Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26569 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 12/12/2011), n.26569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’Avvocato PESSI ROBERTO, che

la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA GIOVANNI RANDACCIO 1, presso lo studio

dell’Avvocato BUONGIORNO ALDO, rappresentata e difesa dall’Avvocato

LOMBARDI GIACOMO per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2257/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 20/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- Con sentenza del Tribunale di Brindisi veniva rigettata la domanda di F.A. di dichiarare nullo il termine apposto alla sua assunzione presso Poste Italiane s.p.a. per il periodo 13.7-30.9.00, motivata dalla “necessità di consentire l’espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre, nonchè in funzione delle punte di più intensa attività stagionale”, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del c.c.n.l. 26.11.94.

2.- Proposto appello da F., costituitasi l’appellata Poste Italiane spa, la Corte d’appello di Lecce con sentenza depositata il 20.11.09 accoglieva l’impugnazione e dichiarava la nullità del termine, riconoscendo all’attrice il diritto alla prosecuzione del rapporto. Il giudice rilevava che – nell’ambito del sistema della L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva – il contratto era stato stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94. Rilevava inoltre che la norma collettiva consentiva l’assunzione a termine solo fino al 30.4.98 e che, in ogni caso, non erano indicate le generalità del personale in ferie da sostituire.

3.- Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione. Rispondeva con controricorso F.. Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., depositava relazione che era comunicata al Procuratore generale ed era notificata ai difensori costituiti, assieme all’avviso di fissazione dell’adunanza. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

4.- I motivi dedotti da Poste Italiane s.p.a. possono essere così sintetizzati:

4.1.- il rapporto di lavoro avrebbe dovuto essere ritenuto risolto per mutuo consenso, in quanto il lasso di tempo trascorso tra cessazione del rapporto (30.9.98) e offerta della prestazione (deposito ricorso 14.7.05) costituisce indice di disinteresse ad affermare la nullità del termine, dovendosi escludersi che dall’inerzia non possano trarsi valutazioni in merito (motivo 1);

4.2.- violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 dell’art. 1362 c.c. e segg. e dell’art. 8 del ccnl 26.11.94, nonchè degli accordi 25.9.97, 16.1.98 e 27.4.98, contestandosi l’interpretazione della contrattazione collettiva cui è pervenuto il giudice di merito (motivo 2);

4.3.- violazione della detta normativa di provenienza collettiva e carenza di motivazione per la limitazione al 30.4.98 della possibilità di apposizione del termine per la fattispecie “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie” (motivo 3);

4.4. violazione degli artt. 210 e 421 c.p.c., ai fini dell’accertamento dell’aliunde perceptum in quanto la Corte di merito, quantunque richiestane, ha omesso di provvedere circa l’esibizione di documentazione idonea (libretti di lavoro e buste paga) a determinare i corrispettivi eventualmente percepiti dal lavoratore per attività svolte alle dipendenze di terzi (motivo 4).

5.- Preliminarmente deve ritenersi infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla controricorrente, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile perchè notificato tardivamente, dopo la scadenza del termine lungo di impugnazione, fissato dal nuovo testo dell’art. 327 c.p.c. in sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, atteso che tale nuovo testo, ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58 trova applicazione solo ai giudizi instaurati dopo il 4.7.09 (data di entrata in vigore della legge in questione).

6.- Deve premettersi, inoltre, che in questa controversia non è dibattuta la questione della individuazione del termine di vigenza del ccnl Poste 26.11.94, di modo che la questione della cessazione dell’autorizzazione collettiva alla stipula dei contratti dopo la data del 30.4.98 – per come trattata dal giudice di merito, il quale l’ha collegata alla stipula del contratto integrativo 25.9.97 – deve ritenersi limitata alla particolare fattispecie dell’apposizione del termine per “esigenze eccezionali ecc. …” e non anche alle altre fattispecie che legittimano l’apposizione del termine ex art. 8 del detto contratto collettivo.

7.- Tanto premesso e passando alla trattazione congiunta dei motivi secondo e terzo (nn. 4.2 e 4.3), deve ribadirsi anche in sede di interpretazione diretta delle disposizioni del contratto collettivo la giurisprudenza (v. per tutte Cass. 2.3.07 n. 4933) che, decidendo su fattispecie inerente l’ipotesi di assunzione a tempo determinato prevista dall’art. 8 del precedente cc.n.l. 26.11.94 dei lavoratori postali “per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno/settembre” ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza dell’obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva.

Infatti, l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva è autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie prevista dalla L. n. 230 del 1962, in considerazione del principio (Cass. S.u., 2.3.06 n. 4588) che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati. Questi ultimi, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere “oggettivo” ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, consentendo (vuoi in funzione di promozione dell’occupazione o anche di tutela delle fasce deboli di lavoratori) l’assunzione di speciali categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace salvaguardia dei loro diritti.

Pertanto, è del tutto arbitraria l’estensione del limite temporale del 30.4.98 a tale fattispecie legittimante; la fattispecie in esame è indifferente a tale problematica, la quale è invece riferita alla diversa fattispecie dell’assunzione per esigenze eccezionali, introdotta nel testo dell’art. 8 del CCNL 1994 dall’accordo integrativo 25.9.97, per la quale le parti collettive in sede pattizia delimitarono il periodo di operatività.

8.- In conclusione, i motivi secondo e terzo sono fondati e, assorbiti i motivi primo (n. 4.1) e quarto (n. 4.4), il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, deve procedersi al rigetto della domanda.

9.- Le spese del giudizio di secondo grado e di quello di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda;

– condanna F.A. alle spese del giudizio di appello e di legittimità, che liquida in Euro 600,00 (seicento/00) per onorari, Euro 370,00 (trecentosettanta/00) per diritti e Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi per l’appello, ed in Euro 1.000,00 (mille/00) per onorari ed in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi per la legittimità, oltre, in entrambi i casi, spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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