Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26563 del 21/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 21/12/2016, (ud. 20/10/2016, dep.21/12/2016),  n. 26563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7750-2015 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALDINIEVOLE

11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIOONALE PREVIDENZA SOCIALE, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE dell’ISTITUTO medesimo, rappresentato e difeso dagli

avvocati EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI e MAURO RICCI in

virtù di procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4708/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 16/05/2014 e depositata l’11/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito l’Avvocato Antonella Patteri (delega orale Avvocato Mauro

Ricci), che si riporta ai motivi del controricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto della domanda di B.R. intesa al conseguimento delle prestazioni di cui alla L. n. 18 del 1980, art. 1 e alla L. n. 118 del 1971, art. 12 e, in subordine, art. 13 ed ha condannato l’appellante alla rifusione all’INPS delle spese di lite.

La statuizione di condanna alle spese, l’unica ancora rilevante, è stata motivata con la inidoneità della dichiarazione formulata originaria ricorrente ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo risultante dalla modifica introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11 conv. con modificazioni nella L. n. 326 del 2003, a determinare l’esonero dalle spese di lite. Ciò in quanto la dichiarazione formulata in calce al ricorso di primo grado e al ricorso in appello non era sottoscritta dall’interessato e, comunque, non recava anche l’impegno a comunicare le eventuali variazioni reddituali verificatesi nel corso del giudizio.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso B.R. sulla base di un unico motivo. L’INPS ha resistito con tempestivo controricorso.

Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente, ha dedotto deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c.. Ha censurato la decisione per avere ritenuto che, ai fini dell’esonero delle spese di lite, la dichiarazione prescritta dall’art. 152 disp. att. c.p.c. non potesse risultare, come avvenuto nel caso di specie, da atto separato prodotto in primo grado e per avere ritenuto necessaria l’esplicitazione dell’assunzione dell’obbligo di comunicazione delle eventuali variazioni reddituali.

Il motivo è meritevole di accoglimento.

Preliminarmente deve essere disattesa la eccezione di improcedibilità del ricorso fondata dal controricorrente INPS, sulla mancata allegazione al ricorso per cassazione, in violazione del disposto di cui all’art. 369 c.p.c., della dichiarazione sostitutiva, del ricorso di primo grado e del ricorso in appello.

Questa Corte ha, infatti, chiarito che in tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7 di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (v. tra le altre, Cass. n. 195 del 2016).

Tali oneri risultano osservati nel caso di specie posto che con il ricorso per cassazione risultano prodotti i fascicoli di parte di primo e secondo grado nonchè l’istanza alla cancelleria della Corte d’appello di Roma, per la trasmissione del fascicolo d’ufficio. 1,a dichiarazione ex art. 152 disp. att. c.p.c., resa in data 14.7.2009, dalla parte privata, è reperibile nel fascicolo di parte di primo grado del ricorrente (doc. n. 2).

Nel merito occorre premettere che, come più volte affermato da questa Corte, il beneficio dell’esonero dalle spese giudiziali, previsto dall’art. 152 disp. att. c.p.c. in favore del lavoratore soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, è applicabile in favore di qualunque ricorrente e non solo in favore di chi possa vantare l’effettiva esistenza del rapporto assicurativo o abbia comunque diritto all’assistenza pubblica, atteso che la ratio della norma, desumibile anche dalle sentenze n 85 del 1979 e n. 207 del 1994 della Corte Costituzionale, è quella di evitare che il timore della soccombenza sulle spese impedisca l’esercizio di diritti garantiti dalla Costituzione, fermo il limite della manifesta infondatezza e temerarietà della lite (Cass. n. 1880 del 2003, n. 17061 del 2003). La ratio della disposizione è rimasta inalterata anche in seguito alla sostituzione – applicabile ai procedimenti incardinati successivamente al 2 ottobre 2003 (Cass. n. 4165 del 2004) – introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni, dalla L. n. 326 del 2003 -, nonchè in seguito all’aggiunta dell’ultimo periodo disposta – con decorrenza dal 4 luglio 2009 L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 52. In particolare, per effetto della suddetta sostituzione, è stato posto a carico della parte ricorrente nei giudizi per prestazioni previdenziali o assistenziali l’onere di effettuare fin dalle conclusioni dell’atto introduttivo – un’apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma stessa per ottenere l’esenzione dal pagamento delle spese processuali.

E’ stato altresì precisato che in tema di esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11 convertito nella L. n. 326 del 2003, laddove onera la parte ricorrente, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell’esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, a rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nelle conclusioni dell’atto introduttivo” va interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, cosicchè va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo. (v. tra le altre, Cass. n. 16284 del 2011) Con specifico riferimento al profilo relativo all’impegno di comunicazione di eventuali rilevanti variazioni di reddito fino a che il processo non sia definito, questa Corte ha ribadito che l’interpretazione letterale e logico-finalistica della norma rende evidente che il legislatore non ha voluto prevedere alcuna rigida formula per il soddisfacimento del suddetto onere e soprattutto che si è limitato a subordinare l’esenzione esclusivamente alla tempestiva presentazione della dichiarazione suindicata, senza prevedere che, nell’ambito della dichiarazione stessa, debba essere contenuto anche l’impegno a comunicare le variazioni reddituali rilevanti. A sostegno di tale ricostruzione è stato richiamato il fatto che il rinvio al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, contenuto nella disposizione in esame, è limitato ai commi 2 e 3 di tale articolo e non riguarda, quindi, il comma 1 ove ai fini ivi previsti, di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – è specificamente indicato il contenuto dell’istanza, stabilito a pena di inammissibilità e comprendente anche l’impegno ad effettuare la comunicazione delle variazioni reddituali rilevanti; ciò a conferma della permanenza della originaria ratio di favorire la tutela di diritti costituzionalmente garantiti (come quelli che normalmente si fanno valere nelle controversie previdenziali o assistenziali). (v., tra le altre, Cass., n. 9207 del 2012, n. 13367 del 2011).

In merito poi alla questione attinente alla necessità della reiterazione di tale dichiarazione in relazione a ciascun grado di giudizio la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere sufficiente l’adempimento dell’onere autocertificativo con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado salvo restando comunque, fino all’esito definitivo del processo, l’impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti (v. tra le altre, Cass. n. 207 del 2016, n. 16284 del 2011 cit, n. 17197 del 2010, n. 10875 del 2009).

In base, quindi, ai precedenti richiamati, ai quali si ritiene di dover dare continuità, il ricorso, in conformità della proposta formulata nella relazione depositata ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., è da reputarsi manifestamente fondato atteso che la dichiarazione sottoscritta dalla parte medesima, su atto separato, nella quale, l’interessato attestava di trovarsi nelle condizioni reddituali stabilite dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11 era idonea a determinare l’esonero dalle spese di lite, anche in relazione al giudizio di appello. All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della decisione; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 la causa può essere decisa con declaratoria di irripetibilità delle spese del giudizio di secondo grado; le e spese di ctu del giudizio di appello sono poste a carico dell’INPS. Le spese del presente giudizio sono regolate secondo soccombenza e distratte ai sensi dell’art. 93 c.p.c..

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara irripetibili le spese del giudizio di appello e pone a carico dell’INPS le spese di c.t.u. Condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.500,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge. Spese da distrarsi in favore dell’Avv. Ester Ferrari Morandi, antistataria.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2016

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