Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26566 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 12/12/2011), n.26566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (c.f. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliato in Roma, Via Della Frezza 17, presso

l’Avvocatura (“entrale dell’Istituto, rappresentata e difesa

dall’Avvocato Coretti Antonietta e dagli Avvocati Stumpo Vincenzo e

De Rose Emanuele per procura in calce al ricorso;

contro

L.B., elettivamente domiciliata in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa

dall’Avvocato De Vivo Marcello per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5603/2008 della Corte d’appello di Bari,

depositata il 30/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. Giovanni Mammone;

udito l’Avvocato Clementina Pulli per delega Coretti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato.

Fatto

RITENUTO FATTO E DIRITTO

1.- L.B., operaia agricola a tempo determinato, si rivolse al giudice del lavoro di Bari per ottenere il ricalcolo dell’indennità di disoccupazione agricola corrisposta in relazione alle giornate di lavoro effettuate nell’anno 2003, ai sensi del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4, in relazione alla retribuzione fissata dalla contrattazione integrativa collettiva della provincia, anzichè in base al salario medio convenzionale rilevato nell’anno 1995 e non più incrementato.

2.- Rigettata la domanda e proposto appello dall’operaia, la Corte d’appello di Bari (sentenza depositata il 30.01.10) accoglieva l’impugnazione e condannava l’INPS a riliquidare l’indennità di disoccupazione corrisposta all’appellante per l’anno di riferimento, ponendo a base del calcolo il salario fissato pro tempore dalla contrattazione collettiva provinciale, compresa la cd. quota di trattamento di fine rapporto, oltre accessori.

3.- Proponeva ricorso per cassazione l’INPS. Si difendeva con controricorso L.. Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.

4.- Con il ricorso per cassazione l’INPS, deducendo violazione degli artt. 46, 51 e 55 del c.c.n.l. operai agricoli e florovivaisti del 10.7.02, in relazione al D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 6, comma 4, lett. a) ed all’art. 1362 c.c. e L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 4, comma 10 e 11, contesta la tesi della Corte d’appello che l’emolumento denominato trattamento di fine rapporto (t.f.r.) corrisposto agli operai agricoli a tempo determinato costituisca una componente della retribuzione, come tale idonea a determinare la indennità di disoccupazione, e non salario differito, escluso ai sensi del detto art. 6, comma 4, lett. a) sia dalla base imponibile dei contributi previdenziali, sia dalla retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in agricoltura.

5.- Preliminarmente deve rigettarsi l’eccezione di improcedibilità dell’impugnazione proposta dall’assicurata per omesso deposito ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, della documentazione su cui si fonda il ricorso, atteso che l’INPS ha depositato, assieme al ricorso, copia dei contratti collettivi su cui è fondata la censura sopra indicata.

6.- E’, invece, fondato il ricorso.

Confermando quanto già ritenuto con la sentenza 9.5.07 n. 10546, secondo cui “ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non comprende il trattamento di fine rapporto”, questa Corte ha ulteriormente affermato che “sulla base del suddetto principio, la voce denominata quota di t.f.r. dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, conv. dalla L. 29 settembre 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva” (v. Cass. 5.1.11 n. 202 e numerose altre conformi).

7.- Tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dal legislatore il quale con norma interpretativa contenuta nel D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (conv. dalla L. 15 luglio 2011, n. 111) prevede che il D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4 e il D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.

8.- Il ricorso è, dunque, fondato e deve essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, può provvedersi nel merito e rigettarsi la domanda.

9.- In ragione dell’intervento della legge di interpretazione autentica, che ha sopito ogni divergenza, sussistono giusti motivi per procedere alla compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda, con compensazione delle spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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