Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26573 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 12/12/2011), n.26573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23121/2010 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (c.f. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliato in Roma, Via Della Frezza 17, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentata e difesa dagli

Avvocati RICCIO Alessandro, Mauro Ricci e Clementina per procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1053/2010 della Corte d’appello di Messina,

depositata il 6/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. Giovanni Mammone;

udito l’Avvocato Pulli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato.

Fatto

RITENUTO FATTO E DIRITTO

1.- C.A. si rivolse al giudice del lavoro di Patti per ottenere, a far data dal raggiungimento del requisito di età, la trasformazione della pensione di invalidità – in godimento in base al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636 (e quindi antecedente alla L. 12 giugno 1984, n. 222) – in pensione di vecchiaia, ai sensi della citata L. n. 222, art. 1, comma 10.

2.- Accolta la domanda e proposto appello dall’INPS, la Corte di appello di Messina, instauratosi il contraddittorio con l’appellata, con sentenza del 6.07.10 confermava la prima pronunzia, ritenendo sussistente il diritto al mutamento della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, in presenza dei prescritti requisiti anagrafici e contributivi, non esistendo nell’ordinamento previdenziale un principio ostativo in tal senso. Applicando la L. L. n. 222, art. 1, comma 10, considerava pertanto corretto il riconoscimento di un importo della pensione di vecchiaia non inferiore a quello della pensione di invalidità in godimento.

3.- Proponeva ricorso l’INPS, deducendo: 1.- violazione del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 10, e della L. n. 222 del 1984, art. 1, commi 6 e 10, rilevando che la disciplina della pensione di invalidità non consente l’accredito di contributi figurativi per il periodo di fruizione di tale pensione e che a tale conclusione non può pervenirsi in virtù di interpretazione estensiva o analogica della disciplina dell’assegno ordinario di invalidità di cui alla L. n. 222, art. 1; 2.- violazione della L. n. 222, art. 1, comma 10, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8, in quanto, per l’inapplicabilità in via analogica dell’art. 1, comma 10 (per il quale l’importo della pensione rimane invariato solo nel caso di trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità in pensione di vecchiaia), in mancanza di espressa previsione legislativa non può riconoscersi che il diritto ad ottenere la trasformazione in pensione di vecchiaia implichi anche il diritto a conservare l’eventuale trattamento economico più favorevole della pensione di invalidità concessa ex R.D.L. n. 636 del 1939. Non svolgeva attività difensiva l’intimata.

4.- Il consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., depositava relazione che era comunicata al Procuratore generale ed era notificata al difensore costituito assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza della camera di consiglio.

5.- La L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 1, comma 10, prevede che “Al compimento dell’età stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia, l’assegno di invalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, in pensione di vecchiaia.

A tal fine i periodi di godimento dell’assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa, si considerano utili ai fini del diritto e non anche della misura della pensione stessa. L’importo della pensione non potrà, comunque, essere inferiore a quello dell’assegno d’invalidità in godimento al compimento dell’età pensionabile”.

6.- Il giudice di merito, nel presupposto che deve affermarsi il diritto al mutamento della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia solo in presenza dei prescritti requisiti anagrafici e contributivi, non esistendo nell’ordinamento previdenziale un principio ostativo in tal senso, ha ritenuto che l’assicurata avesse raggiunto il requisito contributivo (780 contributi settimanali, pari a 15 anni di contribuzione) con l’accredito di contributi figurativi per il periodo di fruizione della pensione di invalidità e, in applicazione di detto art. 1, comma 10, ha concluso che, in caso di trasformazione, la pensione di vecchiaia deve essere di importo non inferiore a quello della pensione di invalidità in godimento.

7.- Circa l’applicabilità alla fattispecie in esame – in cui si chiede la trasformazione della pensione di invalidità concessa ex R.D.L. del 1939 in pensione di vecchia – della norma in questione, la giurisprudenza della Corte di cassazione, correggendo un precedente favorevole orientamento (Cass. 7.2.08 n. 2875), ha affermato che “La trasformazione della pensione di invalidità acquisita nella vigenza del regime di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10, in pensione di vecchiaia è consentita solo se sussistono i requisiti assicurativi e contributivi propri di quest’ultima prestazione – non essendo utilizzabili a tal fine, figurativamente, i periodi di fruizione della pensione di invalidità senza svolgimento di attività lavorativa – ed opera come effetto di una specifica opzione dell’assicurato; ne consegue che il diritto alla conversione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della relativa domanda amministrativa e non da titolo alla conservazione del più favorevole trattamento economico eventualmente in godimento, essendo ricollegata la trasformazione del titolo alla libera scelta dell’assicurato e non ad automatismi che possano giustificare l’irriducibilità del trattamento” (Cass. 17.2.11 n. 3855).

8.- In termini analoghi e direttamente riferibili alla questione in esame, era stato affermato che “la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidità. Infatti, deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione di invalidità la diversa regola prevista dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, in riferimento all’assegno di invalidità – secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacchè ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione di invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attività lavorativa e di versamento di contributi, nonchè le differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione di invalidità e quella sull’assegno di invalidità, là dove quest’ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti” (Cass. 7.7.08 n. 18580, ribadita da Cass. 6.10.09 n. 21292; più in generale si veda Cass., S.u., 19.5.04 n. 9492, la quale afferma il principio generale che è consentita la conversione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia solo nel caso che di questa siano maturati tutti i requisiti anagrafici e contributivi).

9.- Non essendosi il giudice di merito attenuto ai principi sopra affermati, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, deve provvedersi nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. e rigettarsi la domanda.

10.- Trattandosi di controversia a contenuto previdenziale iniziata prima dell’ottobre 2003, nulla deve statuirsi in punto di spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda, nulla disponendo per le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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