Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26562 del 30/09/2021

Cassazione civile sez. II, 30/09/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 30/09/2021), n.26562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20258/2016 proposto da:

C.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato ANDREA AMABILE,

per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), e CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentati e difesi

dall’Avvocato LUCIANO SMEDILE, per procure speciali in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

nonché

L.M.T., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

nonché

F.R., S.E., M.G., FR.SE.;

– resistenti non intimati –

avverso la sentenza n. 3092/2015 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI,

depositata il 7/7/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/3/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.M. e C.V., nella qualità di condomini del fabbricato in (OMISSIS), hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Napoli, il condominio di (OMISSIS) ed i singoli condomini chiedendo di condannare il condominio al rimborso delle spese sostenute tra il 1970 ed il 1988 per la manutenzione, l’illuminazione e la pulizia di scale e portierato, quanto al maggior importo erogato rispetto a quello dovuto, nonché di disporre il rifacimento delle tabelle millesimali perché non corrispondenti ai reali valori della proprietà per errori e modificazioni intervenute nel corso degli anni, di dichiarare il divieto di parcheggio all’interno dei cortili, destinati al solo transito delle autovetture, con l’ordine ai singoli condomini a non sostare a motore acceso, e di ordinare al condominio l’esecuzione di lavori specificamente indicati.

Il condominio di (OMISSIS) si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto della domanda.

Si è costituito in giudizio anche il condominio (OMISSIS) nonché i condomini L.M.T., T.P.M.C., O.A., G.A.C., Lu.Al., Ca.Ma. i quali pure chiedevano il rigetto della domanda. L.M.T. si è associata alla richiesta di modifica delle tabelle millesimali.

Il tribunale, con sentenza del 25/2/2008, ha determinato i valori millesimali del complesso condominiale di (OMISSIS) sulla base di quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio, per il significativo mutamento dello stato dei luoghi ed il mancato raggiungimento di un accordo tra i condomini, rigettando, per il resto, tutte le ulteriori domande proposte dall’attore.

C.M. e C.V. hanno proposto appello avverso la sentenza del tribunale deducendo, tra l’altro, l’erroneità delle tabelle predisposte dal consulente tecnico d’ufficio e concludendo per l’accoglimento di tutte le domande proposte in primo grado.

Si costituivano in giudizio i condomini dei fabbricati (OMISSIS) e (OMISSIS) nonché L.M.T..

La corte d’appello, con ordinanza del 6/11/2009, ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini che avevano partecipato al giudizio di primo grado fissando a tal fine il termine del 9/7/2010.

Assunta la causa in decisione, la corte, con ordinanza del 16/6/2014, ha rilevato che tutte le notificazioni erano regolari, ad eccezione di quella diretta a D.M., per la quale non risultava allegata agli atti la prova della comunicazione dell’intervenuta notificazione a mani del portiere a norma dell’art. 139 c.p.c. e che, avendo l’ufficiale giudiziario attestato in data 3/2/2010 l’intervenuto decesso di Mi.Lu., doveva essere allegata documentazione anagrafica dalla quale potesse evincersi l’integrità del contraddittorio nei confronti degli eredi di Mi.Lu., identificati nei soli B.V. e Mo.Pa.El..

Gli appellanti, alla successiva udienza del 13/2/2015, hanno dedotto che: – la notificazione effettuata a D.M. da parte dell’ufficiale giudiziario era priva della comunicazione prescritta dall’art. 139 c.p.c., poiché il portiere si era dichiarato incaricato alla ricezione delle notificazioni, come attestato nella relazione di notificazione, come emergeva dalle altre notificazioni nelle quali, nonostante la consegna al portiere, la dizione utilizzata dall’ufficiale giudiziario era differente ed, in ogni caso, che il mancato invio della comunicazione prescritta dall’art. 139 c.p.c., era una mera irregolarità, che non determinava la nullità della notificazione; – gli eredi di Mi.Lu. erano stati correttamente evocati in giudizio poiché B.V., succeduto alla stessa unitamente alle sorelle B.P. e L., aveva acquistato da queste ultime, in data 27/9/2006, i diritti sull’immobile sito a (OMISSIS), ed era, pertanto, diventato, al momento della proposizione del giudizio d’appello nel 2009, proprietario del predetto immobile, in comproprietà con il coniuge Mo.El..

Gli appellanti chiedevano di procedere oltre ed, in via gradata, la concessione di un termine per il deposito di ulteriore documentazione o per la rinotifica dell’atto d’appello.

La corte d’appello, con ordinanza del 27/2/2015, ha sottoposto alle parti la questione dell’eventuale inammissibilità dell’appello per la mancata integrazione del contraddittorio ed, assunta la causa in decisione, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di Mi.Lu., B.P. e L., nel termine perentorio assegnato con ordinanza del 6/11/2009.

La corte, in particolare, dopo aver premesso che, quando una delle parti muore nel corso del giudizio di primo grado, gli eredi vengono a trovarsi per tutta la durata del processo in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali e che, di conseguenza, in fase di gravame, si versa in una situazione di causa inscindibile ai sensi dell’art. 331 c.p.c., rimanendo, invece, irrilevante il fatto che alcuni soltanto degli eredi succedano nel diritto controverso poiché la successione universale esaurisce i suoi effetti nella sfera processuale e non origina una legittimazione sostanziale, ha ritenuto che, nel caso in esame, non era corretto l’assunto degli appellanti secondo cui, a fronte della presenza in giudizio di B.V., acquirente delle quote delle sorelle sull’eredità, la citazione in giudizio degli altri eredi di Mi.Lu., una volta che il giudizio d’appello era stato instaurato dopo l’acquisto, non sarebbe stata necessaria: “quando una delle parti muore nel corso del giudizio di primo grado, l’erede assume la stessa posizione che era già del de cuius e ne deriva un litisconsorzio di natura processuale che prescinde dalla natura del diritto controverso ed impone a norma dell’art. 110 c.p.c., la prosecuzione nei confronti di tutti i successori a titolo universale della parte deceduta indipendentemente dalla natura, scindibile od inscindibile, del rapporto sostanziale in giudizio”. La corte, quindi, in considerazione della natura perentoria del termine di cui all’art. 331 c.p.c. e delle conseguenze che la legge riconnette alla mancata integrazione del contraddittorio nel predetto termine, ha escluso che potesse essere concesso un nuovo termine per la notifica dell’atto d’appello ovvero ordinata iussu iudicis l’integrazione del contraddittorio.

La corte, poi, quanto alla notificazione a D.M., ha ritenuto che l’omessa spedizione della raccomandata di cui all’art. 139 c.p.c., comma 4, costituisce un vizio dell’attività dell’ufficiale giudiziario che determina non una mera irregolarità della notificazione ma la sua nullità, evidenziando, peraltro, che il portiere aveva ricevuto la notificazione non quale addetto alla ricezione, ma quale incaricato del destinatario, addetto a tale mansione, ma in qualità di portiere con espresso riferimento alle funzioni connesse all’incarico di portiere.

La corte, quindi, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, confermando la sentenza pronunciata dal tribunale.

C.M., con ricorso trasmesso per la notifica il 28/7/2016, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.

I Condomini (OMISSIS)via Raffaello 68(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

Sono rimasti intimati L.M.T., + ALTRI OMESSI.

Il ricorrente ha depositato memoria nella quale ha chiesto l’assegnazione di termine per l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti di F.R., che non risulta più abitare in (OMISSIS), di S.E., risultato deceduto, nonché di M.G. e Fr.Se., risultati irreperibili.

I Condomini controricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 331,110 e 291 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha escluso che potesse essere concesso un nuovo termine per la notifica dell’atto d’appello ovvero ordinata iussu iudicis l’integrazione del contraddittorio ed ha, quindi, dichiarato l’inammissibilità dell’appello per la mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio previsto dall’art. 331 c.p.c..

1.2. In realtà, ha osservato il ricorrente, l’appellante, dopo aver chiesto e ottenuto dalla corte d’appello l’assegnazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti alle quali l’atto d’appello non era stato notificato, aveva provveduto in data 3/2/2010 alla notificazione dell’atto d’integrazione del contraddittorio in favore, tra l’altro, di Mi.Lu.. Tale notifica è risultata, però, omessa perché la destinataria, come si evince dalla relata di notifica del 27/1/2010, era deceduta. L’appellante, quindi, a seguito di alcune ricerche, dopo aver accertato che B.V. era l’erede della defunta ed aveva acquistato l’immobile facente parte del condominio, ha provveduto, senza attendere l’eventuale ed ulteriore ordine d’integrazione del contraddittorio da parte della corte d’appello, a notificare allo stesso, unitamente alla moglie, l’atto d’appello in quanto proprietari dell’immobile.

1.3. La corte d’appello, invece, pur prendendo atto della notifica ad uno dei tre eredi della Mi. e nonostante la tempestiva e rituale richiesta da parte degli appellanti di un nuovo termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei restanti eredi della Mi., ha ritenuto che il contraddittorio non era stato integrato nei confronti degli altri due eredi della stessa, e cioè B.P. e B.L., nel termine perentorio assegnato con ordinanza del 6/11/2009 e che non poteva essere assegnato il termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei queste ultime, omettendo, tuttavia, di considerare che l’esito negativo del procedimento di notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio non era in alcun modo dipeso dell’appellante, il quale ha tempestivamente e regolarmente eseguito la notifica dell’atto d’integrazione del contraddittorio, ma da un fatto, quale il decesso del destinatario della notifica, del tutto imprevedibile.

1.4. Infatti, ha osservato il ricorrente, qualora in sede di notificazione del ricorso per cassazione (ma il principio trova applicazione in tutte le ipotesi di integrazione del contraddittorio) in attuazione di ordine di integrazione del contraddittorio risulti il decesso del destinatario (o di uno dei destinatari), e la parte, che debba procedere alla detta integrazione, pur avendo tempestivamente espletato l’adempimento posto a suo carico ai sensi dell’art. 331 c.p.c., con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, veda non conseguito il perfezionamento della notificazione, nel termine all’uopo fissato per detta integrazione, nei confronti del destinatario dell’atto (o di alcuni di essi), a causa, appunto, di un evento – il decesso del medesimo (o dei medesimi) – che essa non era tenuta a conoscere e di cui venga informata soltanto attraverso la relazione di notifica, deve esser assegnato un termine ulteriore (di carattere perentorio) per procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi della parte defunta, essendo da escludere, nel quadro di una interpretazione costituzionalmente vincolata, una immediata declaratoria di inammissibilità del ricorso, trattandosi di soluzione contrastante con gli artt. 3 e 24 Cost., sia perché essa condurrebbe ad equiparare situazioni processuali del tutto diverse (ponendo sullo stesso piano l’inerzia rispetto all’ordine di integrazione e la tempestiva esecuzione di questo, non completata per cause indipendenti dalla volontà della parte procedente e non rientranti nella normale prevedibilità), sia perché essa si risolverebbe in una non ragionevole compressione del diritto di difesa, atteso che la detta parte si vedrebbe addebitato l’esito parzialmente intempestivo del procedimento notificatorio per un fatto in concreto sottratto ai suoi poteri d’impulso, in quanto dalla stessa non conosciuto.

1.5. La corte d’appello, quindi, ha concluso il ricorrente, una volta accertata l’esistenza di altri eredi, avrebbe dovuto concedere altro termine per la notifica e non certo dichiarare l’inammissibilità dell’appello.

2.1. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 110 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello sul rilievo che, quando una delle parti muore nel corso del giudizio di primo grado, l’erede assume la stessa posizione che era già del de cuius e ne deriva un litisconsorzio di natura processuale che prescinde dalla natura del diritto controverso ed impone a norma dell’art. 110 c.p.c., la prosecuzione nei confronti di tutti i successori a titolo universale della parte deceduta indipendentemente dalla natura, scindibile od inscindibile, del rapporto sostanziale in giudizio.

2.2. In effetti, ha osservato il ricorrente, in caso di morte di una delle parti, la legittimazione attiva o passiva della parte si trasmette agli eredi i quali vengono a trovarsi per tutta la durata del giudizio in una situazione di litisconsorzio necessario processuale con la conseguenza che, ove nelle successive fasi di gravame l’atto d’impugnazione non sia stato proposto nei confronti di tutti gli eredi, il giudice deve disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente dalla destinazione in sede successoria del diritto controverso.

2.3. Tale principio, tuttavia, ha aggiunto il ricorrente, in quanto volto alla tutela dei diritti degli coeredi in ragione della norma prevista dall’art. 754 c.p.c. e dell’eventuale esito negativo del giudizio, non trova applicazione nel caso in esame in cui, dopo la morte in data 23/1/2006 di Mi.Lu., gli eredi della stessa, e cioè B.V., B.P. e B.L., con atto di compravendita in data 27/9/2006, e cioè prima della pubblicazione della sentenza di primo grado, hanno pattuito il trasferimento da parte di B.P. e B.L. delle loro quote di proprietà sull’appartamento oggetto di causa in favore del fratello B.V..

2.4. Il contratto di compravendita utilizzato dagli eredi della Mi., in effetti, ha proseguito il ricorrente, non essendo stato finalizzato allo scioglimento della comunione ereditaria mediante l’attribuzione di valori proporzionali alle quote, rappresenta, invece, la volontà di tutti i coeredi di trasferire il bene, a prescindere alla proporzione delle quote ereditarie, ad uno soltanto di essi e alla moglie, i quali, pertanto, a differenza del caso in cui fosse stata stipulata una divisione, sono diventati gli unici legittimati passivi nel giudizio, specie se si considera che l’oggetto dello stesso è rappresentato dalla revisione delle tabelle millesimali e dalla ipotetica revisione degli importi corrisposti a titolo di quote di condominio, il cui esito negativo o positivo è destinato a produrre conseguenze solo nei confronti dei proprietari dell’immobile in quanto condomini dello stesso.

2.5. L’appellante, quindi, ha concluso il ricorrente, ha provveduto correttamente a notificare l’atto d’integrazione solo a B.V. e alla moglie che, in qualità di proprietari dell’immobile, sono gli unici soggetti passivamente legittimati a stare in giudizio, e non anche ai restanti eredi della Mi. che, non essendo i proprietari dell’immobile, non ne possono subire le conseguenze.

3.1. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello per la mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio previsto dall’art. 331 c.p.c., sul rilievo che, avendo il portiere ricevuto la notificazione non quale addetto alla ricezione, ma come incaricato del destinatario, addetto a tale mansione in qualità di portiere, la notificazione eseguita dagli appellanti a D.M. era nulla perché l’omessa spedizione della raccomandata di cui all’art. 139 c.p.c., comma 4, costituisce un vizio dell’attività dell’ufficiale giudiziario che determina non una mera irregolarità della notificazione ma la sua nullità.

3.1. Così facendo, però, ha osservato il ricorrente, la corte d’appello non ha considerato che, come emerge dalla relazione di notificazione, la notifica a D.M. era stata eseguita mediante consegna al portiere il quale, però, aveva ricevuto l’atto non in tale qualità ma come incaricato di ricevere le notificazioni, e che, dunque, in difetto di prova contraria in ordine a tale qualità, trovava applicazione il comma 2 e non il comma 4 dell’art. 139 c.p.c., per cui la mancanza della comunicazione prevista da quest’ultima norma, non determinava la nullità della predetta notificazione.

4.1. Il primo e il secondo motivo, da trattare congiuntamente, sono palesemente infondati, con assorbimento del terzo ed esclusione della necessità di assegnare al ricorrente il termine, che lo stesso ha richiesto, per l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti di F.R., S.E., M.G. e Fr.Se.. Nel giudizio di cassazione, infatti, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso o qualora questo sia prima facie infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (Cass. n. 11287 del 2018, che, in forza di tale principio, ha rigettato il ricorso, stante la sua palese infondatezza, nonostante lo stesso non fosse stato notificato a dei condomini di un edificio, litisconsorti necessari, per evitare un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue; conf., Cass. SU n. 6826 del 2010; Cass. n. 15106 del 2013; Cass. n. 12515 del 2018).

4.2. In effetti, premesso che il ricorrente non ha sollevato alcuna censura nei confronti della sentenza nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello sull’implicito ma inequivoco presupposto che la condomina Mi.Lu. fosse litisconsorte necessaria del giudizio di primo grado e che dovesse, quindi, ordinarsi, a fronte della mancata notifica dell’atto d’appello in causa inscindibile, l’integrazione del contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c., nei confronti della stessa (la cui eventuale illegittimità, per insussistenza di siffatto litisconsorzio necessario, determinando la nullità della sentenza che, in forza dello stesso, avesse dichiarato l’inammissibilità dell’appello per la mancata integrazione del contraddittorio nel termine fissato ai sensi dell’art. 331 c.p.c., si convertirebbe, in effetti, in una ragione di impugnazione avverso la sentenza ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 1), rileva la Corte che: a) in caso di morte della parte avvenuta nel corso del giudizio di primo grado, la legittimazione attiva e passiva si trasmette agli eredi, i quali vengono a trovarsi per tutta la durata del giudizio in una situazione di litisconsorzio necessario, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio (Cass. SU n. 14266 del 2019, in motiv.; Cass. n. 24639 del 2020; Cass. n. 17199 del 2018; Cass. n. 6780 del 2015; Cass. n. 25706 del 2011); b) in tal caso, ove l’impugnazione risulti proposta nei confronti di alcune soltanto delle parti del processo, trova applicazione l’art. 331 c.p.c., in ossequio al principio del giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio ex art. 111 c.p.c., da ritenersi prevalente, di regola, rispetto al principio della ragionevole durata del processo, per cui il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio e non può dichiarare inammissibile l’impugnazione (Cass. SU n. 14266 del 2019, in motiv.; Cass. SU n. 14124 del 2010; Cass. n. 24639 del 2020; Cass. n. 17199 del 2018; Cass. n. 20501 del 2015); c) il termine assegnato per l’integrazione del contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c., assolve la funzione di rimediare ad un iniziale errore della parte che non ha notificato l’atto di impugnazione ad uno dei litisconsorti necessari, assicurando l’effetto conservativo dell’impugnazione quantunque essa sia rivolta solo ad una delle parti vittoriose o proposta da parte di uno solo dei più soccombenti, impedendo il passaggio in giudicato della sentenza, a condizione che il successivo ordine di integrazione sia tempestivamente rispettato, e questo spiega il rigore nell’interpretazione della norma circa la natura perentoria del termine e la sua improrogabilità e dà una precisa indicazione delle attività che nel termine devono essere compiute, non limitate al solo avvio del procedimento ma estese a quelle operazioni prodromiche, quali le indagini di stato civile ed anagrafiche eventualmente necessarie per individuare i soggetti destinatari della notifica ed il luogo in cui questa deve essere eseguita (Cass. SU n. 14266 del 2019, in motiv.; Cass. n. 17199 del 2018); d) tale termine, pertanto, dev’essere stabilito dal giudice in misura di tale ampiezza da permettere alla parte di rimediare anche ad eventuali errori nei quali sia incorsa nella notificazione dell’atto (Cass. SU n. 14266 del 2019, in motiv.; cfr. Cass. n. 3318 del 2020; Cass. n. 11139 del 2013; Cass. n. 25860 del 2008; Cass. n. 20000 del 2005); e) nel caso in cui, in sede di notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio nei confronti del contumace, la parte venga a conoscenza della sua morte o della sua perdita della capacità, il termine assegnatogli dal giudice ai sensi dell’art. 331 c.p.c., è automaticamente interrotto e, in applicazione analogica dell’art. 328 c.p.c., comincia a decorrere un nuovo termine, di durata pari a quella iniziale, indipendentemente dal momento in cui l’evento interruttivo si è verificato: e’, tuttavia, onere della parte notificante riattivare con immediatezza il processo notificatorio, senza necessità di apposita istanza al giudice ad quem; solo nel caso in cui, per ragioni eccezionali, di cui la stessa parte deve fornire la prova, tale termine risulti insufficiente ad individuare le persone legittimate a proseguire il giudizio, è consentito chiedere al giudice la rimessione in termini ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 2 (Cass. SU n. 14266 del 2019).

4.3. Nel caso in esame, è rimasto incontestato che Mi.Lu. sia rimasta contumace nel giudizio di primo grado, in pendenza del quale è avvenuta la sua morte, che l’evento non sia stato notificato né certificato ma appreso dall’appellante solo in sede di notificazione, in data 3/2/2010, dell’atto di integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c. (che la corte d’appello ha disposto, a fronte della mancata notifica dell’atto d’appello, con ordinanza resa all’udienza del 6/11/2009 e la fissazione a tal fine del termine del 9/7/2010), e che eredi di Mi.Lu. sono B.V., B.P. e B.L.. Il termine originariamente concesso, pertanto, si è interrotto il 3/2/2010, in applicazione dell’art. 328 c.p.c., ed è iniziato a decorrere un nuovo termine, di durata pari a quello già assegnato, entro il quale, però, l’appellante ha provveduto a notificare l’atto di integrazione solo ad uno dei tre eredi della Mi., e cioè a B.V.. L’ordine d’integrazione del contraddittorio non è stato, pertanto, integralmente adempiuto, né l’appellante risulta aver avanzato istanza di rimessione ai sensi dell’art. 184 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis) adducendo (e provando) la sussistenza di ragioni eccezionali tali da rendere il nuovo termine insufficiente.

4.4. Ne’, d’altra parte, può rilevare, come invece pretende il ricorrente, il fatto che, prima della proposizione dell’atto d’appello, gli eredi di Mi.Lu., e cioè B.V., B.P. e B.L., avevano pattuito, con atto di compravendita in data 27/9/2006, e cioè prima della pubblicazione della sentenza di primo grado, il trasferimento da parte di B.P. e B.L. delle loro quote di proprietà sull’appartamento oggetto di causa in favore del fratello B.V.. In caso di morte di una delle parti nel corso del giudizio di primo grado, invero, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio per cui la sua legittimazione attiva e passiva si trasmette indivisibilmente a tutti i suoi eredi, i quali vengono a trovarsi per la durata dell’intero giudizio in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni di ordine processuale, a prescindere cioè dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio (Cass. n. 25706 del 2011, in motiv.; Cass. n. 20874 del 2004; Cass. n. 23765 del 2008; Cass. n. 24639 del 2020), con la conseguenza che ove l’impugnazione sia stata proposta nei confronti di uno soltanto degli eredi della parte defunta, ancorché contumace in primo grado, il giudice d’appello deve ordinare, anche d’ufficio, a pena di nullità, l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti degli altri coeredi, anche quando manchi la successione nel diritto posto a fondamento della domanda (Cass. n. 8492 del 1996).

4.5. La corte d’appello, pertanto, a fronte della mancata notificazione dell’atto d’integrazione del contraddittorio a tutti gli eredi della Mi. nel termine concesso a norma dell’art. 331 c.p.c., ha correttamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello.

5. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

7. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese di lite, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

 

 

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