Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26530 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. I, 12/12/2011, (ud. 04/11/2011, dep. 12/12/2011), n.26530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Grazia – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31443-2007 proposto da:

C.M. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DI PRISCILLA 4, presso l’avvocato PAGLIARO MARIA PIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CAROSELLI OSCAR, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso l’avvocato MORGANTI PIETRO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PESCI FERRARI

RAIMONDA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 945/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 30/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/11/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ALBERTO GALLI, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato MORGANTI che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 29/5/2007, F.G. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Parma del 8/10 novembre 2006 che aveva pronunciato la separazione personale di essa ricorrente dal marito C.M., affidato i figli minori alla madre, regolamentando i tempi di visita e di permanenza degli stessi presso il padre, stabilito a carico di quest’ultimo l’obbligo di contribuire al mantenimento dei minori con la somma mensile di Euro 1.033,00, rigettato la domanda di assegno di mantenimento per la moglie e compensato le spese del giudizio tra le parti. Il Tribunale osservava: che dalle risultanze istruttorie era emerso che i rapporti tra le parti si fossero incrinati subito dopo la nascita della figlia Fe. (avvenuta nel (OMISSIS)), tanto che i coniugi, rivoltisi al legale per una separazione consensuale, vi avevano poi rinunciato per i figli;che era emerso, inoltre, che già prima del settembre 2000 la F. intrattenesse rapporti con un uomo di circa trentacinque anni, amico comune della coppia, con il quale si incontrava fuori (OMISSIS); che con tale comportamento – del quale la F. era pienamente consapevole, non avendo chiesto alcun contributo di mantenimento per sè – la convenuta aveva violato l’obbligo di fedeltà.

Conseguentemente pronunciava la separazione con addebito nei confronti della F. con esclusione di ogni contributo per il di lei mantenimento a carico del marito. Disponeva, inoltre, che i figli minori M. e Fe. andavano affidati alla madre, come da richiesta concorde di entrambi i genitori e a carico del C. andava posto l’obbligo di contribuire al mantenimento della prole con la somma mensile di Euro 1.033,00, proporzionata al reddito percepito dal C. di Euro 3.000,00 mensili.

Proponeva appello la F. chiedendo la riforma della sentenza, nel senso di escludere l’addebito della separazione nei suoi confronti e di porre a carico del marito l’obbligo di contribuire al suo mantenimento con la corresponsione della somma di Euro 1.200,00.

Si costituiva C.M., chiedendo la conferma della sentenza.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza 945/07, in parziale riforma della sentenza di primo grado rigettava la domanda di addebito nei confronti della F. e poneva a carico del C. il versamento di un assegno mensile di Euro 350,00 in favore della F..

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il C. sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso la F..

La Corte,in camera di Consiglio ha optato per la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza d’appello per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto controverso della addebitabilità della separazione.

Con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., da inquadrarsi nella previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul punto controverso della addebitabilità della separazione non avendo la Corte d’appello preso in esame tutti gli aspetti della vicenda.

Con il terzo motivo, censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 151 c.c. nonchè per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sempre sul punto controverso della addebitabilità della separazione.

Secondo il ricorrente la violazione dell’art. 151 c.c. da parte della Corte bolognese sarebbe consistita nel ritenere “irrilevanti ai fini dell’addebitabilità, comportamenti successivi alla separazione di fatto”.

Il primo motivo del ricorso è inammissibile.

La Corte d’appello ha escluso l’addebitabilità della separazione alla F. rilevando: che dalla dichiarazione della teste Ca. era emerso che i rapporti tra i coniugi erano divenuti difficili dopo la nascita della figlia; che per ammissione dello stesso C. la convivenza con la moglie era cessata nel settembre 2000; che l’infedeltà della moglie risultava accertata solo nel 2002 o 2003, quando, cioè, la comunione materiale e spirituale tra i coniugi doveva ritenersi ormai cessata onde la detta infedeltà non poteva considerarsi la causa della rottura matrimoniale.

Tale argomentazione appare corretta sotto il profilo logico-giuridico e basata su un esame attento delle risultanza processuali e, come tale, non appare suscettibile di sindacato in sede di legittimità.

Le censure che il ricorrente muove a tale motivazione tendono a valorizzare il contenuto di altre testimonianze in tal modo investendo inammissibilmente il merito della decisione e chiedendo a questa Corte di effettuare degli accertamenti in fatto che le sono inibiti.

Deve aggiungersi che, ai fini della adeguatezza della motivazione, il giudice di merito non è tenuto a motivare in ordine a tutte le risultanze probatorie acquisite in giudizio, ma è tenuto solo a motivare in ordine a quegli elementi ritenuti necessari e rilevanti ai fini del decidere, onde la mancanza di motivazione su alcune deposizioni testimoniali non significa di per sè una insufficienza di motivazione.

Del resto, va osservato che le deposizioni dei testi riportate nel primo motivo di ricorso non risultano addurre elementi in contrasto con la motivazione della Corte d’appello.

Il teste C.V. ha, infatti, confermato che la convivenza dei coniugi era di fatto cessata quando il padre della F. si era infortunato e la figlia si era recata presso la sua abitazione senza tornare poi più a casa del marito, trasferendosi successivamente a (OMISSIS). Il teste F., padre della resistente, ha confermato le predette circostanze affermando che dopo pochi anni di matrimonio i rapporti tra i coniugi si erano deteriorati e che il genero non era quasi mai a casa.

Il teste c. si è limitato a dire, senza alcuna precisazione temporalesche il C. si lamentava della moglie alla quale attribuiva infedeltà e la responsabilità nel deterioramento dei rapporti.

In conclusione i testi C. e F. hanno ribadito le stesse circostanze accertate dalla Corte d’appello, mentre il teste c. si è limitato a riferire in modo assolutamente generico e non circostanziato quanto dettogli dallo stesso ricorrente.

Anche il secondo motivo è inammissibile.

Lo stesso si duole che la Corte d’appello non abbia esaminato gli altri aspetti di addebitabilità dedotti quali la violazione dei doveri di coabitazione ed assistenza.

Invero, tale motivo appare del tutto nuovo perchè non avendo espressamente la Corte d’appello motivato su tale punto, il ricorrente avrebbe dovuto, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso, dedurre di avere proposto tale questione nel giudizio di primo grado e di averla riproposta in appello, ma nulla di tutto ciò si rinviene invece nel ricorso.

Il terzo motivo è infondato.

Se infatti non costituisce causa di addebitabilità la violazione dell’obbligo di fedeltà prima della separazione quando non sia stata la causa del fallimento dell’unione coniugale, a maggior ragione deve ritenersi che non lo sia l’infedeltà successiva alla separazione. Il ricorso va pertanto rigettato.

Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 si dispone che in caso di diffusione della presente sentenza vengano omessi le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti e dei soggetti in essa citati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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