Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26533 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/10/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 17/10/2019), n.26533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11487-2018 proposto da:

A.F., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

VINCENZO PICCARDI 4, presso lo studio dell’avvocato CORRADO

PASCASIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCO CAMPIONE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DIFESA (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il

17/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/05/2019 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Perugia, con decreto del 17 ottobre 2017, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da A.F. ed altri innanzi ad essa ed avente ad oggetto domanda di equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio amministrativo svoltosi davanti al Consiglio di Stato. La Corte di Perugia ha osservato come il ricorso fosse stato proposto nei confronti del Ministero della Difesa e notificato al Ministero della Giustizia presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, e non proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, legittimato passivo rispetto alla domanda di equa riparazione.

Per la cassazione di questo decreto A.F. ed altri hanno proposto ricorso affidato ad un motivo, rimanendo intimato senza svolgere attività difensive il Ministero della Difesa, mentre ha resistito con controricorso il Ministero della Giustizia.

L’unico motivo del ricorso consiste nella denuncia di violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, sostenendosi che la Corte d’Appello di Perugia avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso introduttivo, deducendo in subordine l’illegittimità costituzionale di tale norma.

Nell’iniziale adunanza ex art. 380 bis c.p.c. del 6 dicembre 2018, stante altresì l’istanza dei ricorrenti di trattazione congiunta con altri giudizi di cassazione, questa Corte dispose rinvio a nuovo ruolo anche per l’acquisizione del fascicolo d’ufficio del procedimento svolto davanti alla Corte d’Appello di Perugia, dovendo procedere all’esame diretto degli atti di causa della fase pregressa.

Su nuova conseguente proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la derivante definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In via pregiudiziale, non va disposta la riunione tra i giudizi contraddistinti come R.G. 11470/2018, R.G. 11487/2018 e R.G. 11497/2018, tutti pendenti innanzi alla Corte di Cassazione, e fissato per la stessa adunanza camerale, trattandosi di ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi senza identità di parti. Pur attenendo le cause connesse ad identiche questioni di diritto, la riunione non perseguirebbe alcun obbiettivo utile in termine di economia e minor costo dei tre giudizi, nè favorirebbe la loro ragionevole durata.

Il ricorso è infondato.

Ove la domanda di equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, sia notificata per errore, come nella specie, al Ministero della Giustizia, anzichè al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che sia parte effettiva della causa (ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 2), trova comunque applicazione la L. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4, invero operante (secondo l’insegnamento di Cass. Sez. U, 29/05/2012, n. 8516) anche quando l’errore d’identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, seppure, in forza del principio dell’effettività del contraddittorio, la sua applicabilità rimane circoscritta al profilo della rimessione in termini, con esclusione, dunque, di ogni possibilità di “stabilizzazione” nei confronti del reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e del conseguente giudizio. L’erronea individuazione dell’organo dell’amministrazione statale legittimato a resistere determina, in sostanza, non la mancata instaurazione del rapporto processuale, bensì una mera irregolarità, perciò sanabile, L. n. 260 del 1958 ex art. 4, attraverso la rinnovazione dell’atto nei confronti dell’organo indicato dal giudice, oppure mediante la costituzione in giudizio dell’Amministrazione, che non abbia sollevato eccezioni al riguardo, o ancora per la mancata deduzione di uno specifico motivo d’impugnazione (si vedano anche Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4690; Cass. Sez. 6 – 2, 21/06/2013, n. 15691).

L’adita Corte d’Appello, all’udienza del 13 febbraio 2017, su richiesta dei ricorrenti, aveva rinviato all’udienza del 3 luglio 2017, assegnando termine perentorio fino al 31 marzo 2017 per rinnovare la notifica. All’udienza del 3 luglio 2017 era tuttavia presente ancora il Ministero della Giustizia, nè risulta che i ricorrenti avessero espletato la tempestiva rinnovazione disposta nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ovvero richiesto l’assegnazione di un ulteriore termine per l’adempimento, deducendo che l’esito negativo del procedimento notificatorio fosse dipeso da un fatto non imputabile a loro negligenza. A ciò consegue la corretta declaratoria di inammissibilità della domanda disposta dalla Corte d’Appello di Perugia.

Il ricorso va quindi rigettato, regolandosi secondo soccombenza le spese del giudizio di cassazione nei confronti del Ministero della Giustizia, mentre il Ministero della Difesa non ha svolto attività difensive.

Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento in favore del controricorrente Ministero della Giustizia delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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