Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26544 del 23/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 23/11/2020), n.26544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10561/2014 R.G. proposto da:

P.A., quale socio della Idrocalor s.a., rappresentato e

difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. Marco Valerio

Mazzatosta, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.

Cesare Placanica, in Roma, Piazzale Clodio n. 32;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e

Equitalia Gerit s.p.a.

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 411/38/2013, depositata il 23 ottobre 2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre

2020 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. L’Agenzia delle entrate emetteva quattro avvisi di accertamento, basati su documentazione extracontabile rinvenuta presso la sede della Idrocalor s.a.s., nei confronti della Idrocalor s.a., società di diritto panamense, considerata come “società di fatto”, notificati anche ai soci ed amministratori P.A. e T.U., per gli anni dal 1999 al 2002, ai fini Iva ed Irap, in quanto i due soci avevano presentato condono in relazione all’Ires.

2. La Commissione tributaria provinciale di Viterbo, con sentenza 20-3-2006, rigettava i ricorsi presentati dalla società e dai due soci avverso i quattro avvisi di accertamento emessi per gli anni 1999, 2000, 2001 e 2002. La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza 161/2007, depositata il 21-3-2008, accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate, rilevando che la sede amministrativa della società e l’oggetto principale della sua attività insistevano sul territorio nazionale.

3. La Corte di Cassazione, con sentenza 26 giugno 2015, n. 13251, rigettava il ricorso per cassazione proposto dalla Idrocalor s.a. e dal socio P..

4. L’Agenzia delle entrate, dopo la pronuncia della sentenza della Commissione regionale n. 161/2007, aveva provveduto a notificare al socio P. la cartella di pagamento ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68.

5. Avverso tale cartella proponeva ricorso il socio P., accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Viterbo, con sentenza 202/1/2011, riformata poi dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza 411/38/2013, depositata il 23-10-2013, in accoglimento dell’appello della Agenzia delle entrate. Il giudice di appello rilevava che le contestazioni del socio attenevano al merito della controversia, mentre la cartella era un atto meramente riscossivo, sicchè poteva essere oggetto di impugnazione solo per vizi propri. Il contribuente avrebbe dovuto proporre le sue doglianze di merito nel giudizio relativo alla impugnazione degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società ed anche a lui notificati.

6. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il socio P..

7. Restava intimata Equitalia s.p.a.

8. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di impugnazione il socio deduce la “omessa pronuncia in ordine alla violazione e falsa applicazione del TUIR, art. 73 – Violazione dell’art. 112 c.p.c., vizio di omessa pronuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, in quanto il giudice di appello non ha colto l’oggetto del processo e, conseguentemente, ha omesso di pronunciarsi su di esso. Infatti, il contribuente, sin dal ricorso introduttivo, ha affermato di non essere coobbligato solidale della Idrocalor s.a., in quanto non è stato socio illimitatamente responsabile della stessa. Tale affermazione poggia sulla circostanza che la Idrocalor s.a. non può essere considerata società di persone, posto che i tipi di società sono tassativamente previsti dal c.c.. Ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 73, la Idrocalor s.a., quale società di diritto panamense, deve essere considerata tra le “società di capitali”, soggette all’Ires, con la conseguente esclusione della responsabilità illimitata in capo ai suoi soci. Non vi era, dunque, un titolo legittimo che autorizzasse l’Amministrazione ad avviare “l’esecuzione forzata” nei suoi confronti. Pertanto, “l’accertamento della natura giuridica della società” è “questione fondamentale” del processo.

1.1. Tale motivo è infondato.

1.2. Invero, sulla natura giuridica della società Idrocalor s.a. si è ormai formato il giudicato, a seguito della sentenza di questa Corte (n. 13251 del 26 giugno 2015), che ha rigettato il ricorso proposto dal P. e dalla Idrocalor s.a. avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, 161/2007, depositata il 21-3-2008, che aveva accolto l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Viterbo del 20-3-2006, che aveva accolto i ricorsi della società e dei soci contro gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società per gli anni 1999, 2000, 2001 e 2002. In particolare, il giudice di appello ha affermato che la Idrocalor s.a. era, in realtà, società di diritto interno e non panamense, come emergeva dalla sede amministrativa in Italia, a Montalto di Castro, e dalle attività in concreto ivi svolte.

In particolare, venivano considerati legittimi gli avvisi di accertamento, che individuavano la Idrocalor s.a. come “società di fatto”.

Pertanto, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, comma 3, lett. b, “le società di fatto sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici secondo che abbiano o non abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali”.

Trattandosi di società di persone, in ragione della inequivocabile attività commerciale svolta dalla Idrocalor s.a., società di fatto, ne discende la illimitata responsabilità dei soci, in relazione alle imposte evase Iva ed Irap, mentre per quel che concerne l’Ires sono intervenuti i condoni dei due soci.

Il giudicato ottenuto nei confronti della società Idrocalor, nel processo avverso gli avvisi di accertamento notificati anche ai due soci, che hanno partecipato al giudizio, dunque, vale anche nei loro confronti ed in particolare del P. che è parte del presente giudizio.

Infatti, il giudicato favorevole all’amministrazione, in caso di società di persone, può essere opposto solo ai soci che hanno partecipato al relativo processo, proprio come avvenuto nella specie (Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815).

1.3. Va, poi, rilevato che per questa Corte, in tema di accertamento e riscossione dell’IVA, l’avviso di rettifica emesso dall’Ufficio nei confronti di una società in nome collettivo ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 54 e 56, legittimamente può contenere l’indicazione come condebitori solidali dei nominativi dei soci, sia palesi che occulti, ed essere notificato anche a costoro per la contestazione di tale loro qualità, in vista della successiva procedura di riscossione: la responsabilità solidale ed illimitata dei soci per i debiti della società, prevista dall’art. 2291 c.c. ed operante anche nei rapporti tributari, pur consentendo all’Amministrazione finanziaria di procedere in via esecutiva nei loro confronti direttamente con la notifica dell’avviso di mora, mediante la semplice indicazione della qualità attribuita (non essendo previsto per quell’atto un particolare obbligo di motivazione), non esclude infatti che la contestazione di detta qualità possa aver luogo anche in occasione della notifica dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, fermo restando per il destinatario l’onere di impugnare il provvedimento, facendo valere in quella sede tutte le sue ragioni, senza limitazione alcuna, al fine di evitare gli effetti preclusivi altrimenti inevitabilmente conseguenti alla definitività dell’accertamento impugnato (Cass., sez 5, 28 luglio 2006, n. 17225).

La qualità di socio di una società in nome collettivo implica la responsabilità illimitata anche per le imposte dovute dalla società, ai sensi dell’art. 2291 c.c., atteso che detta norma opera, in assenza di espressa previsione derogatoria, anche per i rapporti tributari, con riferimento alle obbligazioni dagli stessi derivanti (Cass., 7000/2003; Cass. 6260/2001; Cass. 9955/1998).

Allo stesso modo, ai sensi dell’art. 2313 c.c., i soci di s.a.s. rispondono dei debiti tributari della società, illimitatamente il socio accomandatario e limitatamente alla quota conferita il socio accomandante (sempre che non si sia ingerito non occasionalmente nella gestione sociale – Cass. n. 15161 del 26/06/2009 -).

Pertanto, l’Agenzia delle entrate, in caso dei debiti societari può scegliere o di notificare l’avviso di accertamento Irap o Iva, solo alla società di persone, con emissione di avviso di mora nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, che potranno impugnare, unitamente all’avviso di mora, anche gli atti presupposti (avviso di accertamento emesso nei confronti della società) a lui non notificati (Cass., 5 dicembre 2014, n. 25765) opponendo tutte le ragioni che avrebbe potuto far valere avverso l’avviso di accertamento notificato alla sola società (Cass., 16 maggio 2007, n. 11228), oppure potrà emettere e notificare l’avviso di accertamento sia alla società che ai soci. In tale seconda ipotesi, però, i soci dovranno tempestivamente impugnare tale avviso per contestare la propria qualità di soci o per altra ragione, in mancanza divenendo definitivo tale avviso.

1.4. Inoltre, si è chiarito che, in tema di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto, il socio di società di persone, in caso di cessione della quota, è responsabile per le tutte le obbligazioni sociali, e perciò anche tributarie, esistenti al giorno dello scioglimento del rapporto sociale (artt. 2290,2291,2269 c.c.), sicchè la sua responsabilità è diretta ancorchè sussidiaria (art. 2304 c.c.). Ne consegue che, essendo il debito del socio il medesimo della società, l’amministrazione finanziaria non ha l’obbligo di notificare al socio l’avviso di accertamento o di rettifica dell’IVA, in quanto l’accertamento effettuato nei confronti della società ha effetto anche nei confronti del socio così come il giudicato ottenuto nei confronti della società di persone costituisce titolo esecutivo nei confronti dei singoli soci -, e può quindi limitarsi a notificargli, nella vigenza del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 46, l’avviso di mora ovvero la cartella di pagamento (come nella specie), potendo il contribuente contestare, con l’impugnazione di questo atto, anche l’esistenza e l’ammontare del debito d’imposta, senza che possa ravvisarsi violazione del suo diritto di difesa (Cass., sez. 5, 6 settembre 2006, n. 19188).

1.5. Del resto si è ritenuto che, in materia di contenzioso tributario, nella controversia avente ad oggetto la liquidazione, in base alla procedura di controllo automatico, d’IVA, IRAP e ritenute alla fonte, dovute da una società di persone e risultanti dalla dichiarazione dei redditi, i soci non sono litisconsorti necessari, atteso che l’atto impugnato non comporta alcuna rettifica dei redditi della società e conseguentemente neanche di quelli dei soci, per cui si pone solo una questione di solidarietà passiva ex art. 2313 c.c. (Cass., 11 maggio 2016, n. 9527).

1.5. Pertanto, son solo non v’è stata omessa pronuncia, in quanto il giudice di appello ha accolto in toto il gravame proposto dalla Agenzia delle entrate, sicchè il motivo di impugnazione proposto dal socio nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado deve intendersi implicitamente rigettato, ma il giudicato formatosi sulla natura della Idrocalor s.a., quale società di fatto, e quindi, società di persone non può non riverberare i suoi effetti anche su questo giudizio, avendo il P. partecipato alla controversia relativa agli avvisi di accertamento relativi agli anni 1999, 2000, 2001 e 2002.

1.6. Non può, invece esplicare alcun effetto sulla vicenda in esame il giudicato favorevole al P. (ordinanza Cassazione n. 11647 del 26 maggio 2011, con cui viene respinto il ricorso per cassazione della Agenzia delle entrate) formatosi su giudizio relativo all’anno 1998, proprio in relazione all’Irap ed all’Iva.

Infatti, costituisce principio consolidato giurisprudenziale quello per cui la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità (Cass., sez. 5, 8 aprile 2015, n. 6953; Cass., sez. un., 16 giugno 2006, n. 13916).

Inoltre, le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 c.c., e dalla eventuale sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove gli stessi impediscano – secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 3 settembre 2009, in causa C-2/08 – la realizzazione del principio di contrasto dell’abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema armonizzato di imposta (Cass., sez. 5, 5 ottobre 2012, n. 16996; Cass., sez. 5, 4 maggio 2016, n. 8855; Corte Giustizia, 16 luglio 2020, n. 424).

Peraltro, in relazione all’Irap, la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano contenuto ed entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per quanto attiene a quegli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva una situazione fattuale in uno specifico periodo d’imposta non può estendere i suoi effetti automaticamente ad altro ancorchè siano coinvolti tratti storici comuni – in applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso l’efficacia esterna di un giudicato relativo ad un periodo di imposta IRAP in una controversia riguardante un’altra annualità – (Cass., sez. 5, 9 ottobre 2013, n. 22941).

2. Con il secondo motivo di impugnazione il socio deduce la “omessa motivazione del ruolo e della cartella di pagamento – vizio di omessa pronuncia della Commissione tributaria regionale – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, in quanto nel ricorso introduttivo il contribuente ha eccepito anche la omessa motivazione della cartella di pagamento, che non conteneva alcuna motivazione in ordine alla presunta solidarietà tributaria dei soci della Idrocalor s.a., in quanto era stata omessa l’indicazione delle ragioni di fatto e di diritto per cui i soci sono considerati obbligati solidali. Tale questione, ritenuta assorbita dal giudice di prime cure, è stata però riproposta dal contribuente in sede di controdeduzioni di appello.

2.1. Tale motivo è infondato.

Invero, il giudice di appello ha accolto in toto il gravame proposto dalla Agenzia delle entrate, con la conseguente legittimità degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società di fatto Idrocalor, da considerarsi dunque quale società di persone. Pertanto, implicitamente risulta rigettata anche la questione sottoposta al giudice di appello dal contribuente in sede di controdeduzioni.

Inoltre, la cartella di pagamento deve essere motivata esclusivamente nei limiti imposti dal modello ministeriale ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2.

Nella specie, nella cartella si dava conto della responsabilità solidale dei soci, che evidentemente derivava dalla natura di società di fatto, e quindi di persone, della Idrocalor s.a. Tale motivazione è sufficiente a rendere edotto il contribuente del contenuto della pretesa tributaria, tanto più che il P. aveva preso parte ai giudizi da lui stesso intentati avverso i quattro avvisi di accertamento emessi nei confronti della società. La cartella è stata emessa proprio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, ossia in base al principio della esecuzione frazionata sancito in tale disposizione.

3. Le spese del giudizio di legittimità, in base al principio della soccombenza, vanno posto a carico del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rimborsare in favore della Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessi Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 1, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2020

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