Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26532 del 19/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 19/10/2018, (ud. 10/07/2018, dep. 19/10/2018), n.26532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

T. CONSERVE DEI FRATELLI T. & D.F. G. SRL IN

LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MONTESANTO COSTANTINO ANTONIO;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA (OMISSIS), in persona del

Responsabile del Contenzioso Esattoriale, elettivamente domiciliata

in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato COPPOLA MARIA;

– controricorrente –

contro

SCATOLIFICIO SALERNITANO SRL, C.R.;

– intimati –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE,

depositato il 22/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/07/2018 dal Consigliere Dott.ssa RUBINO LINA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. T. Conserve s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi contro Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., Scatolificio Salernitano s.r.l. e avv. C.R., avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Nocera Inferiore depositato il 22.11.2016.

2. La sola Equitalia resiste con controricorso.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati agli avvocati delle parti costituite.

4. Non sono state depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il Collegio condivide le valutazioni contenute nella proposta del

relatore nel senso della inammissibilità del ricorso.

2. la vicenda trae origine da una procedura esecutiva portata avanti dall’interveniente Equitalia, in cui non si era tenuto conto di un importo da portare in detrazione.

All’interno della procedura esecutiva, la debitrice dapprima eccepiva l’esistenza di varie irregolarità, chiedendo la sospensione della vendita, e l’istanza veniva rigettata dal giudice dell’esecuzione. La debitrice proponeva reclamo contro il provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione e poi un secondo reclamo. Rigettati entrambi, proponeva opposizione chiedendo l’annullamento del decreto di aggiudicazione, quindi proponeva opposizione al decreto di trasferimento. Il giudice dell’esecuzione si riservava e a scioglimento della riserva emetteva il provvedimento in questa sede impugnato con il quale, senza fissare l’inizio della fase di merito, rigettava l’opposizione liquidando le spese.

La ricorrente, attribuendo al provvedimento impugnato valore e forza di sentenza, lo impugna direttamente con ricorso per cassazione deducendo:

– la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 100,101,485,569 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

– la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 100,101,499 c.p.c., art. 563 c.p.c., e s.s., artt. 24 e 101 Cost., sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Non si procede oltre nell’esame dei motivi in quanto il ricorso deve essere dichiarato in limine inammissibile, essendo stata impugnata una ordinanza del giudice dell’esecuzione e non un provvedimento decisorio del giudice della cognizione.

Secondo la più che consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, in materia di opposizione agli atti esecutivi, l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione definisce la fase sommaria ai sensi dell’art. 618 c.p.c., comma 2, concedendo (o meno) i provvedimenti di cui al primo inciso della citata norma, ma omettendo di fissare il termine perentorio per l’iscrizione a ruolo della causa di merito, non è impugnabile con il ricorso straordinario previsto dall’art. 111 Cost., comma 7, giacchè tale ordinanza, anche quando il giudice dell’esecuzione abbia provveduto sulle spese di lite, è priva del carattere della definitività (Cass. n. 25111 del 2015).

Il principio è stato ribadito di recente da Cass. n. 12170 del 2016, la cui massima così recita: “In tema di opposizioni esecutive ex art. 615 c.p.c., comma 2, artt. 617 e 619 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, chiudendo la fase sommaria, liquidi le spese ma ometta, al contempo, di fissare il termine per l’introduzione del giudizio a cognizione piena, è inammissibile atteso che, da un lato, il provvedimento conclusivo della fase sommaria, pur dovendo contenere necessariamente la statuizione sulle spese, in sè riesaminabile nel giudizio di merito, è privo del carattere di definitività, mentre, dall’altro, la mancata indicazione del termine entro cui introdurre la successiva eventuale fase di merito può essere sanata richiedendo l’integrazione del provvedimento, ex art. 289 c.p.c., ovvero introducendo autonomamente il giudizio a cognizione piena, in mancanza delle quali il procedimento si estingue ex art. 307 c.p.c. con conseguente impossibilità di rimettere in discussione la statuizione sulle spese”.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Liquida le spese legali in Euro 10.200,00 per compensi, oltre 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 10 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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