Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26522 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. I, 17/10/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 17/10/2019), n.26522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1660/2018 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliata in Roma, Via Trionfale

n. 7032, presso lo studio dell’avvocato Franciosa Giorgio,

rappresentata e difesa dall’avvocato Longombardo Giulia, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.S., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Sallustio n.

9, presso lo studio dell’avvocato Spallina Lorenzo, rappresentato e

difeso dall’avvocato Martegani Clara Anna, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 793/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 19/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del primo e

del secondo motivo, inammissibilità del terzo motivo o in subordine

il rigetto dello stesso;

udito, per il ricorrente, l’avvocato Giulia Longobardo che ha chiesto

l’accoglimento;

udito, per il controricorrente, l’avvocato Roberto Gambe Benussi, con

delega, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.L. aveva chiesto la separazione personale dal coniuge D.S. e la condanna di quest’ultimo al pagamento di un assegno di mantenimento, dinanzi al Tribunale di Trieste che, con sentenza del 1 giugno 2017, ha provveduto determinando l’assegno in Euro 150,00 mensili.

La Corte d’appello di Trieste, con sentenza del 19 ottobre 2017, ha accolto il gravame del D. e, di conseguenza, ha rigettato la domanda della G..

La Corte ha rilevato che era intervenuta sentenza del Tribunale urbano distrettuale di Berdychiv (Ucraina), in data 10 luglio 2015, dichiarativa del divorzio, già annotato nei registri dello Stato civile italiano e comunque riconoscibile in via incidentale; che era infondata la denuncia di violazione dei diritti di difesa nel processo ucraino per non avere la G. ricevuto la notifica dell’atto introduttivo del giudizio svoltosi in Ucraina; che la riconoscibilità in Italia della predetta sentenza non era ostativa alla decisione sulla pretesa economica della G., tuttavia infondata, essendo mancata una sufficiente affectio coniugalis tra i coniugi, stante la breve durata del rapporto (meno di cinque mesi, essendo il matrimonio stato celebrato il (OMISSIS) e la comparizione delle parti dinanzi al presidente del Tribunale avvenuta in data 6 maggio 2015).

Avverso questa sentenza la G. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, resistito dal D..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. b) e d), per avere riconosciuto la sentenza straniera di divorzio, emessa in violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, all’esito di un processo al quale non aveva partecipato, non avendo ricevuto la notifica dell’atto introduttivo, effettuata per compiuta giacenza in Ucraina, sebbene vivesse in Italia.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c. e omesso esame di fatti decisivi, per avere desunto la prova della conoscenza del processo da documentazione (una email inviata dalla G. al Tribunale ucraino) prodotta dal D. tardivamente nel giudizio, ignorando la relativa eccezione, e per avere anche ignorato che la sentenza ucraina non era passata in giudicato.

Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

La Corte di merito ha adeguatamente argomentato circa l’insussistente violazione del diritto di difesa nel processo ucraino di divorzio, di cui la ricorrente era a conoscenza, come accertato nella sentenza impugnata, avendo lei stessa riferito le circostanze in una memoria difensiva depositata nel giudizio dinanzi al Tribunale di Trieste nella quale si menzionava anche una email dal contenuto inequivoco. Ne consegue la non pertinenza delle censure proposte (di tardivo deposito del documento e omessa pronuncia sulla relativa eccezione) rispetto al contenuto della decisione.

La questione relativa al giudicato è stata sollevata in questa sede in modo non rispettoso del principio di specificità, di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6, facendosi nel ricorso un cenno insufficiente alla notifica della sentenza all’indirizzo ucraino della G., dove tuttavia le era stato validamente notificato l’atto introduttivo del giudizio.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 164 c.c., per avere rigettato la domanda di riconoscimento dell’assegno di separazione cui aveva diritto.

Il motivo è inammissibile.

La sentenza di divorzio opera ex nunc e non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale che sia iniziato anteriormente e sia ancora in corso, sempre che sussista l’interesse di una delle parti all’operatività della pronuncia di separazione e alla definitiva regolamentazione dell’assegno di mantenimento fino alla cessazione del relativo obbligo (Cass. n. 5062 del 2017, n. 17825 e 19555 del 2013).

Nella specie, essendo la sentenza ucraina di divorzio intervenuta in data (10 luglio 2015) precedente alla sentenza di separazione emessa dal Tribunale di Trieste (in data 1 giugno 2017) e prossima alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio di separazione (in data 13 aprile 2015), non è riconoscibile un interesse giuridicamente rilevante della G. alla decisione sulla domanda di assegno di separazione, il quale postula l’esistenza del rapporto coniugale che è venuto meno per effetto del divorzio.

La Corte triestina avrebbe dovuto constatarlo in limine e limitarsi ad eliminare la statuizione attributiva dell’assegno resa dal tribunale, senza esaminare il fondo del motivo di appello, come invece ha fatto.

La motivazione in diritto della sentenza impugnata è quindi erronea e deve essere corretta, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 4, ma il dispositivo è conforme a diritto, nulla avendo la Corte riconosciuto alla G. a titolo di assegno separativo di mantenimento.

Il ricorso è rigettato.

Sussistono le condizioni di legge per compensare le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del grado.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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