effetto dell’espletamento dell’ATP.
In merito al motivo di appello con il quale si contestava la
correttezza della qualificazione giuridica del contratto, aderiva
alla tesi del Tribunale secondo cui, trattandosi di
compravendita immobiliare che vedeva come venditrice la
stessa impesa appaltatrice, risultavano comunque applicabili le
previsioni di cui agli artt. 1667 e ss. c.c.
Nel merito riteneva condivisibili le conclusioni del giudice di
prime cure che, avvalendosi delle indagini svolte dal CTU,
aveva riscontrato che gli allagamenti dell’edificio erano stati
determinati da errori nella realizzazione della rete di
smaltimento delle acque meteoriche, errori che erano idonei a
configurarsi come gravi difetti di cui all’art. 1669 c.c.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la
Immobiliare Dalla Riva S.r.l. sulla base di tredici motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
Capponi Giuseppe non ha svolto difese in questa fase.
La ricorrente ha altresì depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Preliminarmente occorre disattendere l’eccezione di

inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti per la

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meteoriche ed al sistema fognario, alla previsione di cui all’art.

violazioni del requisito di cui all’art. 366 co.

1 n. 3 c.p.c.,

atteso che il ricorso, sebbene in parte sovrabbondante e
ripetitivo, risulta comunque idoneo a soddisfare il requisito
previsto dalla norma, permettendo di ricavare la sommaria

Del pari deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del
ricorso in ragione della pretesa acquiescenza della ricorrente
alla sentenza di primo grado, atteso che l’avvenuta esecuzione
degli interventi disposti con la sentenza di appello, ancorchè
non conseguente ad una esecuzione intrapresa dalle
controparti, appare comunque riconducibile alla efficacia
provvisoriamente esecutiva della sentenza oggi gravata,
mancando la effettiva dimostrazione che con tale condotta la
ricorrente abbia inteso mostrare acquiescenza alla decisione
dei giudici di appello.

2. Il primo motivo di ricorso lamenta la nullità della sentenza e
del procedimento per la violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art.
111 co. 1 Cost., in quanto sarebbe stato utilizzato a fini
probatori l’ATP esperito in corso di causa.
Nel corso del giudizio di primo grado era stato, infatti, disposto
un secondo ATP, dopo quello già svolto ante causam, il cui
elaborato peritale doveva reputarsi inutilizzabile, in quanto non
preceduto da un formale provvedimento di acquisizione da
parte del giudice, in assenza di un’analoga richiesta da parte
degli attori.
Il motivo è evidentemente destituito di fondamento.
Ed, invero proprio il raffronto tra le previsioni di cui agli artt.
698 e 699 c.p.c., nonché l’ordine successivo nel quale sono

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esposizione dei precedenti fatti di causa.

collocate all’interno del codice di rito, depone chiaramente nel
senso che la necessità di un previo provvedimento di
ammissibilità si ponga solo per l’attività istruttoria preventiva
avvenuta ante causam, occorrendo a tal fine un nuovo vaglio

giudice designato per la trattazione della causa di merito.
L’art. 699 c.p.c., posto dopo la norma che appunto prevede la
necessità del giudizio di ammissibilità della prova raccolta ante
causam o dell’accertamento tecnico preventivo sempre svolto
ante causam, nel contemplare anche la possibilità che le
esigenze che sono alla base dell’istruzione preventiva possano
manifestarsi in corso di causa, nulla riferisce circa una
successiva valutazione del giudice ai fini dell’utilizzazione della
prova, essendo in tal caso evidente che la valutazione di
ammissibilità, che ha indotto a disporre l’accertamento tecnico
preventivo in corso di causa, è già funzionale alla valutazione
di rilevanza ed ammissibilità del mezzo istruttorio ai fini della
causa di merito, con la conseguenza che sarebbe del tutto
superfluo ed irrazionale prevedere anche in tal caso una
rinnovazione della valutazione di ammissibilità della prova ai
fini dell’utilizzo di un mezzo che si è formato nel corso del
giudizio e sotto la direzione e controllo del giudice cui è
affidata anche la decisione sul fondo della causa.
3. Il secondo motivo di ricorso denunzia la violazione degli
artt. 115 e 184 c.p.c. in quanto si sarebbero ritenuti utilizzabili
documenti depositati dagli attori con la seconda memoria
istruttoria di cui all’art. 184 c.p.c., in violazione della
perentorietà dei termini previsti per le preclusioni istruttorie.

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di ammissibilità e rilevanza della prova affidato questa volta al

Deduce la ricorrente che parte attrice nella seconda memoria
istruttoria aveva depositato dei documenti che invece
costituivano prova diretta, in particolare per quanto attiene
alla prova della ricezione delle raccomandate di denunzia dei

ricevute d’invio e di consegna delle missive, mai in passato
allegate.
La sentenza di appello aveva apoditticamente riferito di una
tempestività della denuncia, aggiungendo poi che una volta
denunziati i vizi in esame, vi era stato l’ATP ante causam che
aveva interrotto il relativo termine.
Il motivo è fondato.
Ritiene il Collegio di dover dare seguito a quanto già affermato
da questa Corte nella sentenza n. 12119/2013, che ha appunto
affermato che “ai sensi dell’art. 184 cod. proc. civ., nel testo applicabile “ratione temporis” alla presente fattispecie introdotto dall’art. 18 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (e
anteriore alle modifiche apportate dall’art. 39-quater del d.l.
30 dicembre 2005, n. 273, convertito con modificazioni nella
legge 23 febbraio 2006, n. 51), il momento in cui scatta per le
parti la preclusione in tema dì istanze istruttorie è quello
dell’adozione dell’ordinanza di ammissione delle prove, ovvero
– nel caso in cui il giudice, su istanza di parte, abbia rinviato
tale adempimento ad altra udienza – dello spirare di un duplice
termine, il primo concesso per la produzione dei nuovi mezzi di
prova e l’indicazione dei documenti idonei a dimostrare
l’esistenza dei fatti posti a fondamento della domanda attorea
e ‘delle eccezioni sollevate dal convenuto, il secondo previsto,

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vizi del 12 novembre 1993, depositandosi in particolare le

invece, per l’indicazione della (eventuale) “prova contraria”, da
identificarsi nella semplice “controprova” rispetto alle richieste
probatorie ed al deposito di documenti compiuto nel primo
termine. Ne consegue, che è già il primo termine di cui alla

di richiedere prova contraria in relazione ai fatti allegati dalla
controparte e definitivamente fissati nel “thema decidendum”,
ai sensi dell’art. 183 cod. proc. civ.”.
Orbene, avendo parte convenuta immediatamente eccepito la
decadenza e la prescrizione delle azioni di garanzia proposte
dagli attori, la prova circa la tempestività della denuncia
incombeva su parte attrice, la quale già con la prima memoria
di cui all’art. 184 c.p.c. avrebbe dovuto fornire la prova
dell’effettiva ricezione delle denunzie del 12 novembre 1993,
non potendo a tal fine avvalersi del secondo termine di cui
all’art. 184 c.p.c., deputato, come visto, alle sole repliche
istruttorie alle richieste di prove ed alle produzioni di
documenti effettuate dalla controparte nel primo termine.
Per l’effetto la sentenza deve essere cassata in relazione a tale
motivo, dovendo il giudice del rinvio procedere alla decisione,
prescindendo dall’utilizzo delle ricevute di invio e consegna
delle denunzie in oggetto.
4. Il terzo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 12 delle preleggi, nonché degli artt. 1470
e ss. c.c., 1495, 1665 e ss., 1667 e 1669 c.c.
La ricorrente aveva contestato la qualificazione del contratto
stipulato dagli attori con la società come appalto, sostenendo
che in realtà si trattava di compravendita immobiliare,

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norma suddetta quello entro cui la parte interessata ha l’onere

sottoposta alla diversa disciplina della garanzia di cui all’art.
1495 c.c. (con la previsione quindi di più ristretti tempi per la
denuncia dei vizi), laddove a fronte di tale contestazione i
giudici di appello avevano osservato che trattandosi di vendita

ad optare per la tesi della vendita, sarebbero state comunque
applicabili le previsioni di cui agli artt. 1667 e ss. c.c.
Tale affermazione è oggetto di critica da parte della ricorrente,
che ritiene che tale estensione della disciplina della garanzia
dei vizi in tema di appalto anche alla vendita immobiliare
operata direttamente dal costruttore violi l’art. 12 delle
preleggi, in ordine ai limiti all’applicazione analogica della
norma, pervenendo di fatto ad un’abrogazione della disciplina
di cui all’art. 1495 c.c., nel caso di vendita immobiliare.
Il motivo deve essere accolto limitatamente alla domanda di
garanzia fondata su vizi della cosa proposta dai soli coniugi
Tronchin – Bresci, non potendo invece estendersi alla diversa
domanda avanzata dai coniugi Puccetti – D’Aria.
Ed, infatti come si rileva dalla sentenza di primo grado,
confermata sul punto dai giudici di appello, si è ritenuto
necessario distinguere la denuncia dei vizi effettuata dalle
coppie di coniugi ora indicate, denuncia ricondotta alla
garanzia per vizi e difetti della cosa acquistata, dalle domande
invece proposte dagli altri attori relativamente alle disfunzioni
ricollegate allo smaltimento delle acque meteoriche.
Infatti,

per

queste

ultime

si

è

ritenuto

doveroso

l’inquadramento della richiesta nella previsione di cui all’art.
1669 c.c., norma che pacificamente la giurisprudenza di questa

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immobiliare effettuata da parte dello stesso costruttore, anche

Corte estende anche al caso di compravendita avvenuta ad
opera del costruttore (cfr. ex multis Cass. n. 2238/2012),
sicchè è in relazione a tale domanda che effettivamente non ha
rilievo pervenire alla puntuale qualificazione della vicenda

A contrario, per l’azione di garanzia, quale quella prevista
dall’art. 1667 c.c., alla quale deve appunto ricondursi quella
proposta dai detti coniugi, la giurisprudenza di questa Corte è
netta nel negare la possibilità di estenderne la portata
applicativa nei confronti del venditore.
In tal senso si veda Cass. n. 11540/1992, secondo cui la
circostanza che il venditore sia anche il costruttore del bene
compravenduto, non vale ad attribuirgli le veste di appaltatore
nei confronti dell’acquirente e a quest’ultimo la qualità di
committente nei confronti del primo. L’acquirente non può
pertanto esercitare l’azione per ottenere l’adempimento del
contratto d’appalto e l’eliminazione dei difetti dell’opera a
norma degli artt. 1667 e 1668 cod. civ., spettando tale azione
esclusivamente al committente del contratto d’appalto di
natura contrattuale, diversamente di quella prevista dall’art.
1669 cod, civ. di natura extracontrattuale operante non solo a
carico dell’appaltatore nei confronti del committente, ma anche
a carico del costruttore nei confronti dell’acquirente
Ne deriva che l’affermazione contenuta nella sentenza
impugnata circa la sostanziale equivalenza, anche ai fini
dell’applicazione delle norme in esame, della vendita
all’appalto risulta erronea, proprio in riferimento alla garanzia

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negoziale come appalto ovvero come vendita.

per vizi o difetti insuscettibili di rientrare nella diversa
previsione di cui all’art. 1669 c.c.
Tuttavia tale erronea considerazione, che ha indotto la Corte di
merito ad astenersi dal compiere la corretta qualificazione

decisivo solo in relazione alla domanda avanzata dai coniugi
Tronchin – Bresci, posto che per la domanda proposta dai
coniugi Puccetti – D’Aria il rigetto dell’eccezione di decadenza e
prescrizione risulta fondato sull’intervenuto riconoscimento dei
vizi da parte della convenuta con il contestuale impegno alla
loro eliminazione (riconoscimento che, come si avrà modo di
chiarire nel prosieguo della motivazione, non poteva che
concernere le doglianze solo del Puccetti e della moglie), il che
determinava l’assoggettamento della pretesa al più ampio
termine di prescrizione decennale.
Ne deriva che l’assunzione di un’autonoma obbligazione ad
eliminare i vizi assoggettata ad un termine di prescrizione
autonomo rispetto a quello delle azioni di garanzia, preclude il
concreto interesse della ricorrente ad una qualificazione in
termini di vendita ovvero di appalto.
La sentenza deve quindi essere cassata in accoglimento del
motivo, ma limitatamente al solo rigetto dell’eccezione di
decadenza e prescrizione nei confronti degli attori Tronchin Bresci.

5. Il quarto motivo di ricorso denunzia la violazione dell’art.
112 c.p.c. in relazione agli artt. 180, 183 e 184 c.p.c.
Infatti, sempre in relazione al mancato accoglimento delle
eccezioni di prescrizione e decadenza, si rileva che gli attori

Ric. 2013 n. 10377 sez. 52 – ud. 12-09-2017 -11-

giuridica del contratto intercorso tra le parti, assume carattere

Tronchin e Bresci, mentre in citazione avevano prospettato
anche l’esistenza di semplici vizi della cosa, successivamente
con le memorie di cui all’art. 180 co. 2 c.p.c. e nei successivi
scritti difensivi avevano precisato che intendevano avvalersi

Il motivo è destituito di fondamento in quanto si prospetta
come violazione dell’art. 112 c.p.c. quella che è in realtà una
censura alla interpretazione delle domande così come operata
dal giudice di merito, valutazione tipicamente discrezionale e
suscettibile di esser denunciata solo sotto il profilo del vizio
motivazionale, che nel caso in esame non risulta dedotto,
anche in considerazione del fatto che la tipologia dei vizi
denunziati rientrava evidentemente nella fattispecie di vizi
diversi da quelli per i quali è accordata l’azione ex art. 1669
c.c.
Inoltre il motivo appare in ogni caso privo del carattere della
decisività, posto che, quand’anche si ritenesse che gli attori in
questione avessero inteso concentrare la loro domanda solo
sulla disposizione di cui all’art. 1669 c.c., il rigetto
dell’eccezione di decadenza e prescrizione si fonderebbe sulla
diversa considerazione (ancorchè oggetto di altro motivo di
ricorso) della tempestività della denunzia e dell’avvenuta
interruzione della prescrizione per effetto della proposizione
dell’ATP.
6. Il quinto motivo denunzia la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1310, 1495, 1667, 1669 e 2934 c.c., ed in
particolare degli artt. 2935, 2936, 2964, 2966 e 2967 c.c.

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della sola azione di cui all’art. 1669 c.c.

Deduce la ricorrente, sempre con riferimento al rigetto
dell’eccezione di decadenza e prescrizione, che a fronte della
tempestiva proposizione delle eccezioni de quibus
(effettivamente già sollevate nella comparsa di risposta del

acquirente di singole unità immobiliari con distinti atti di
vendita, la Corte di merito ha trattato la questione in esame
accomunando indistintamente la posizione di tutti gli istanti,
omettendo di considerare che il compimento di un atto avente
efficacia interruttiva da parte di un singolo attore non può
giovare agli altri, in assenza di una situazione soggettiva
qualificabile in termini di solidarietà attiva.
Il motivo è però del tutto generico, in quanto pur prospettando
condividibili considerazioni in punto di limitazione degli effetti
interruttivi a favore del solo autore, in assenza di una
situazione sostanziale riconducibile al fenomeno della
solidarietà attiva, omette di specificare come l’erroneo
approccio giuridico del giudice di merito si sia tradotto in un
concreto errore di giudizio, indicando in particolare quali siano
gli atti interruttivi compiuti da alcuni degli attori i cui effetti
siano stati indebitamente estesi ad altri attori, che viceversa
non avevano in altro modo impedito la decadenza o la
prescrizione.
7. Il sesto motivo di ricorso denunzia l’omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione in correlazione con la violazione
dell’art. 2697 c.c., nonché la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1230, 1490 e ss., 1495, 1667, 1669 e 2944 c.c.,
nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione

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5/6/1996), e pur in presenza di una pluralità di attori, ognuno

all’adozione di una motivazione per relationem manifestamente
illogica.
I motivi contestano la correttezza sotto vari profili della
decisione gravata nella parte in cui ha ritenuto che quanto ai

un riconoscimento da parte della ricorrente.
7.1

La prima censura di carattere motivazionale, circa la

possibilità di ascrivere alla lettera inviata dalla ricorrente in
data 4 gennaio 1993 il carattere di riconoscimento dei vizi, con
impegno a rimuoverli, costituisce ad avviso della Corte
un’evidente censura di merito, in quanto si concreta in una
contestazione circa l’interpretazione di un atto negoziale da
parte del giudice di merito, attività espressamente demandata
a quest’ultimo, essendo consentito il sindacato in sede di
legittimità solo sotto il profilo della correttezza e logicità della
motivazione.
La Corte d’Appello recependo sul punto le conclusioni alle quali
era pervenuto il Tribunale ha ritenuto di disattendere le
contestazioni mosse al riguardo dalla società appellante, le
quali si sostanziano solo in una sollecitazione a pervenire ad
una diversa esegesi della missiva in esame, la quale era stata
inviata in risposta ad una precedente segnalazione di problemi
da parte dei coniugi Puccetti – D’Aria, nella quale si elencavano
in maniera sufficientemente dettagliata gli inconvenienti
riscontrati, consentendo quindi alla società costruttrice di
potersi avvedere di quale fosse l’effettiva consistenza delle
lagnanze, di modo che non si palesa come irrazionale o frutto
di una valutazione insostenibile la tesi secondo cui l’impegno

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vizi esulanti dall’ipotesi di cui all’art. 1669 c.c., vi fosse stato

espresso dalla società a porre rimedio quanto prima ai
problemi insorti equivalga ad un riconoscimento dell’esistenza
dei vizi con l’assunzione di un’autonoma obbligazione.
Trattasi peraltro di soluzione che si pone in linea con quanto

n. 19702/2012, che ha precisato che qualora il venditore si
impegni ad eliminare i vizi e l’impegno sia accettato dal
compratore, sorge un’autonoma obbligazione di “facere”, che,
ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a
questa si affianca, rimanendo ad essa esterna e, quindi, non
alterandone la disciplina. Ne consegue che, in tale ipotesi,
mntre l’originario diritto del compratore alla riduzione del
prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla
prescrizione annuale, di cui all’art. 1495 cod. civ., l’ulteriore
suo diritto all’eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione
ordinaria decennale.
Ciò esclude quindi che possa ravvisarsi la dedotta violazione di
legge.

7.2 Quanto invece alla denunzia del vizio di motivazione
sostenuta per avere la Corte d’Appello adottato una
motivazione per relationem con rinvio alla motivazione del
giudice di primo grado, del pari deve escludersene la
fondatezza.
A tal fine vale ricordare che secondo la giurisprudenza di
questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 14786/2016) la sentenza
pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata
“per relationem” ove il giudice d’appello, facendo proprie le
argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo

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affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza

sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione
ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso
la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un
percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il

controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della
loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata,
mentre va cassata la decisione con cui il giudice si si sia
limitato ad aderire alla decisione di primo grado senza che
emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto
attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi
di gravame ( in senso conforme Cass. n. 7347/2015; Cass. n.
15483/2008).
Nel caso in esame, la motivazione del Tribunale aveva,
sebbene in maniera sintetica, espresso il proprio
convincimento circa la possibilità di ravvisare nella missiva
della società un riconoscimento dei vizi, laddove i motivi di
appello si limitano a reiterare le tesi già sostenute in primo
grado, ancora una volta opponendo la personale
interpretazione della parte a quella del giudice, ribadendosi
anche nel motivo in esame che la tesi della mancata
assunzione di un obbligo di eliminazione dei vizi non è quella
imposta dal testo della lettera, bensì la più sostenibile (pag. 78
del ricorso), confermandosi quindi la inammissibilità della
censura mossa, così come già evidenziato al punto che
precede.
7.3 Risulta invece meritevole di accoglimento la seconda parte
del sesto motivo con il quale si denunzia la contraddittoria e

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rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il

comunque insufficiente motivazione in correlazione con la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1669 e 2697 c.c.
La critica investe il passaggio della motivazione della sentenza
gravata nella parte in cui, pur accomunando, sulla scorta di

proposte dai coniugi Puccetti – D’Aria e Tronchin – Bresci,
volte a denunziare vizi e difetti delle unità immobiliari, si
ravvisa l’avvenuto riconoscimento dei vizi nella missiva del
4/1/1993, laddove la seconda coppia di coniugi aveva
provveduto a denunziare i vizi con missiva di data successiva a
quella della società.
La censura è fondata, posto che il riconoscimento dei vizi deve
cronologicamente oltre che logicamente seguire la denunzia
dei vizi, con la conseguenza che non è possibile ascrivere tale
efficacia alla missiva della società del 4 gennaio 1993 in
relazione a vizi che non erano stati ancora denunziati (la
denunzia dei vizi da parte dei coniugi Tronchin – Bresci risale
infatti al 21 febbraio 1994), palesandosi in tal modo l’illogicità
della motivazione della sentenza gravata.
Tali considerazioni appaiono poi assorbenti della diversa
doglianza concernente la mancata prova della ricezione della
missiva di denunzia dei vizi operata da parte dei coniugi
Tronchin – Bresci, trattandosi di questione che la stessa Corte
d’Appello aveva ritenuto di non dover esaminare, attribuendo
valenza risolutiva al ravvisato riconoscimento dei vizi ad opera
della società.

7.4 Del pari fondata appare la terza parte del motivo di
ricorso, che denunzia la omessa o insufficiente motivazione, in

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quanto ritenuto dal giudice di primo grado le domande

correlazione con la violazione e falsa applicazione degli artt.
1310, 1669, 2964, 2966 e 2967 c.c.
Deduce la ricorrente che alla posizione di tutti gli altri attori era
stata accomunata a quella dei coniugi Aldegani – Turi, i quali

successivo, e non direttamente dalla società costruttrice, e che
avevano richiesto il risarcimento dei danni senza però avere
preventivamente inoltrato alcuna denuncia dei vizi, nè
risultando che una denunzia fosse stata presentata dai loro
danti causa.
Trattasi di questione che era stata espressamente sottoposta
all’attenzione del giudice di appello, sottolineandosi come dalla
stessa escussione dei testi, ed in particolare dalla deposizione
del teste Triches, emergeva che l’appartamento in questione
era stato interessato da fenomeni di allagamento già nel 19921993.
Orbene, essendo risultato che i coniugi Aldegani -Turi non
avevano a loro volta proposta istanza di ATP ante causam,
avendo direttamente introdotto la domanda di danni, la
motivazione della sentenza impugnata, che ha fatto leva
sull’efficacia interruttiva della prescrizione scaturente dalla
proposizione dell’ATP appare chiaramente insufficiente ai fini
della giustificazione del rigetto delle eccezioni di decadenza e
di prescrizione relativamente alla richiesta del prefetti coniugi,
dovendosi pertanto pervenire alla cassazione della sentenza
impugnata anche in parte qua.
8. Il settimo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1310, 1669, 2943, 2945, 2964 e 2966

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erano divenuti acquirenti di un’unità abitativa in un momento

c.c., nella parte in cui la decisione di appello ha disatteso
l’eccezione di prescrizione e decadenza facendo leva
sull’efficacia interruttiva della proposizione dell’ATP, e sul
protrarsi della sospensione della prescrizione sino alla data

A tal proposito si segnala che la relazione peritale era stata
depositata in data 13 febbraio 1995, che all’udienza del 21
febbraio 1995 il Presidente del Tribunale, prendendo atto del
deposito dell’ATP, aveva dichiarato definita la procedura,
mentre poi l’atto di citazione era stato notificato solo in data
21 febbraio 1996.
L’errore commesso dal giudice di merito è quindi quello di
ritenere che l’effetto interruttivo – sospensivo della
prescrizione si fosse protratto sino alla data del 21 febbraio
1995, ravvisando quindi la tempestività della successiva
notifica dell’atto di citazione al fine del rispetto del termine
annuale di cui all’ultimo comma dell’art. 1669 c.c.
In effetti la corretta lettura di tale norma è nel senso che,
ferma restando la possibilità di far valere la garanzia per i
gravi difetti dell’immobile nei dieci anni dal compimento
dell’opera, è però necessario, a pena di decadenza, che i difetti
vengano denunziati entro l’anno dalla loro scoperta.
Una volta impedita la decadenza, la norma poi prevede un
termine di prescrizione annuale entro il quale far valere il
diritto.
Ne consegue che, ove la denunzia fosse stata presentata in
data anteriore alla proposizione dell’ATP ovvero ove la
denuncia fosse rinvenibile nella stessa richiesta di ATP, la

Ric. 2013 n. 10377 sez. 52 – ud. 12-09-2017 -19-

della sua definizione.

relativa domanda produceva l’interruzione della prescrizione
annuale, potendo gli interessati beneficiare della sospensione
fino alla data di conclusione del procedimento.
Tuttavia la sentenza impugnata, prendendo in considerazione

quella di adozione del provvedimento di definizione della
procedura, ha ignorato la costante giurisprudenza di questa
Corte, la quale ha reiteratamente affermato che (cfr. da ultimo
Cass. n. 3357/2016) l’accertamento tecnico preventivo rientra
nella categoria dei giudizi conservativi e, pertanto, la
notificazione del relativo ricorso con il pedissequo decreto
giudiziale determina, ai sensi dell’art. 2943 c.c., l’interruzione
della prescrizione, che si protrae fino alla conclusione del
procedimento, ritualmente coincidente con il deposito della
relazione del consulente nominato. Qualora il procedimento si
prolunghi oltre tale termine con autorizzazione al successivo
deposito di una relazione integrativa, esso si trasforma in un
procedimento atipico, con la conseguenza che la permanenza
dell’effetto interruttivo della prescrizione non è più applicabile
(conf. Cass. n. 9066/2011; Cass. n. 17385/2007).
Il rigetto dell’eccezione di prescrizione motivato, quindi, con il
solo richiamo alla interruzione ad opera della proposizione
dell’ATP appare quindi erroneo, e ciò comporta che la sentenza
debba essere cassata anche in relazione a tale motivo.

9. L’ottavo motivo di ricorso denunzia l’omessa o insufficiente
motivazione nonché la violazione e falsa applicazione degli
artt. 1310 1669, 2964, 2966 e 2967 c.c., nella parte in cui è
stata rigettata l’eccezione di decadenza e prescrizione

Ric. 2013 n. 10377 sez. 52 – ud. 12-09-2017 -20-

la data, non già di deposito della relazione peritale, bensì

relativamente al grave difetto rappresentato, a detta dei
giudici di merito, dalla necessità di dover effettuare lo spurgo
della vasca delle acque nere due volte l’anno.
Si sostiene che in realtà la denuncia non risultava inclusa tra i

sentenza impugnata accomunerebbe anche tale situazione ai
fini dell’efficacia interruttiva della richiesta di accertamento
tecnico.
L’accoglimento del settimo motivo determina tuttavia
l’assorbimento del motivo in esame.
10. Il nono motivo lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per
non avere la Corte d’Appello esaminato l’eccezione di
prescrizione decennale sollevata dalla ricorrente all’udienza del
9 gennaio 2003.
A tal fine si rimarca che in corso di causa alcuni degli attori
avevano proposto un’istanza di ATP, in quanto si denunziavano
dei difetti delle unità immobiliari insorti in epoca successiva al
decennio dal completamento della costruzione, e quindi oltre il
termine di cui all’art. 1669 c.c.
Alcuna risposta era stata però offerta a tale eccezione da parte
dei giudici sia di primo grado che di appello.
Reputa il Collegio che l’accoglimento del settimo motivo
determini l’assorbimento anche del motivo in esame, sicchè, in
sede di rinvio, il giudice, oltre a verificare se, alla luce del
motivo accolto, sia o meno maturata la prescrizione, dovrà
altresì riscontrare se i gravi difetti in esame siano una naturale
conseguenza dei vizi già lamentati con l’atto di citazione,
ovvero se abbiano carattere di autonomia, ed in tal caso se si

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vizi per i quali era stato richiesto l’ATP, ma ciò malgrado la

siano manifestati nel decennio dal completamento delle opere,
ed altresì se l’eccezione di prescrizione sia stata
tempestivamente proposta dalla ricorrente.
11. Il decimo motivo denunzia nella prima parte la violazione

sussistenza della responsabilità per i vizi denunziati dai coniugi
Puccetti – D’Aria senza però esaminare le specifiche critiche
mosse con l’atto di appello.
La doglianza è però priva di fondamento, atteso che, essendosi
confermata la condanna della ricorrente, deve reputarsi che le
censure in esame siano state quanto meno implicitamente
disattese, dovendosi pertanto escludere la dedotta violazione
dell’art. 112 c.p.c.
12.

L’undicesimo motivo lamenta l’omessa o insufficiente

motivazione in correlazione con la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1667, 1669, 1491, 1495, 2964, 2966 e
2967 c.c., relativamente all’accoglimento della domanda dei
coniugi Tronchin – Bresci.
A tal fine si evidenzia che i vizi lamentati, e consistenti nel
ridotto raggio di curvatura dell’accesso al garage e nelle
modalità di costruzione delle recinzioni, non potevano essere
ricondotti alla previsione di cui all’art. 1669 c.c., dovendo
invece trovare applicazione la diversa disciplina della garanzia
per i beni compravenduti di cui all’art. 1495 c.c..
L’accoglimento del terzo e del sesto motivo determina tuttavia
l’assorbimento del motivo in esame.
13. Il dodicesimo motivo denunzia la violazione dell’art. 112
c.p.c. per non avere la Corte d’Appello esaminato le doglianze

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dell’art. 112 c.p.c. per avere la sentenza gravata confermato la

relative ai pretesi vizi dell’impianto di fognatura, ed in via
subordinata l’omessa o insufficiente motivazione sempre in
ordine al rigetto delle deduzioni difensive della ricorrente.
Tuttavia attesa la riconduzione di tali doglianze degli attori alla

del settimo motivo implica l’assorbimento anche di tale motivo.
14.

Il tredicesimo motivo denunzia l’omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione in correlazione con la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1669 e 2697 relativamente
all’impianto

di

smaltimento

delle

acque

meteoriche,

deducendosi che la sentenza gravata avrebbe affermato la
ricorrenza di un grave difetto dell’impianto senza tenere conto
delle varie osservazioni mosse all’operato del CTU anche alla
luce del confronto con le emergenze dei dati richiesti al Centro
meteorologico Arpav di Teolo, attestanti una capacità di tenuta
dell’impianto anche in concomitanza con intense precipitazioni
piovose.
Quanto osservato in relazione al motivo che precede,
determina, sempre in conseguenza dell’accoglimento del
settimo motivo, l’assorbimento anche di tale ultimo motivo.
15.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in

relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra Sezione della
Corte d’Appello di Venezia, che provvederà anche sulle spese
del presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo, il sesto ed il settimo
motivo, nei limiti di cui in motivazione, rigetta il primo, il
quarto, il quinto ed il decimo motivo, ed assorbiti i restanti,

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previsione di cui all’art. 1669 c.c., l’accoglimento in particolare

cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della
Corte d’Appello di Venezia, che provvederà anche sulle spese
del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione

Il

iglier estensore

Il Presidente

/ (/11,41

ii Funzhano Giudiziatio
.

—Vara NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

09 NOV. 2017

civile del Corte suprema di Cassazione, il 12 settembre 2017.

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