Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26528 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. III, 20/11/2020, (ud. 02/10/2020, dep. 20/11/2020), n.26528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – rel. Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32799-2018 proposto da:

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA DUNANT 15, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO SCHEPIS,

rappresentato e difeso dall’avvocato VALERIA LIUZZO;

– ricorrente –

contro

I.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

MIRABELLO 14, presso lo studio dell’avvocato MARILENA TORRE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO VINCENZO ALFANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 956/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 26/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/10/2020 dal Consigliere Dott. SESTINI DANILO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

I.F. convenne in giudizio la ENEL Distribuzione s.p.a. per sentir accertare che da un traliccio collocato dalla stessa a circa 5 metri di distanza dal suo appartamento provenivano immissioni elettromagnetiche superiori ai limiti consentiti e per sentir condannare la convenuta alla diversa allocazione del traliccio e alla messa in sicurezza delle linee elettriche aeree ed in cavo;

la società Enel Distribuzione resistette alla domanda; il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto escluse la sussistenza di immissioni pericolose, ma accolse parzialmente la domanda condannando la convenuta a dotare di idonea recinzione il traliccio e, compensate per metà le spese di lite, condannò l’ENEL al pagamento della restante metà;

la Corte di Appello di Messina ha rigettato il gravame dell’ENEL, confermando la sentenza di primo grado e condannando la soccombente al pagamento delle spese del grado;

ha proposto ricorso per cassazione ENEL Distribuzione s.p.a., affidandosi a sette motivi illustrati da memoria; l’intimato ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo che entrambi i giudici di merito hanno accolto la domanda “trascendendo da quelle che erano le effettive richieste dell’attore”, così violando la previsione dell’art. 112 c.p.c. e determinando la nullità della sentenza; deduce che la tutela richiesta dall’attore era correlata esclusivamente a supposti pregiudizi conseguenti ad inquinamento elettromagnetico e non era volta garantire la sicurezza dell’incolumità pubblica (con le misure di cui il c.t.u. aveva segnalato l’opportunità); contesta, in particolare, che la domanda potesse essere desunta dal collegamento fra la narrativa punti c) ed f)- e le conclusioni dell’atto di citazione attoreo;

il motivo è inammissibile alla luce del principio secondo cui “l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata ed era compresa nel “thema decidendum”, tale statuizione, ancorchè erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea. In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come “error in procedendo”, ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte” (Cass. n. 20718/2018; conformi Cass. n. 3702/2006, Cass. n. 8953/2006), “sicchè detto errore può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di atto processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione” (Cass. n. 2630/2014; conforme Cass. n. 21874/2015), nei limiti in cui tale vizio risulta deducibile ai sensi del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

il motivi secondo, terzo, quarto e quinto censurano la sentenza nella parte in cui, dopo aver rilevato che “il libero accesso per chiunque al traliccio per cui è causa consentito dalla prossimità dello stesso tanto alle vie pubbliche quanto all’immobile dell’ I. costituisce una potenziale pericolosità che risulta quindi positivamente accertata in giudizio”, ha osservato che “il fondamento della domanda dell’attore trova quindi riscontro (…) nelle norme a tutela della proprietà privata e dell’incolumità personale di cui p. es. all’art. 1171 c.c. e art. 2050 c.c.”;

col secondo motivo (che denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, dell’art. 113 c.p.c. e dell’art. 1171 c.c.), si rileva che nella fattispecie in esame non è ravvisabile alcuno degli elementi della denuncia di nuova opera, dovendosi escludere – peraltro – che il richiamo all’art. 1171 c.c., abbia avuto funzione meramente esemplificativa;

il terzo motivo (che deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1171 c.c.) evidenzia che “la Corte ha erroneamente supposto fatti mai dedotti dall’attore quali devono ritenersi una condotta umana illecita, un’opera nuova e vieppiù un’opera non ultimata”;

col quarto motivo (concernente la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c., dell’art. 12 preleggi e dell’art. 2050 c.c.), la ricorrente rileva che, mediante il richiamo a Cass. n. 10300/2007, la Corte di merito ha erroneamente ritenuto applicabile al caso di specie la previsione dell’art. 2050 c.c., ciò facendo -peraltro – in difetto del necessario presupposto dell’esistenza di un danno;

il quinto motivo (che denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2050 c.c.) censura la sentenza perchè, ritenendo di “accogliere la domanda, previa sua qualificazione, ai sensi dell’art. 2050 c.c., affida il suo pronunciamento ad un fatto mai dedotto dall’attore” (il quale, anzi, aveva fatto riserva di agire separatamente per il risarcimento dei danni);

i motivi sono tutti inammissibili per difetto di interesse, in quanto non risultano pertinenti al contenuto della decisione impugnata: in effetti, lungi dal ritenere configurabile nei fatti dedotti dall’ I. un’ipotesi di denuncia di nuova opera o un caso di responsabilità per esercizio di attività pericolose, la Corte di merito ha richiamato le norme di cui all’art. 1171 c.c. e art. 2050 c.c. a titolo meramente esemplificativo (come risulta chiaramente dalla indicazione “p. es.” che compare nell’espressione che individua i suddetti articoli); in altri termini, la Corte ha indicato due norme paradigmatiche poste a tutela della proprietà privata e dell’incolumità personale, al fine di sottolineare la rilevanza della potenziale pericolosità della mancanza di recinzione, ma non ha inteso -con ciò- fare concreta applicazione delle norme richiamate e degli istituti da esse disciplinati; nè può valere, in senso contrario, la circostanza che la sentenza abbia trascritto la massima di Cass. n. 10300/2007, giacchè ciò non è avvenuto al fine di ritenere integrata un’ipotesi di responsabilità ex art. 2050 c.c., ma esclusivamente per sostenere -atteso il contenuto della massima- la necessità di adottare cautele volte ad evitare possibili pregiudizi anche a fronte di situazioni non qualificate come pericolose da specifiche norme;

il sesto motivo denuncia la “nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4”, sull’assunto che la pronuncia impugnata presenta una motivazione meramente apparente che non consente di comprendere perchè l’attività dell’ENEL sia stata considerata pericolosa;

il motivo è infondato giacchè, avendo il riferimento all’art. 2050 c.c., una finalità meramente esemplificativa della rilevanza che l’ordinamento riconosce all’adozione di cautele volte a tutelare la proprietà e l’incolumità personale, la Corte di Appello non era tenuta a motivare ulteriormente sulla pericolosità dell’attività dell’ENEL, dopo aver dato atto -col richiamo al contenuto della relazione di c.t.u.- della “opportunità” della recinzione per impedire il libero e diretto accesso al traliccio da parte di chiunque, in una “situazione di potenziale pericolo”;

col settimo motivo (dedotto anch’esso sotto il profilo della “nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4”), la ricorrente censura come “chiaramente illogica e irriducibilmente contraddittoria” la motivazione con cui la Corte di Appello ha rigettato il quinto motivo di gravame (con cui l’ENEL aveva contestato la propria parziale condanna al pagamento delle spese di lite) affermando che “infondato è infine il quinto motivo d’appello in quanto la confermata soccombenza in parte qua di ENEL Distribuzione s.p.a., essendo passato in giudicato per mancanza di gravame il rigetto della domanda proposta da I.F. tesa ad ottenere lo spostamento del traliccio, destituisce di fondamento le lagnanze dell’appellante in ordine alle statuizioni sulle spese di primo grado”;

il motivo è infondato in quanto, benchè il passaggio censurato risulti di effettiva difficile lettura, la Corte ha inteso dire -considerando la proposizione “principale”- che la soccombenza parziale dell’ENEL ne giustificava la parziale condanna, mentre l’inciso relativo al passaggio in giudicato delle statuizioni di rigetto della domanda di spostamento del traliccio vale semplicemente a dare conto del fatto che la soccombenza dell’ENEL era effettivamente solo parziale; la motivazione risulta pertanto esente dai vizi di illogicità e contraddittorietà denunciati dalla ricorrente;

al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

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