Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26546 del 23/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 23/11/2020), n.26546

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19372/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12

– ricorrente –

contro

N.I., rappresentato e difeso, giusta procura a margine del

ricorso, dall’Avv. Zaccaria Cosimo, dall’Avv. Rotella Tommaso e

dall’Avv. Rossodivita Giuseppe, elettivamente domiciliato presso lo

studio di quest’ultimo, in Roma Via R. Grazioli Lante, n. 5;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Emilia Romagna n. 97/2014, depositata il 20 gennaio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre

2020 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. L’Agenzia delle entrate, a seguito di acquisizione di documenti dagli istituti bancari ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 7, , e dopo aver svolto quattro incontri con il contribuente (il 5-10-2010; il 15-10-2010; il 19-11-2010 ed il 30-11-2010), emetteva il 6-12-2010 tre avvisi di accertamento per gli anni 2005, 2006 e 2007 nei confronti di N.I., per avere svolto attività di commercio di opere d’arte del tutto sconosciuta al fisco. In particolare, l’indagine aveva origine da alcune movimentazioni di capitali dall’Italia verso l’estero e viceversa di importi cospicui, difficilmente giustificabili con i redditi esegui dichiarati per lavoro autonomo, quale perito industriale (Euro 31.456 nel 2005; Euro 26.098,00 nel 2006 ed Euro 10.895 nel 2007). I versamenti (Euro 936.469,51 nel 2006) ed i prelevamenti (Euro 961.821,30 nel 2006) venivano tutti (per un totale di Euro 1.898.290,81) ritenuti ricavi dell’impresa commerciale ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55 e dell’art. 2195 c.c.. Da tali prelievi erano sottratte le somme di carattere personale e familiare. Ai fini Iva i prelevamenti non transitati per la relativa dichiarazione annuale davano luogo solo ad acquisti non autofatturati per i quali si applicava la sanzione amministrativa di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8, senza recupero del tributo. Venivano anche emesse due cartelle con ruolo “straordinario”, per pericolo di mancata riscossione.

2. Il contribuente con il ricorso di primo grado rilevava di non aver svolto alcuna attività commerciale, ma di avere proceduto agli acquisti ed alle vendite di opere d’arte quale mero collezionista. Inoltre, deduceva la nullità dell’avviso di accertamento per il mancato rispetto delle garanzie di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12 e segnatamente per il mancato decorso del termine di sessanta giorni, senza peraltro che l’Amministrazione avesse proceduto alla redazione di un processo verbale degli incontri avvenuti. Inoltre, l’acquisizione di documenti ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 non era consentita nei confronti di un soggetto che non era titolare di reddito di impresa. I versamenti ed i prelevamenti erano estranei al commercio di opere d’arte. Peraltro, versamenti e prelevamenti non potevano certo essere sommati, in quanto, anche ove si fosse trattato di attività d’impresa, gli acquisti di opere d’arte costituivano “costi” dell’impresa, che dovevano essere sottratti alle vendite di opere d’arte, per consentire la determinazione del reddito di impresa. Non si era tenuto conto della differenza tra giacenze iniziali e finali della attività di impresa.

3. La Commissione tributaria provinciale di Modena, in parziale accoglimento del ricorso, relativo all’anno 2006, riduceva il reddito per tale anno ad 1.426.818,00, come da consulenza di parte depositata dal contribuente e redatta dal Dott. Borghi.

4. Avverso tale sentenza proponeva appello solo il contribuente, deducendo la nullità della sentenza per assenza di motivazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, il mancato rispetto del termine di sessanta giorni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, senza peraltro che fosse informato delle ragioni della verifica. Inoltre, si lamentava il mancato svolgimento della prospettata attività commerciale D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 55, l’invalidità della acquisizione documentale delle banche in assenza della qualità di imprenditore del contribuente, l’incomprensibile scostamento delle valutazioni del consulente di parte, l’erronea somma di versamenti e prelevamenti, senza considerare che gli acquisti di opere d’arte dovrebbero costituire i “costi” della ritenuta attività di impresa, ai fini della determinazione del reddito di impresa. Vi sarebbe stata, poi, una inversione dell’onere della prova in relazione alla omessa valutazione della differenza tra rimanenze iniziali e finali.

4. L’Agenzia delle entrate si limitata al deposito di controdeduzioni, senza proporre appello incidentale con riferimento alla riduzione dell’ammontare dei ricavi dell’impresa.

5. La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (sentenza 97/20/2014, depositata il 20 gennaio 2014) accoglieva l’appello del contribuente, in quanto l’Agenzia delle entrate, da un lato, non ha notificato al contribuente il processo verbale di constatazione prima della emissione dell’avviso di accertamento, e, dall’altro, non ha rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni concesso dalla legge al contribuente per presentare osservazioni prima della emissione dell’avviso di accertamento. Il processo verbale di chiusura delle operazioni non è mai stato redatto dalla Agenzia delle entrate. Venivano rigettate le questioni in ordine alla mancanza di motivazione della sentenza di primo grado (pagina 18 dell’appello), sulla chiarezza e motivazione degli atti (pagina 20 dell’appello). L’accoglimento della eccezione preliminare del contribuente sul mancato rispetto dei sessanta giorni comportava l’assorbimento delle altre questioni.

6.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il contribuente, che depositava anche memoria scritta.

7.Nelle more questa Corte, con ordinanze 10907/2016 e 10908/2016 accoglieva i ricorsi presentati dalla Agenzia delle entrate avverso le sentenze della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (99/20/2014 e 94/20/2014), depositate entrambe il 20 gennaio 2014, che avevano ritenuto la nullità degli avvisi di accertamento relativi agli anni 2005 e 2007 per il mancato rispetto dei sessanta giorni di cui alla L. 212 del 2000, art. 12, comma 7, con rinvio al giudice di appello.

7.Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate, che depositava memoria scritta.

8.11 Procuratore Generale depositava conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il rispetto del termine di sessanta giorni tra la notifica del verbale di chiusura delle operazioni e l’emissione dell’avviso di accertamento non si applica agli accertamenti “a tavolino”, ma solo alle verifiche che si sostanziano in accessi presso i locali dell’impresa. Inoltre, non vi è un obbligo di emettere il provvedimento di chiusura per i procedimenti “interni”, ove è sufficiente il contraddittorio, se richiesto. La L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, trova applicazione, quindi, solo laddove sia prevista la redazione di un processo verbale di constatazione.

1.1.Tale motivo è fondato.

1.2.Anzitutto, si premette che l’Agenzia delle entrate non ha proposto appello incidentale avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Modena, n. 247 depositata il 12 novembre 2012, per l’anno 2006, con cui il reddito di impresa è stato rideterminato in Euro 1.426.818,00, sicchè sul punto si è formato il giudicato interno favorevole al contribuente.

1.3.Per quanto concerne il merito del ricorso, poi, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, prevede che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

1.4. Il perimetro di applicazione della disposizione è, però, individuato dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 1, che prevede che “tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagini e controllo sul luogo” (Cass., sez. 5, 2 aprile 2014, n. 7598).

Pertanto, è evidente che il rispetto dello spatium deliberandi di sessanta giorni, tra il rilascio della copia del verbale di chiusura delle operazioni e l’emissione dell’avviso di accertamento (“emanazione”), trova applicazione solo in caso di “accessi, ispezioni e verifiche fiscali” nei “locali” dell’impresa, ma non in caso di accertamenti a tavolino e tanto meno in caso di verifiche bancarie ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7, (Cass., sez. 5, 16 febbraio 2018, n. 3900). Del resto, solo in caso di accessi e verifiche in loco da parte dei funzionari dell’Amministrazione la norma dello statuto del contribuente fa da contrappeso alla invasione della sfera di questi, nei luoghi di sua pertinenza, con la predisposizione di un meccanismo di contraddittorio anticipato che tende a riequilibrare le due posizioni che si confrontano.

1.5.Va anche premesso che, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto ad accertamenti fiscali, l’Amministrazione finanziaria non ha l’onere di comunicare preventivamente l’oggetto della verifica, atteso che nel procedimento tributario un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a pena d’invalidità dell’atto non sussiste al momento della raccolta delle informazioni e degli elementi di prova, ma solo, eventualmente e ove espressamente sancito, in una fase successiva, quando l’Amministrazione intenda adottare nei confronti di un contribuente, sulla base dei dati raccolti, un atto potenzialmente lesivo (Cass., sez.5, 28 dicembre 2018, n. 33572).

1.6.Per questa Corte, invero, in tema di verifiche fiscali, la regola in base alla quale l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica, determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, si applica anche nel caso di “accessi brevi” finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perchè la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, in esito al quale comunque deve essere redatto un verbale di chiusura delle operazioni, sia perchè, anche in caso di accesso breve, si verifica l’intromissione autoritativa dell’amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente, che deve essere controbilanciata dalle garanzie di cui al citato art. 12 (Cass., sez. 5, 21 novembre 2018, n. 30026; Cass., sez. 5, 17 aprile 2015, n. 7843); tanto che anche in caso di accesso breve devono essere indicate le specifiche ragioni di urgenza ove l’atto impositivo venga emesso ante tempus (Cass., sez. 5, 12 aprile 2019, n. 10388).

1.7.Inoltre, deve aggiungersi che il termine di sessanta giorni deve decorrere a prescindere che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (Cass., n. 4564/2019), con la precisazione che tale termine decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo (Cass., sez. 5, 2 luglio 2014, n. 15010).

1.8.Per questa Corte, a sezioni unite, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato “un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività”, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio (Cass.Civ., Sez.Un., 29 luglio 2013, n. 18184).

1.9. Nè la sanzione della illegittimità dell’avviso per il mancato rispetto del termine dilatorio dei sessanta giorni può essere irrogata solo qualora il contribuente dimostri che il minor termine gli ha precluso di predisporre una adeguata e specifica linea difensiva. Tale termine deve essere, infatti, rispettato a prescindere dalla allegazione da parte del contribuente di avere subito uno specifico nocumento alla propria difesa, non avendo potuto produrre nel ristretto lasso temporale concesso, osservazioni, memorie e documenti. Il termine è infatti stabilito a presidio del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, espressione dei principi di collaborazione e di buona fede (Cass., sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27623).

2.Tuttavia, come detto, tale termine si applica solo nei casi in cui si sia proceduto ad accessi, ispezioni e verifiche nei locali commerciali dell’impresa e non nei casi di verifiche “a tavolino”, o comunque “interne”, come quella in esame (Cass., sez. 5, 29 marzo 2019, n. 8853; Cass., sez. 5, 5 febbraio 2014, n. 2594).

Si è anche affermato che l’obbligo di rilascio del verbale di chiusura delle operazioni, da cui decorre il termine dilatorio di sessanta giorni, deve derivare da una espressa previsione normativa, che si rinviene solo in caso di accessi, ispezioni e verifiche presso i locali commerciali dell’impresa, ma non, per esempio, in caso di accertamento svolto tramite studi di settore (Cass., sez. 5, 4 aprile 2014, n. 7960).

2.1.Con l’accesso in loco, infatti, si verifica una invasione della sfera del contribuente, nei luoghi di sua pertinenza, sicchè ne deriva una specifica esigenza di dare spazio al contraddittorio. La medesima esigenza, dunque, non sorge ove l’emanazione dell’atto impositivo derivi dall’esame di atti già in possesso dell’Amministrazione o a questa forniti dal contribuente e da questa esaminati nella propria sede. Le ipotesi dell’accesso in loco e del controllo a tavolino sono ben diverse tra loro, in quanto, nel primo caso, l’espansione della tutela del contraddittorio procedimentale è massima, in quanto tale tutela va a bilanciare lo squilibrio tra contribuente e Amministrazione, derivante dall’assoggettamento del primo ai poteri ispettivi della seconda. In caso di accertamento a tavolino, invece, non sorge l’esigenza di imporre termini dilatori all’azione di accertamento dell’Amministrazione (Cass., sez. 5, 13 giugno 2014, n. 13588).

Del resto, anche la giurisprudenza unionale ha affermato che l’Amministrazione, quando procede alla raccolta di informazioni, non è tenuta ad informarne il contribuente nè a conoscere il suo punto di vista (punto 45, Corte di Giustizia, 22 ottobre 2013, c-276/12, lei Sabou).

2.2.Si è, poi, chiarito che alcuna norma prevede la previa comunicazione al contribuente dello svolgimento delle attività di acquisizione e controllo dei dati inerenti conti, rapporti ed operazioni bancarie, delle quali peraltro lo stesso contribuente ha tempestiva notizia dalla stessa banca con la quale intrattiene rapporti ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7. Inoltre, alcuna restrizione è imposta alla effettività del contraddittorio nella fase successiva, che si può espletare con proposta di accertamento con adesione oppure, successivamente alla emissione del provvedimento impositivo, con attivazione delle misure di autotutela o con l’instaurazione del processo in sede giudiziaria (Cass., sez. 5, 12 febbraio 2014, n. 3142; Cass., sez., 5, 28 febbraio 2018, n. 4581).

3.Inoltre, per questa Corte, a sezioni unite, in relazione a fattispecie, in cui non v’è stato accesso in loco, come quella in esame, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Cass., sez. un.,

9 dicembre 2015, n. 24823). Si precisa in motivazione che “l’ambito di applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è circoscritto, secondo testuale indicazione, agli accertamenti conseguenti ad “accessi”, “ispezioni” e “verifiche” fiscali nei locali del contribuente e che l’ordinamento tributario non offre spunti positivi di sorta per postulare l’esistenza di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale” (cfr. pagina 9, ma anche pagine 20 e 21). Il termine dilatorio è, dunque, imposto dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente “alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli”. Il rilascio della copia della chiusura delle operazioni, del resto, è collegato proprio al compimento dell’accesso, della verifica o dell’ispezione nei locali destinati all’esercizio dell’attività.

Il contraddittorio endoprocedimentale è obbligatorio solo laddove una norma specifica lo imponga, come, appunto, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, , in caso di accessi in loco, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3, e L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, con riferimento alle liquidazioni delle imposte in base alla dichiarazione; il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7, come modificato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, convertito in L. n. 122 del 2010 in tema di accertamento sintetico; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 4, introdotto dal D.Lgs. n. 358 del 1997 ed abrogato dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 1, comma 2, in merito agli accertamenti in materia di imposte dirette fondati su ipotesi di abuso del diritto; L. n. 212 del 2000, art. 10-bis, comma 6, introdotto in sostituzione della disposizione sopra richiamata, dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 1, comma .

4. Tra l’altro, nella specie, risulta anche espletato il contraddittorio (con ben quattro incontri) con il contribuente in relazione all’iva, quale tributo armonizzato.

Va precisato, sul punto, che, in caso di tributi armonizzati, la violazione dell’obbligo del preventivo contraddittorio comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto una opposizione meramente pretestuosa (Cass., 27 luglio 2018, n. 20036; Cass. Sez.Un., 24823/2015).

Va anche aggiunto che, in caso di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste per gli accertamenti cd. “a tavolino”, senza che, peraltro, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, possa essere interpretato nel senso che la consegna della documentazione contabile spontaneamente effettuata dal contribuente presso gli uffici dove viene eseguita la verifica possa essere equiparata a quella compiuta presso la sede della società e successivamente proseguita, ai sensi del comma 3 di detta disposizione, negli uffici dell’amministrazione (Cass., 14 marzo 2018, n. 6219).

5.Del resto, nei due precedenti di legittimità tra le stesse parti, anche se in relazione a diverse annualità (2005 e 2007), questa Corte (ordinanze nn. 10907/2016 e 10908/2016) ha accolto il ricorso per cassazione della Agenzia delle entrate avverso le sentenze della Commissione tribunale regionale dell’Emilia-Romagna, che aveva accolto l’appello del contribuente, proprio per il mancato rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, pur in assenza di un accesso in loco. Si ritiene di condividere tale orientamento.

6. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla

Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2020

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