Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26531 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. I, 12/12/2011, (ud. 04/11/2011, dep. 12/12/2011), n.26531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Grazia – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso l’avvocato NOTARO

GIANCARLO, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

L.M.E. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 109, presso l’avvocato

D’ANDREA LUCIANO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3732/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/11/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato NOTARO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato D’ANDREA che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, notificato il 4 dicembre 2008, L.M. E. conveniva S.L. davanti alla Corte d’Appello di Roma al fine di sentire dichiarare l’efficacia nella Repubblica italiana della sentenza emessa in data 6 marzo 2007 dal Tribunale Ecclesiastico Regionale del Lazio, confermata con decreto del 128 marzo 2008 dal Tribunale Ecclesiastico di Appello del Vicariato di Roma e resa esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica il 14 luglio 2008, con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio religioso, con rito concordatario, contratto dalle parti il (OMISSIS), trascritto nei registri dello stato civile del medesimo Comune.

Alla prima udienza del 19 marzo 2009, si costituiva la S., opponendosi all’accoglimento della domanda e richiedendo, in via subordinata all’eventuale dichiarazione di efficacia della sentenza straniera, la condanna del L. a corrisponderle una congrua indennità, ai sensi degli artt. 129 e 129-bis cod. civ..

L’attore eccepiva l’inammissibilità della domanda subordinata della convenuta.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza 3732/09, dichiarava l’efficacia nella Repubblica italiana della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio intercorso tra le parti e dichiarava inammissibile la domanda subordinata della S..

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la S. sulla base di due motivi cui resiste con controricorso il L..

La Corte, in camera di Consiglio, ha optato per la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la S. lamenta che la Corte di merito non abbia verificato l’esistenza di violazione di principi dell’ordine pubblico italiano in relazione alla violazione della tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole derivante da una simulazione unilaterale del L. relativa alla non accettazione del principio del vincolo di indissolubilità del matrimonio, non conosciuta nè conoscibile da essa ricorrente.

Con il secondo motivo lamenta il vizio di motivazione della sentenza, basata esclusivamente sulle argomentazioni della controparte senza aver tenuto conto delle ragioni dell’altra.

I due motivi, tra loro strettamente collegati, possono essere esaminati congiuntamente.

Gli stessi sono per certi versi infondati e per altri inammissibili.

La Corte d’appello ha applicato correttamente alla fattispecie in esame il principio più volte espresso da questa Corte secondo cui la declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale ecclesiastico che abbia pronunciato la nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di un coniuge, dell’indissolubilità del vincolo postula che tale divergenza sia stata manifestata all’altro coniuge ovvero che questi l’abbia effettivamente conosciuta o che non l’abbia conosciuta per propria negligenza, atteso che, ove non ricorra alcuna di tali situazioni, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà con l’ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale della tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole. Ai fini di tale accertamento possono assumere rilievo, ove supportate da circostanze soggettive e oggettive idonee a conferire loro credibilità, anche le testimonianze “de relato ex parte actoris” assunte nel corso del procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici, tenuto conto che le dichiarazioni della parte costituiscono l’unico mezzo attraverso il quale lo stato soggettivo della stessa, non altrimenti conoscibile, viene esternato e può essere conosciuto dai terzi. (Cass 3709/08; Cass 2467/08;Cass 27078/05).

In applicazione di detto principio la Corte d’appello ha effettuato un nuovo vaglio delle risultanze del processo ecclesiastico rilevando che tutti i testi escussi hanno riferito che prima delle nozze il L. aveva ripetutamente riferito di non ritenere il vincolo matrimoniale indissolubile ed affermato che, in caso di disaccordi matrimoniali, avrebbe chiesto il divorzio. Tali orientamenti il L. aveva anche espresso per iscritto prima del matrimonio in una lettera inviata all’avv.to Cassare.

Alla luce di dette risultanze la Corte d’appello ha ritenuto del tutto attendibili le dichiarazione del L. di avere manifestato il proprio orientamento alla futura moglie la quale condivideva le sue idee circa un possibile scioglimento del matrimonio, conseguentemente ha reputato che la S. avesse consapevolezza o potesse ragionevolmente averla degli orientamenti del futuro marito e che, pertanto, la sentenza ecclesiastica fosse suscettibile di delibazione in quanto non contraria all’ordine pubblico italiano.

La Corte d’appello, contrariamente a quanto asserito in particolare con il secondo motivo dalla ricorrente, ha anche tenuto conto delle dichiarazioni di segno contrario rese da quest’ultima nel corso del giudizio, ma ha ritenuto che queste, a differenza di quelle del L. non fossero suffragate da alcun elemento probatorio a sostegno e ne ha pertanto escluso l’attendibilità.

Sul punto, dunque, non vi è alcun difetto motivazionale, avendo la Corte d’appello spiegato, sia pur sinteticamente, le ragioni per cui le dichiarazioni della S. non erano attendibili.

Quanto al resto, la ricorrente propone a questa Corte una rivalutazione delle risultanze istruttorie, in tal modo investendo inammissibilmente il merito della decisione impugnata e chiedendo un nuovo esame degli elementi di fatto, inibito in sede di legittimità.

Il ricorso va pertanto rigettato.

La ricorrente va di conseguenza condannata al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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