Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26525 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. I, 12/12/2011, (ud. 19/10/2011, dep. 12/12/2011), n.26525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria C. – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1203-2009 proposto da:

P.M. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 41, presso l’avvocato

BURRAGATO ROSALBA, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati CIANFANELLI DEBORAH, DEFILIPPI CLAUDIO, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositato il

27/05/2008, n. 24/08 R.G.N.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato, depositato il 27 maggio 2008, la Corte d’appello di Torino ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento a favore di P.M. della somma di Euro 13.000,00, respingendo la domanda di indennizzo del danno non patrimoniale, e ha condannato il Ministero al pagamento della metà delle spese di lite, compensando le stesse nel resto.

Il ricorrente, quale socio illimitatamente responsabile della s.n.c. La Scolastica di Giurato Donatella & C, era stato dichiarato fallito con la società e l’altro socio, con sentenza 8/3/1990, a seguito dell’istanza della s.p.a. Cartorama del 2/12/1988; il 21 novembre 1990 era stato chiuso e dichiarato esecutivo lo stato passivo; il 14/7/2006 era stata depositata istanza per la richiesta di concordato,disattesa a marzo 2007, e il procedimento risultava pendente alla data di proposizione del ricorso del 10/1/2008.

La Corte, ritenuta la proponibilità della domanda, la peculiarità della procedura fallimentare complessa, caratterizzata dalla pendenza di numerose cause, ritenuta nel caso la relativa semplicità del contenzioso ed il suo carattere limitato, ha concluso per la durata irragionevole di 13 anni,e, avuto riguardo al comportamento del fallito P.M., tale da contribuire efficacemente alla dilatazione dei tempi processuali, respinta la questione di legittimità costituzionale, ha escluso il danno patrimoniale, e ha valutato il danno non patrimoniale, alla luce del criterio della posta in gioco, nell’importo di Euro 1000,00 per anno, in via equitativa ed in moneta attualizzata, proprio in considerazione del comportamento del P. e, visti i limiti della soccombenza dell’Amministrazione, ha ritenuto equo disporre la compensazione delle spese del grado per la metà, ponendo la restante parte a carico del Ministero. Ricorre il P., sulla base di tre motivi. Il Ministero ha depositato controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli art. 2, 1.89/01, e 6.1. CEDU, quanto alla durata del processo ed al danno non patrimoniale; nonchè la violazione degli artt. 3, 24, 111, 117 Cost., per non avere il Giudice del merito riconosciuto il danno per tutta la durata del procedimento e per non avere riconosciuto importi in linea con le recenti sentenze della CEDU nei procedimenti fallimentari.

1.2.- Con il secondo motivo, il P. denuncia violazione dell’art. 6.1 CEDU, della L. n. 89 del 1991, art. 2, quanto al danno patrimoniale, da ritenersi sussistente, per essere stato il ricorrente privato dal giorno della dichiarazione di fallimento dell’amministrazione e della disponibilità dei propri beni, danno da liquidarsi, ove non si presti a calcolo esatto, in importo globale unitariamente al danno non patrimoniale.

1.3.- Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia vizio di legge e di motivazione,per avere la Corte del merito compensato per la metà le spese, posta la gratuità del ricorso alla CEDU. 2.1.- Il primo motivo è infondato.

La Corte EDU, nei precedenti Martinetti e Cavazzuti c. Italia del 20 aprile 2010, Delle Cave e Corrado c. Italia del 5/6/07, Simaldone c. Italia del 31/3/09, ha rilevato che il solo indennizzo previsto dalla legge italiana per il pregiudizio connesso alla durata eccedente il ritardo non ragionevole si correla al margine di apprezzamento di cui dispone ciascuno Stato aderente alla CEDU, che può istituire una tutela giudiziaria coerente con il proprio ordinamento giuridico e le proprie tradizioni, in conformità al livello di vita del Paese, da ciò conseguendo che il citato metodo di calcolo della legge italiana, pur non corrispondendo esattamente ai parametri della Corte, non è di per sè decisivo, purchè i giudici italiani concedano un indennizzo per somme che non siano irragionevoli rispetto a quelle riconosciute dalla CEDU per casi simili (così la pronuncia del S.C., 478 del 2011, anche per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata ex art. 117 Cost.;

conforme, la precedente pronuncia 10415/09).

Nello specifico, premesso che la Corte EDU in due recenti decisioni, Volta et autres c. Italia del 16/3/2010, e Falco et autres c. Italia del 6/4/2010, ha ritenuto che potessero essere liquidati indennizzi, in relazione ai singoli casi ed alle loro peculiarità, in importi notevolmente inferiori a quello di Euro 1000,00 per anno, normalmente liquidato, va altresì considerato che la Corte del merito ha esplicitamente tenuto conto del comportamento del P., quale elemento significativo idoneo a dimostrare un ridotto indice di ansia collegato al protrarsi della procedura, “che il P., nel proprio personale interesse, anche con mezzi non conformi a diritto, risulta abbia cercato in vario modo di dilatare”: e su dette valutazioni, il ricorrente non ha addotto alcuna censura.

2.2.- Il secondo motivo è inammissibile.

Il quesito articolato in chiusura del motivo è invero incongruente rispetto alla specifica motivazione posta dalla Corte del merito a fondamento della reiezione della richiesta di danno patrimoniale.

2.3.- Il terzo motivo va respinto.

La Corte del merito ha applicato il criterio della soccombenza ed ha specificamente motivato sulla compensazione parziale delle spese di lite, alla stregua della parziale soccombenza reciproca, facendo riferimento alla reiezione della domanda del danno patrimoniale ed alla riduzione del danno non patrimoniale richiesto, nel pieno rispetto dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2.

A fronte di detta decisione, non è argomentabile la censura della parte vittoriosa, intesa a dolersi della “condanna …alla sopportazione anche parziale delle spese”, perchè non vi è stata condanna alle spese, ed è comunque infondata la denuncia sotto il profilo del vizio di motivazione, alla stregua delle argomentazioni fatte valere dalla Corte del merito.

3.1- Conclusivamente, il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il P. al pagamento della spese del giudizio, liquidate in Euro 2500,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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