Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26567 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 12/12/2011), n.26567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Z.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’Avvocato

IACOBELLI GIANNI EMILIO, che la rappresenta e difende per procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

ROMA, V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’Avvocato FIORILLO

LUIGI, che la rappresenta e difende per procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2755/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito l’Avvocato IACOBELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- Con sentenza del Tribunale di Roma era rigettata la domanda di Z.M. di dichiarare la nullità del termine apposto al contratto di assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a. per il periodo 4.6-31.8.01 per la doppia causale costituita da “esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ricomprendendo ivi un riposizionamento più funzionale di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi”, e da “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”, ai sensi dell’art. 25 del ccnl 11.1.01.

2.- Proposto appello dalla lavoratrice, la Corte d’appello di Roma con sentenza depositata in data 29.10.09 rigettava l’impugnazione, rilevando che – nell’ambito del sistema della L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva – il termine era legittimamente apposto in forza dell’art. 25 del CCNL Poste 11.1.01. Quanto alle “esigenze di carattere straordinario” era ultroneo ogni ulteriore accertamento essendo la causale individuata dalle parti sindacali stipulanti, in relazione alle esigenze di riorganizzazione dell’azienda. Quanto alla seconda causale “concomitanza ferie”, il giudice precisava che l’operatività dell’autorizzazione conferita dal contratto collettivo era subordinata solo alla circostanza che l’assunzione fosse avvenuta nel periodo giugno-settembre, quando i dipendenti fruiscono delle ferie.

3.- Avverso questa sentenza Z. proponeva ricorso per cassazione, cui Poste Italiane rispondeva con controricorso.

4.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., depositava relazione che era comunicata al Procuratore generale ed era notificata ai difensori costituiti, assieme all’avviso di fissazione dell’adunanza. La ricorrente ha depositato memoria.

5.- I motivi proposti dalla ricorrente possono essere così riassunti:

5.1.- violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alla L. n. 230 del 1962, artt. 2 e 3 per la violazione del principio di legalità costituzionale e del diritto del lavoratore e dell’interprete di procedere al controllo di legalità tra la fattispecie astratta indicata nella clausola contrattuale e la fattispecie concreto oggetto di giudizio;

5.2.- violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 2697 e 2729 c.c. in tema di onere della prova, e dell’art. 1362 c.c. e segg.

per errata interpretazione dell’art. 25 del ccnl 2001 e conseguente violazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1, 2 e 3 in relazione alla mancanza di prova dell’effettiva fruizione delle ferie da parte del personale in servizio e dell’effettiva sostituzione del personale in ferie con personale a termine e dell’esistenza della carenza in organico e per mancata indicazione del nominativo del lavoratore da sostituire;

5.3.- violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c. e dell’art. 1362 c.c. e segg. in tema di interpretazione della clausola di contingentamento di cui all’art. 25 del ccnl 2001, per l’omessa pronunzia sul capo della domanda relativo alla violazione della clausola di contingentamento, in ragione del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte di Poste Italiane circa il superamento del limite percentuale annuale di assunzione a termine rispetto al personale a tempo indeterminato.

6.- I primi due motivi (n. 5.1 e 5.2), da esaminare in unico contesto in ragione del collegamento tra loro esistente, sono infondati in ragione della giurisprudenza di questa Corte, che sulle questioni oggi sollevate dalla ricorrente ha adottato orientamenti ormai consolidati.

7.- La giurisprudenza ritiene che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati ad individuare figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).

Con riferimento all’art. 25 del ccnl 11.1.01 – al pari di quanto previsto per l’art. 8 del precedente ccnl 26.11.94 – la giurisprudenza di questa Corte ha legittimato l’interpretazione che il legislatore ha conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, non imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema della L. n. 230 del 1962, ma consentendo alle parti stipulanti di esprimersi secondo le specificità del settore produttivo e autorizzando Poste Italiane s.p.a. a ricorrere (nei limiti della percentuale fissata) allo strumento del contratto a termine, senza altre limitazioni. L’assenza di ogni pregiudiziale collegamento con la disciplina generale del contratto a termine giustifica l’interpretazione che il raccordo sindacale autorizza la stipulazione dei contratti di lavoro a termine pur in mancanza di collegamento tra l’assunzione del singolo lavoratore e le esigenze di carattere straordinario richiamate per giustificare l’autorizzazione, con riferimento alla specificità di uffici e di mansioni (Cass. 26.9.07 n. 20157 e 20162, 1.10.07 n. 20608).

8.- Circa il collegamento dell’assunzione con le effettive esigenze aziendali deve ulteriormente richiamarsi la giurisprudenza che ha riconosciuto l’incidenza dell’accordo del 18.1.01, qui si rilevante.

Tale accordo costituisce attuazione della procedura di confronto sindacale prevista dallo stesso art. 25 del contratto collettivo, a norma del quale prima di dare corso alle conseguenti assunzioni, la materia formerà oggetto di confronto: a) a livello nazionale, qualora risultino interessate più regioni … Sulla base del testo del suddetto accordo – ove si legge che le 00.SS. … convengono ancora che i citati processi, tuttora in corso, saranno fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato, stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia delineata dal c.c.n.l. 11.1.2001 -, è stato osservato, il significato delle espressioni usate è così evidente e univoco che non necessita un diffuso ragionamento per la ricostruzione della volontà delle parti di ricollegare le assunzioni precarie alla particolare situazione di riorganizzazione aziendale (v. al riguardo la già richiamata sentenza n. 20608 del 2007).

9.- Quanto alla “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”, la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2.3.07 n. 4933), decidendo su fattispecie concernente parallela causale apposta in forza dell’art. 8 del ccnl 26.11.94, ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato l’obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva.

Infatti, l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva e del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie prevista dalla L. n. 230 del 1962, in considerazione del principio (Cass. S.u., 2.3.06 n. 4588) che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare -oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati. Questi ultimi, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere “oggettivo” ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, consentendo (vuoi in funzione di promozione dell’occupazione o anche di tutela delle fasce deboli di lavoratori) l’assunzione di speciali categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace salvaguardia dei loro diritti.

L’art. 25, comma 1, del c.c.n.l. 11.1.01, per il quale “Ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 e successive modificazioni ed integrazioni, si individuano le seguenti ipotesi aggiuntive a quelle di legge, per le quali la Società può stipulare contratti di lavoro a tempo determinato: – necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre;

…”, usando una formula diversa da quella della L. n. 230 del 1962 testimonia che le parti stipulanti considerano questa ipotesi di assunzione a termine, in ragione dell’uso dell’espressione in concomitanti, sempre sussistente nel periodo stabilito (giugno- settembre).

Altre decisioni (cfr. Cass. 6.12.05 n. 26678) hanno, inoltre, confermato le decisioni di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, avevano ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

10.- Quanto all’esistenza dei presupposti di fatto per l’applicazione di entrambe le causali, dunque, il giudice di merito si e adeguato alla giurisprudenza di legittimità a proposito dell’esistenza delle esigenze straordinarie per le quali è stato apposto, il che comporta l’infondatezza del primo e del secondo motivo di ricorso.

11.- Quanto al terzo motivo (n. 5.3), a proposito della violazione della clausola di contingentamento, deve rilevarsi che è onere del giudice (in questo caso di appello) valutare i termini dell’eccezione di inosservanza della clausola di contingentamento – come dedotta dalla parte attrice – e di verificare se la stessa costituisca valida evidenziazione della violazione. Al riguardo – giusta quanto emerge dal ricorso introduttivo, riprodotto dall’odierna ricorrente in assolvimento dell’onere di autosufficienza (pag. 23) – Z. ha sollecitato il datore ad assolvere all’onere probatorio a lui facente carico. E’ smentita, pertanto, l’affermazione del giudice di appello che la deduzione sarebbe avvenuta per la prima volta in appello e in termini generici.

12.- Sempre a proposito del terzo motivo, circa l’attribuzione dell’onere probatorio, la giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene che la facoltà delle organizzazioni sindacali di individuare ulteriori ipotesi di apposizione del termine al contratto di lavoro è subordinata dall’art. 23 alla determinazione delle percentuali di lavoratori che possono essere assunti sul totale dei dipendenti;

pertanto, non è sufficiente l’indicazione del numero massimo di contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed a pena di invalidità dell’apposizione del termine, l’indicazione del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, sì da potersi verificare il rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine. L’onere della prova dell’osservanza di detto rapporto, nei limiti delle percentuali indicate dalla contrattazione collettiva, è a carico del datore di lavoro, in base alle regole di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 3 secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l’obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro (Cass. 19.1.10 n. 839 e 12.3.09 n. 6010, che superano la meno recente giurisprudenza indicata dalla Corte di merito).

13. In conclusione, fondato il terzo motivo, deve essere accolto il ricorso e deve essere cassata la sentenza impugnata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale, preso atto della tempestiva deduzione della eccezione di inosservanza della clausola di contingentamento, farà applicazione del principio di diritto indicato al paragrafo che precede.

14.- Il giudice del rinvio provvederà anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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