Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26535 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. I, 17/10/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 17/10/2019), n.26535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17926/2018 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliato in Roma P.za Apollodoro

26 presso lo studio dell’avvocato Filardi Antonio che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Zotti Antonella;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del ministro p.t., elettivamente

domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di SALERNO, depositata il

24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2019 da NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Salerno, reiettivo del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che si difende con controricorso il Ministero intimato.

Diritto

CONSIDERATO

– che, in via pregiudiziale, il ricorrente pone questioni di legittimità costituzionale:

a) con la prima, lamenta l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, così come convertito dalla L. n. 46 del 2017, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1 e art. 77 Cost., comma 2, per mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza nell’emanazione dello stesso decreto legge, per quanto concerne il differimento della sua entrata in vigore;

b) con la seconda, deduce l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., comma 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per Cassazione sia di trenta giorni a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado;

c) con la terza, deduce l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, n. 3 septies, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, essendo stata eliminata la possibilità di proporre appello avverso le decisioni del tribunale;

d) con la quarta, deduce l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, laddove prevede che la procura debba essere conferita in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato per cassazione;

– che il primo effettivo motivo deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, per non essere stata fissata l’udienza di audizione delle parti;

– che il secondo effettivo motivo censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, t.u. immigrazione, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto non sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria;

– che le questioni di illegittimità costituzionale sono manifestamente infondate;

– che, infatti, questa Corte ha già chiarito che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, conv. con modifiche in L. n. 46 del 2017, per difetto dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza poichè la disposizione transitoria – che differisce di 180 giorni dall’emanazione del decreto l’entrata in vigore del nuovo rito – è connaturata all’esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime” (Cass. n. 17717/2018);

– che, del pari, si è già precisato come “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, relativa all’eccessiva limitatezza del termine di trenta giorni prescritto per proporre ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale, poichè la previsione di tale termine è espressione della discrezionalità del legislatore e trova fondamento nelle esigenze di speditezza del procedimento” (Cass. n. 17717/2018);

– che è stato costantemente ribadito da questa Corte, oltre che dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 30 luglio 1997, n. 288, che “l’ordinamento costituzionale non impone il doppio grado di giurisdizionale, lasciando libero il legislatore di fissare deroghe in proposito, ove giustificate da criteri obiettivi e ragionevoli, che riguardino, senza discriminazioni, tutte le situazioni di un determinato tipo” (Cass. n. 7409/1983; in tal senso e multis Cass. n. 13617/2012; Cass. n. 6225/2010);

– che, ancora, “E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poichè tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3” (Cass. n. 17717/2018);

– che il primo effettivo motivo di ricorso è manifestamente infondato, già in punto di fatto, avendo invero il tribunale ha fissato l’udienza di comparizione delle parti, onde il motivo appare addirittura decettivo, anche nella pretesa di sottoporre al riguardo questione di costituzionalità;

– che il secondo effettivo motivo è manifestamente inammissibile, intendendo riproporre un giudizio sul fatto, laddove il tribunale ha ritenuto il richiedente non credibile, con diffusa motivazione delle ragioni di ciò, ed ha precisato che egli neppure allega una situazione di speciale vulnerabilità nè di compromissione dei suoi diritti umani nel paese di provenienza;

– che le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 2.200,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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