Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26573 del 27/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26573 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 22406-2012 proposto da:
SHEHU ISLAM SHHSLM49E22Z100A, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE SOMALIA 28, presso lo studio dell’avvocato DE
BENEDICTIS MARIA PIA, rappresentato e difeso dall’avvocato DE
SANTIS GIORGIO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
QUESTURA DI FROSINONE in persona del Questore pro-tempore
e MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

– con troricorrenti –

Data pubblicazione: 27/11/2013

avverso il decreto nel procedimento R.G. 50843/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA del 17.5.2012, depositato il 10/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. LUCIO

CAPASSO che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 22406 sez. M1 – ud. 24-09-2013
-2-

”Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Appello di Roma
respingeva il reclamo proposto dal cittadino straniero avverso il
provvedimento con il quale il Tribunale aveva rigettato il ricorso
avverso il diniego di permesso di soggiorno disposto dalla Questura
di Frosinone.
A sostegno della decisione impugnata, veniva affermato che :
– il cittadino straniero era risultato responsabile di reati contro la
persona e danneggiamento; reclutamento e sfruttamento della
prostituzione ed estorsione, ricettazione; false generalità;
– tale quadro conduceva ad un giudizio di pericolosità sociale anche
se le condanne non erano ancora irrevocabili;
-doveva, in conclusione, essere confermata la pronuncia di primo
grado.
Avverso tale pronuncia proponeva ricorso il cittadino straniero
affidandosi ai seguenti motivi :
nel primo motivo veniva censurata, sotto il profilo della violazione
di legge, l’omessa pronuncia su un profilo determinante della
controversia consistente nel fatto che non era stata valutata da
parte della Questura la richiesta di rinnovo del permesso di
soggiorno per motivi familiari;
nel secondo motivo viene censurata, sotto il profilo della violazione
di legge, l’omessa considerazione del fatto di preminente rilievo
costituito della intervenuta scarcerazione del ricorrente all’esito di
pronuncia della Corte di Cassazione, con la quale è stata altresì
disposta la rimessione in termini dell’imputato al fine di difendersi
adeguatamente ed impugnare la sentenza di condanna di primo
grado;

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380
bis cod. proc. civ. in ordine al procedimento civile iscritto al R.G.
22406 del 2012;

nel quarto motivo viene censurata la violazione degli artt. 29 e 30
del d.lgs n. 286 del 1998 per non essere stato considerato, ai fini
del riconoscimento del permesso per motivi familiari, l’inserimento
ultraventennale del ricorrente nel tessuto sociale del nostro
territorio, la convivenza stabile con la propria moglie, l’esistenza di
una figlia residente nel medesimo paese del padre, sposata con
cittadino italiano, la proprietà di una casa di abitazione e il regolare
inserimento nel mondo del lavoro;
nel quinto motivo viene censurata la violazione e falsa applicazione
degli artt. 4 e 5 del .dlgs n. 286 del 1998 in ordine alla valutazione
di pericolosità sociale del ricorrente, da ritenersi del tutto priva di
riscontri, anche sotto il profilo delle false generalità;
Hanno resistito con controricorso la Questura di Frosinone e il
Ministero degli Interni.
Devono essere esaminati congiuntamente il primo, il terzo e il
quarto motivo di ricorso, tutti riguardanti il mancato esame dei
requisiti per l’ottenimento di permesso di soggiorno per motivi
familiari. Al riguardo, deve essere preliminarmente osservato che la
richiesta di rinnovo, oggetto del presente procedimento, riguarda
un pregresso titolo di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro. La
richiesta subordinata od alternativa di conversione del precedente
titolo di soggiorno in permesso per coesione familiare è stata
pretermessa dall’Autorità amministrativa e implicitamente respinta
nei precedenti gradi di giudizio, sul rilievo assorbente che la causa
impeditiva riscontrata, consistente nella pericolosità sociale,
produce effetti nei confronti di entrambe le tipologie di permesso
richieste. L’art. 4, terzo comma, del d.lgs n. 286 del 1998 1
stabilisce in generale che non è ammesso in Italia chi, anche con
sentenza non definitiva e all’esito di una valutazione effettuata caso
per caso sia incorso anche con condanna non definitiva nella
commissione del reato di sfruttamento e reclutamento della

nel terzo motivo viene censurata sotto il profilo del vizio di
motivazione la mancata considerazione nel provvedimento
impugnato del diritto al permesso di soggiorno per motivi familiari;

In conclusione il primo, terzo e quarto motivo sono da respingere.
Il secondo e quinto motivo di ricorso devono essere respinti in
quanto la valutazione della Corte di Appello non si è fondata su un
giudizio meccanicistico fondato esclusivamente sul titolo dei reati
per i quali il ricorrente è stato condannato, ancorché con condanna
non definitiva ma ha compiuto, ancorché sinteticamente una
valutazione complessiva della loro entità, continuità temporale e
oggettiva gravità. Da questi elementi con giudizio insindacabile in
questa sede in quanto congruamente motivato ha tratto la

prostituzione. La valutazione deve essere più restrittiva, ai sensi del
comma successivo esclusivamente per il ricongiungimento
familiare. Nel successivo art. 5, al comma 5 bis, viene
ulteriormente precisato che in sede di diniego di rinnovo del
permesso di soggiorno per motivi familiari deve essere verificata la
sussistenza delle condizioni per l’ingresso ed il soggiorno. In
conclusione, dal quadro normativo sopraesposto emerge, in modo
univoco che l’eventuale richiesta di conversione del permesso di
lavoro in permesso per motivi familiari soggiace al riscontro della
mancanza della pericolosità sociale nel richiedente, salva la
necessità di non procedere ad esclusioni fondate su automatismi
normativi ma sul riscontro della situazione concreta. Occorre,
peraltro precisare che il ricongiungimento familiare e il permesso
per motivi familiari sono titoli del tutto diversi e non equivalenti, in
particolare (ma non solo) quanto alle condizioni di accesso. Ne
consegue che nella specie è del tutto inapplicabile il più attenuato
riscontro del requisito sopraindicato previsto dall’art. 4, terzo
comma, ultima parte e 5, quinto comma, ultima parte, del d.lgs n.
286 del 1998, trovando applicazione la prima parte di tale
disposizione ed il successivo art. 5 bis. (Cass. 13972 del 2011).
Sono, pertanto, escluse, contrariamente a quanto ritenuto dal
ricorrente valutazioni estranee al riscontro effettivo della
pericolosità, dovendo la natura dei vincoli familiari, la loro durata ed
il radicamento nel paese, essere valutati esclusivamente ai fini del
riconoscimento del diritto al ricongiungimento ovvero alla
conservazione di tale peculiare titolo.

conclusione della corretta valutazione della pericolosità sociale del
ricorrente.
Ove si condividano i rilievi svolti il ricorso deve essere respinto.”

P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle
spese di lite del presente procedimento in favore del contro
ricorrente che liquida in E 1200 per compensi; E 100 per esborsi
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera . di consiglio del 24 settembre

Ritenuto che il Collegio aderisce senza rilievi alla relazione e che
deve essere applicato il principio della soccombenza in ordine alle
spese di lite;

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