Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26548 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. I, 12/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 12/12/2011), n.26548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.I. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPE UMBERTO 35, presso l’avvocato

LOMBARDI CARLO, che la rappresenta e difende, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 121/2009 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 20/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato LOMBARDI GIORGIO, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI Pasquale che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.I. proponeva alla Corte d’ appello di Perugia, in data 30 maggio 2008, domanda di equa riparazione ai sensi della L. n 89 del 2001, nei confronti del Ministro della Giustizia. Lamentava di aver subito danno, per effetto della violazione dell’art. 6 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, ratificata con L. n. 848 del 1955, per effetto della eccessiva durata di un processo penale celebrato davanti al Tribunale di Roma, che l’aveva vista quale parte offesa. Precisava che i fatti di oggetto del reato denunciato al Procuratore della Repubblica, e poi oggetto del suddetto procedimento penale, riguardavano molestie a contenuto sessuale ed osceno da lei subite, attuate con il mezzo del telefono.

La Corte d’appello rigettava la domanda osservando che l’istante non era stata parte del processo penale suddetto non essendosi mai costituita parte civile nei confronti dell’imputato.

L’avvocato L.I. ricorre per cassazione contro il decreto della corte d’appello. Resiste il Ministro della giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente, nei due mezzi in cui il suo atto si articola, lamenta la violazione o l’errata applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, in relazione all’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea innanzi menzionata, nonchè la contraddittorietà della motivazione del decreto perugino sui punti decisivi di cui si tratta.

Sostanzialmente afferma che la Convenzione Europea e la legge nazionale tutelano dal danno che un cittadino riceve dalla lentezza del procedimento giudiziario che lo interessa, per il fatto stesso che tale durata eccessiva si realizza ed indipendentemente dalla posizione formale che il cittadino stesso ha rivestito nel procedimento del quale si lamenta.

2. Osserva il collegio che la giurisprudenza di questa Corte da tempo ha dato luogo ad un orientamento dal quale non vi sono ragioni per discostarsi secondo cui il predetto art. 6 EDU stabilisce il diritto di ogni persona di ottenere una pronuncia sui suoi diritti oggetto di un dibattito civile o sulla fondatezza dell’accusa penale che gli viene mossa, entro un termine ragionevole. Dunque l’eccessiva durata del processo può essere foriera della riparazione in questione nei confronti delle parti in senso formale di un processo, civile o penale che sia. Fuori del processo, sofferenze anche reali, ovvero ontologicamente tali in quanto dipendenti dai fatti che hanno dato luogo al processo (penale in questo caso), non trovano la considerazione riparatoria del meccanismo legislativo in questione (cass. n. 4138 del 2003, anzitutto).

Nel caso di specie, pacifica essendo la mancata costituzione di parte civile nel giudizio penale di cui si tratta da parte della odierna ricorrente, la durata del giudizio penale, va detto, prima ancora, delle indagini preliminari che ad esso hanno condotto, è irrilevante nel senso preteso.

3. Il ricorso deve essere respinto. La Corte ravvisa, attesa la delicatezza della questione, le ragioni che giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità tra le parti.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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