Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26533 del 23/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 23/11/2020), n.26533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 13463-2014 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo

studio dell’Avvocato RAFFAELE LAURETTA, che lo rappresenta e difende

assieme all’Avvocato SANTINA D’ERAMO giusta procura speciale estesa

in calce ai ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

Equitalia Sud S.p.a

– intimata –

avverso la sentenza n. 429/3/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 29/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 3/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

T.M. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto parzialmente l’appello avverso la sentenza n. 286/32/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma in rigetto del ricorso proposto avverso cartella di pagamento, avente ad oggetto somme relative alla sentenza emessa dalla CTP di Roma n. 559/19/02 per la riscossione di imposte di successione, imposte complementari, INVIM ed accessori, passata in giudicato, nonchè l’impugnazione della nota dell’Agenzia delle entrate con la quale era stato espresso il diniego della definizione della lite fiscale pendente sul ricorso;

l’Agenzia delle entrate si è costituita al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione;

il ricorrente ha infine depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. con il primo mezzo si censura la sentenza denunciando, in rubrica, “omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla mancata decisione in merito ad un motivo sostenuto dal ricorrente affinchè fosse dichiarata valida la domanda di definizione delle liti fiscali pendenti. Violazione e falsa applicazione D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12″, lamentando in particolare il ricorrente che la CTR avesse affermato che l’atto impositivo, portato a conoscenza del contribuente solo con la cartella impugnata in esame, fatta eccezione per la parte relativa alle sanzioni, fosse escluso dalla definizione delle liti pendenti definibili ai sensi del citato art. 39;

1.2. con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in rubrica, ” omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla mancata notificazione dell’atto prodromico alla cartella di pagamento numero (OMISSIS). Violazione e falsa applicazione di una norma di diritto – Violazione e falsa applicazione L. n. 890 del 1972, art. 7, comma 6, e ss. integr. e mod.- Violazione e falsa applicazione L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5″;

1.3. si lamenta, in particolare, che la CTR abbia ritenuto validamente effettuata la notifica a mezzo posta dell’avviso di liquidazione pur non essendo stato consegnato l’atto al destinatario ma a persona qualificatasi come “al servizio del destinatario”;

1.4. le censure, da esaminare congiuntamente, vanno disattese;

1.5. va richiamato il principio più volte affermato da questa Corte (cfr. Cass. nn. 26134/2016, 14865/2012), secondo cuì in materia di notificazione eseguita dall’agente postale, la corrispondente relata fa fede, fino a querela di falso, per le attestazioni che riguardano l’attività svolta e le dichiarazioni ricevute dall’agente postale, sicchè la dichiarazione del ricevente (nella specie, di essere “assistente al servizio del destinatario”), secondo l’attestazione posta dall’agente sulla relazione di notificazione, legittima una presunzione semplice di conformità al vero di quanto dichiarato, che spetta al destinatario vincere allegando e provando il contrario;

1.6. la sentenza impugnata va quindi esente da censure in quanto, se non era necessario proporre querela di falso circa la qualità del consegnatario, il contribuente, tuttavia, non deduce di aver superato la presunzione del fatto che il consegnatario fosse davvero persona al suo servizio, essendo la prova a suo carico, con conseguente onere di dedurre se, quando e come egli si fosse offerto di dimostrare il superamento della presunzione;

1.7. va poi in ogni caso evidenziato che il contribuente risulta aver ricevuto personalmente la raccomandata informativa, tanto da averla immediatamente contestata, al che consegue il raggiungimento dello scopo;

1.8. considerato dunque che la cartella era stata preceduta dall’atto impositivo, ritualmente notificato, al contribuente era preclusa la contestazione circa la definizione della pretesa per condono (ancorchè di natura meramente liquidatoria) in quanto portata per la prima volta a sua conoscenza proprio con la cartella stessa;

2.1. con il terzo mezzo si censura la sentenza denunciando, in rubrica, “violazione e falsa applicazione di una norma di diritto – violazione e falsa applicazione D.L. n. 98 del 2011, art. 30 9, comma 12” per avere la CTR parzialmente accolto l’appello affermando erroneamente che solo una parte della lite pendente fosse condonabile, quella relativa alle sanzioni contenute nell’avviso di accertamento;

2.2. va premesso che anche a volere ritenere, in linea generale, che l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione possa ritenersi definibile per condono, quando contenente l’accertamento di maggior valore dei cespiti ereditari (cfr. Cass. nn. 31804/2019, 20898/2014), nella specie l’avviso di liquidazione non era comunque definibile perchè rinveniente da sentenza CTP 559/19/02 passata in giudicato (come trovasi affermato in sentenza dalla CTR);

2.3. va poi evidenziato che l’istanza di definizione in oggetto è stata proposta ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 2, conv. in L. n. 111 del 2011, disposizione, quest’ultima, che richiama – salvo alcune specificazioni – la regolamentazione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16;

2.4. diversamente da quanto sostenuto dall’appellante-odierno ricorrente, il Collegio ritiene che si attagli alla concretezza della fattispecie il principio – elaborato dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo alla disciplina testè richiamata – secondo cui, in tema di condono fiscale, non è configurabile come “lite pendente” ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 3, lett. a), e non è perciò suscettibile di definizione agevolata, la controversia instaurata in relazione ad un atto con il quale l’ufficio finanziario abbia svolto un’attività meramente liquidatoria e non accertativa, rettificativa, impositiva del tributo (ex multis: Cass. 13136/2016, 23250/2015, 2598/2012; 8196/2011);

2.5. posto che il carattere meramente liquidatorio, e non impositivo, dell’atto deve essere desunto dal contenuto sostanziale e dalla funzione di quest’ultimo, non già dalla sua rubricazione nominale e qualificazione formale (cfr. Cass. 20731/10; Cass. 4129/09), la peculiarità del caso è data dal fatto che l’avviso di liquidazione in oggetto si limita ad applicare – sulla base di elementi e parametri prefissati dalla sentenza della CTP di Roma n. 559/19/02, emessa inter partes, in giudicato, in assenza di qualsivoglia valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, che aveva unicamente rideterminato i criteri di computo dei valori di cui in dichiarazione, come riconosciuto dallo stesso ricorrente – l’imposta di successione commisurata al valore dei beni indicati in dichiarazione, senza esprimere alcuna opzione prettamente impositiva sulla tipologia del presupposto imponibile e sul regime di imposizione conseguentemente ritenuto ad esso applicabile;

2.7. ne consegue che la controversia è scaturita da un atto con il quale l’amministrazione si è limitata a ‘conteggiarè il dovuto sulla base del dictum di una pronuncia passata in giudicato, e la contestazione del contribuente verteva appunto, come illustrato in ricorso, sulla correttezza ‘matematicà dei conteggi eseguiti per la liquidazione, senza necessità di accertamenti o rettifiche di sorta;

2.8. essendosi limitato, pertanto l’Ufficio a stabilire l’entità dell’imposta sulla base dei criteri stabiliti dal Giudice, senza disconoscerli nè rettificarli in vista dl una maggiore pretesa impositiva, l’attività dell’amministrazione deve ritenersi essersi esaurita nella mera liquidazione, e non ad un’operazione direttamente conseguita ad un atteggiamento tipicamente impositivo;

2.9. la conclusione qui accolta si pone nell’ambito del consolidato orientamento di legittimità formatosi sulla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, in base al quale – ai fini della nozione di ‘lite pendentè – l’immediata liquidazione di un tributo è consentita soltanto sulla base di elementi emergenti de plano dalla dichiarazione, e presuppone, pertanto, la mancanza non soltanto di rettifiche di valore, ma anche di valutazioni giuridiche, in modo tale che la definizione dell’atto come avviso di liquidazione non vale di per sè ad escludere la sua natura di atto impositivo, quando esso sia destinato ad affermare, per la prima volta, nel confronti del contribuente, la pretesa fiscale sulla base di valutazioni non consistenti nella mera rilevazione di dati dall’atto sottoposto ad imposizione (Cass. 4129/09, in materia di imposta dl registro);

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va respinto;

4. nulla sulle spese stante la mancanza di attività difensiva dell’Agenzia delle entrate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, tenutasi in modalità d. remoto secondo quanto disposto dai decreti del Primo Presidente nn. 76/2020 e 97/2020, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2020

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