Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26549 del 21/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 21/12/2016, (ud. 12/12/2016, dep.21/12/2016),  n. 26549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 28307/2011 R.G. proposto da:

D.G.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Manlio Lubrano,

elettivamente domiciliato in Roma alla piazza Martiri di Belfiore n.

2 presso lo studio dell’Avv. Ugo Primicerj, per procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei

Portoghesi n. 12 domicilia ex lege;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 254/45/11 depositata il 10 giugno 2011;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 dicembre 2016

dal Consigliere Enrico Carbone;

Udito l’Avv. Francesco Meloncelli per la controricorrente;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli respingeva l’impugnazione proposta da D.G.C. avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) relativa a sanzioni per omesso versamento IVA da parte della Caporale D.G. & C. s.n.c., della quale egli era socio nel corrispondente periodo d’imposta (annualità 2003).

La Commissione Tributaria Regionale della Campania respingeva l’appello del contribuente, confermando la ratio decidendi addotta dal primo giudice circa la legittimità dell’operato dell’amministrazione finanziaria nei confronti del socio illimitatamente responsabile della società in nome collettivo titolare del debito fiscale.

D.G.C. ricorre per cassazione sulla base di unico motivo.

L’Agenzia delle Entrate resiste mediante controricorso.

Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., art. 1292 c.c. e ss., artt. 1306, 2290, 2304 e 2909 c.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7, per aver il giudice d’appello dichiarato legittimo l’avviso di mora notificato al socio cui non era stato prima notificato l’avviso di accertamento.

2. Il ricorso è infondato.

Per come descritta dall’impugnata sentenza, la fattispecie riguarda la cartella di pagamento notificata al socio cui non sia stato prima notificato l’avviso di accertamento.

Ciò malgrado, il ricorso per cassazione si appunta sulla legittimità della notifica dell’avviso di mora, che – come noto – è un atto distinto dalla cartella di pagamento.

Da qui la presenza in ricorso di argomenti non congrui alla fattispecie, come quello della mancata preventiva escussione del patrimonio sociale, tema che non può riguardare la cartella esattoriale, questa non essendo un atto esecutivo cui possa applicarsi l’art. 2304 c.c., sul beneficium excussionis (Cass. 3 gennaio 2014, n. 49, Rv. 629071; Cass. 29 luglio 2016, n. 15966, Rv. 640644).

In ogni caso, questa Corte ha ripetutamente affermato che la responsabilità solidale e illimitata del socio per i debiti tributari della società in nome collettivo si fonda direttamente sulla previsione generale dell’art. 2291 c.c., sicchè non è necessario notificare al socio l’avviso di accertamento non impugnato o la cartella di pagamento non adempiuta, essendo sufficiente la notificazione dell’avviso di mora, che ha la funzione sia di precetto che di atto impositivo, e può essere impugnato congiuntamente agli atti presupposti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, (Cass. 9 maggio 2007, n. 10584, Rv. 597332; Cass. 1 ottobre 2014, n. 20704, Rv. 632623; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25765, Rv. 633903; Cass. 26 ottobre 2015, n. 21763, Rv. 636997).Nella specie, al socio è stata notificata anche la cartella di pagamento, che è atto necessariamente motivato (a differenza dell’avviso di mora), atto contro il quale è possibile pertanto la più ampia difesa e contro il quale egli è per l’appunto insorto davanti al giudice, senza tuttavia entrare nel merito del debito tributario della società.

3. Le spese di questo giudizio seguono la soccombenza.

PQM

Respinge il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2016

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