Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26523 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. III, 20/11/2020, (ud. 28/09/2020, dep. 20/11/2020), n.26523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26143-2017 proposto da:

A.E., elettivamente domiciliata ROMA, VIA PIERLUIGI DA

PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTA QUERCIOLI;

– ricorrente –

contro

ENI SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in SAVONA, PIAZZA

MAMELI 5/5, presso lo studio dell’AVVOCATO SANDRA BOLLORINO, che la

rappresenta e difende nel giudizio;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 905/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 06/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2020 dal Consigliere Dott. SESTINI DANILO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO;

uditi gli Avvocati delle parti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.E. convenne in giudizio l’E.N.I. s.p.a. per essere risarcita del danno causato ad un proprio immobile (adibito a negozio di parrucchiera) da un’esplosione che assumeva provocata da dispersione di gas metano da una condotta della società convenuta (sita sul retro dell’edificio, in corrispondenza del locale deposito e sgombero del negozio).

L’E.N.I. resistette alla domanda, chiedendone il rigetto.

Respinta l’istanza di ammissione delle prove orali articolate dall’attrice, venne disposta c.t.u. che ipotizzò due distinti scenari, astrattamente idonei a spiegare l’accaduto (ossia che l’esplosione fosse dipesa da innesco accidentale di una miscela di aria e gas metano o che il fatto avesse origine dolosa e fosse stato causato dal versamento di circa 17 litri di benzina e dal successivo innesco volontario della miscela esplosiva formatasi a seguito dell’evaporazione del liquido), concludendo che era “impossibile stabilire con certezza” le cause dell’evento e che tuttavia “l’esplosione di una miscela di aria e metano a causa di perdite della rete di distribuzione (era) la più probabile in quanto (risultava) più aderente alla descrizione dei luoghi e alla dinamica dell’evento”.

Precisate le conclusioni da parte dalla sola società convenuta (in quanto il difensore dell’attrice non era comparso per dismissione del mandato e il G.I. non aveva disposto il rinvio dell’udienza -pur richiesto dalla controparte- per consentire all’ A. di munirsi di nuovo difensore), il Tribunale rigettò la domanda, rilevando che la c.t.u. non aveva individuato con certezza la causa dell’esplosione e che non v’era possibilità di assumere le prove orali dedotte dall’attrice in quanto la richiesta non era stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni.

La Corte di Appello di Genova ha respinto il gravame della A., confermando integralmente la sentenza di primo grado.

Ha proposto ricorso per cassazione A.E., affidandosi a sei motivi; ha resistito l’Eni Gas e Luce s.p.a. con controricorso.

Il ricorso è stato rimesso alla p.u. con ordinanza interlocutoria del 26.11.2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 40 e 41 c.p. e dell’art. 2697 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere respinto la domanda per difetto di prova “certa” del nesso eziologico, mentre si sarebbe dovuto applicare il criterio della preponderanza dell’evidenza (“più probabile che non”), tenendosi anche conto che il c.t.u. aveva ritenuto più probabile l’ipotesi della perdita di gas dalla rete di distribuzione.

1.1. Col secondo motivo, la ricorrente lamenta -sotto il profilo della violazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 132 c.c., (rectius: c.p.c.) – che la Corte di Appello non abbia “minimamente indicato le ragioni per le quali le conclusioni cui era giunto il CTU dovevano ritenersi errate”.

1.2. Il terzo motivo – che si collega al precedente – deduce l'”omesso esame di un fatto decisivo rappresentato dal contenuto delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio”: la ricorrente assume che la Corte, gravata di uno “specifico onere motivazionale” al riguardo, “non ha in alcun modo spiegato perchè abbia assunto una posizione nettamente divergente rispetto a quella del suo ausiliario”.

1.3. Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c., sull’assunto che “il convenuto è onerato, fin dalla costituzione in giudizio, a prendere posizione specifica anche in ordine al contenuto delle relazioni tecniche prodotte dall’avversario che siano richiamate dall’attore quali elementi a sostegno della domanda” e sul rilievo che le due relazioni prodotte dall’attrice (corredate da ampio materiale fotografico e attestanti che il contatore della rete di distribuzione del metano aveva subito un recente intervento di sostituzione) non erano mai state contestate da parte convenuta; la ricorrente sostiene pertanto che il Giudice avrebbe “dovuto considerare per provato (…) che il contatore era stato oggetto di un intervento di spostamento rispetto alla sua posizione originaria, e comunque era stato sostituito o quantomeno riparato”.

1.4. Col quinto motivo, la A. lamenta -sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio- che la Corte non abbia “minimamente preso in considerazione le restanti circostanze di fatto emerse dall’istruttoria tecnica e segnatamente dalla relazione peritale, che apparivano idonee a sminuire il significato probatorio o indiziario (di) quelle invece richiamate in motivazione”.

1.5. Il sesto motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 183,187,188 e 189 c.p.c., per avere la Corte ritenuto che le istanze istruttorie non ribadite nell’udienza di precisazione delle conclusioni (in primo grado) dovevano intendersi rinunciate: la ricorrente rileva che – per quanto emergeva dal verbale di precisazione delle conclusioni – la parte attrice non aveva precisato le conclusioni e sostiene che “occorre distinguere l’ipotesi in cui la parte, in sede di precisazione delle conclusioni, non si curi di ribadire specificamente tutte le istanze e conclusioni già formulate, ed in tal caso le istanze e domande non reiterate si considerano abbandonate, dall’ipotesi in cui il procuratore della parte non si presenti all’udienza di precisazione delle conclusioni o, presentandosi, non le precisi o le precisi in modo generico”, valendo in tal caso “la presunzione che la parte abbia voluto tenere ferme le conclusioni ed istanze precisate”; rileva, altresì, che l’istanza di ammissione delle prove orali era stata reiterata anche dopo il deposito della relazione di c.t.u. e successivamente- nella comparsa conclusionale e trascrive i capitoli della prova per testi al fine di farne constare la rilevanza ai fini della decisione.

2. Appare logicamente preliminare l’esame del sesto motivo, avente portata potenzialmente assorbente delle altre censure.

Al riguardo, deve considerarsi che si pone la necessità di coordinare due diversi principi -entrambi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte- alla luce della peculiarità del caso in esame.

E’ pacifico che “la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, poichè, diversamente, le stesse dovranno ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in appello” (Cass. n. 25157/2008; conformi Cass. n. 16290/2016, Cass. n. 19352/2017, Cass. n. 5741/2019, Cass. n. 15029/2019; cfr. anche Cass. n. 10748/2012 e Cass. n. 3229/2019);

altrettanto pacifica è l’affermazione che, “nell’ipotesi in cui il procuratore della parte non si presenti all’udienza di precisazione delle conclusioni o, presentandosi, non le precisi o le precisi in modo generico, vale la presunzione che la parte abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate” (Cass. n. 409/2006; conformi Cass. n. 22360/2013 e Cass. n. 11222/2018);

il corretto coordinamento dei due principi comporta che la presunzione circa la volontà di tener ferme le originarie conclusioni non possa operare laddove vi sia stato – medio tempore – un provvedimento reiettivo di istanze probatorie da parte del giudice istruttore, giacchè detto provvedimento sollecita la parte interessata a ribadire espressamente le proprie richieste istruttorie, che – in difetto – debbono intendersi tacitamente rinunciate; con il corollario che, al fine di ribadire tali conclusioni, la parte è onerata di partecipare all’udienza di precisazione delle conclusioni e che la mancata comparizione determina, al pari della mancata reiterazione delle richieste ad opera della parte comparsa, l’abbandono delle istanze;

ciò non può, tuttavia, valere nell’ipotesi in cui la parte che si sia vista rigettare richieste istruttorie abbia successivamente reiterato l’istanza di ammissione, in tal modo mostrando di non prestare acquiescenza al provvedimento reiettivo e di avere un persistente interesse alla prova, inconciliabile con la presunzione di abbandono; ove ciò sia avvenuto, la mancata comparizione del procuratore della parte all’udienza di precisazione delle conclusioni comporta che debbano considerarsi confermate le conclusioni precedentemente formulate, ivi comprese quelle istruttorie reiterate dopo il provvedimento reiettivo;

deve dunque affermarsi, in conclusione, che, in caso di mancata partecipazione del procuratore di una parte all’udienza di precisazione delle conclusioni, debbono intendersi richiamate le richieste precedentemente formulate, ivi comprese le istanze istruttorie che la parte abbia reiterato dopo che ne sia stata rigettata l’ammissione;

tale principio deve trovare applicazione nel caso di specie giacchè, per quanto emerge dai verbali delle udienze dell’8.4.2009 e del 21.7.2009 celebrate avanti al Tribunale di Sanremo (successive al rigetto dell’ammissione delle prove orali richieste dall’attrice e antecedenti all’udienza di precisazione delle conclusioni), risulta confermato l’assunto che il procuratore della A. aveva insistito per l’ammissione dei mezzi istruttori richiesti (come specificamente dedotto in ricorso);

si osserva, al riguardo, che l’esame diretto degli atti è consentito a questa Corte dalla natura del vizio dedotto, che presuppone un error in procedendo del giudice di merito (cfr. Cass. n. 9471/2004) per non aver rilevato che la domanda di ammissione delle prove orali era “stata reiterata anche dopo il deposito della relazione peritale, all’udienza immediatamente precedente quella fissata per la precisazione delle conclusioni, a dimostrazione della volontà della parte di non rinunciare alle istanze istruttorie” (cfr. ricorso, a pag. 21).

3. L’accoglimento del sesto motivo comporta la cassazione della sentenza in relazione ad esso, con rinvio alla Corte territoriale.

4. Tutti gli altri motivi risultano assorbiti, dato che l’eventuale ammissione delle prove orali potrebbe rimettere in discussione anche la valutazione degli altri elementi considerati dalla Corte di merito, a cominciare dalle risultanze della c.t.u., le cui conclusioni sono state dichiaratamente influenzate dalla impossibilità di verificare circostanze che potrebbero emergere dalle prove orali.

5. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il sesto motivo, dichiarando assorbiti gli altri, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

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