Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26521 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. I, 17/10/2019, (ud. 24/06/2019, dep. 17/10/2019), n.26521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11393/2014 proposto da:

Cartiera Logudoro S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Orazio n. 31, presso

lo studio dell’avvocato Di Meo Stefano, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Murgia Costantino, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Anas S.p.a., in persona del direttore pro tempore, domiciliata in

Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello

Stato che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 414/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 18/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/06/2019 dal cons. Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Cartiera Logudoro srl proprietaria di un fondo sito nel Comune di (OMISSIS) sottoposto a occupazione d’urgenza ed espropriazione da parte di Anas spa e della società Aleandri srl per la realizzazione di un tratto autostradale propose opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione. A seguito dell’opposizione la Corte di Appello di Cagliari ritenne infondata la opposizione in considerazione della già espletata consulenza tecnica e della congrua ed adeguata determinazione della stima già effettuata e versata.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari, ha proposto ricorso per cassazione la società Cartiera Logudoro srl affidato a tre motivi. Anas spa non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 53, commi 1 e 2; D.Lgs 31 marzo 1998, n. 80, art. 34 e art. 35, comma 4; D.Lgs. n. 104 del 2010, artt. 3 e 7; L. 2359 del 1865, art. 37; D.L. n. 98 del 2011, art. 34; L. n. 205 del 2000, art. 7, comma 1 e comma 3, lett. B) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello ha ritenuto di decidere mentre la controversia rientra invece nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo: infatti secondo la ricorrente spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulle sole controversie in cui ab origine manchi la dichiarazione di pubblica utilità mentre nel caso in esame le opere sono iniziate in condizioni di occupazione legittima non conclusa con il necessario atto finale espropriativo entro il termine di 1000 giorni previsto nel decreto di occupazione legittima e pertanto la giurisdizione spetta al Giudice Amministrativo.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, artt. 37,38 e 39; L. n. 2359 del 1865, artt. 39 e 40; L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 15,16,19 e 20 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., nonchè omessa ed illogica motivazione in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la Corte di Appello ha valutato il valore della pertinenza espropriata nonchè il valore della capacità di reddito normalizzato annuale in modo inadeguato.

Con il terzo motivo di ricorso, erroneamente indicato quarto, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 46 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello non ha valutato e liquidato i danni subiti dalla ricorrente per la menomazione permanente delle facoltà di pieno utilizzo del bene.

Il primo motivo di ricorso non è pertinente.

Infatti la Corte di Appello di Cagliari ha ritenuto di non provvedere sulla indennità di esproprio in quanto l’opera era stata attuata in esecuzione di una perizia di variante approvata con disposizione del Commissario Straordinario del Governo pronunciata in data 16 novembre 1998 la quale prevedeva un termine di 1000 giorni per il compimento delle espropriazioni. Trascorso tale termine senza la pronuncia del Decreto la Corte di Appello ha ritenuto che la domanda fosse improcedibile per mancanza del decreto.

Il secondo e terzo motivo sono infondati essendo ambedue relativi ad un accertamento di fatto del giudice di merito non censurabile in questa sede in quanto congruamente motivato.

Infatti in ordine al secondo motivo di ricorso occorre considerare che l’area è stata valutata a mezzo di incarico peritale e che il CTU ha determinato la giusta indennità di espropriazione tenendo conto della pur modesta capacità edificatoria con destinazione industriale, del valore venale della superficie espropriata, del deprezzamento delle aree rimaste intercluse secondo il metodo di stima sintetico-comparativo, cioè quello che più di ogni altro risponde ai criteri di legge, a norma dei quali occorre accertare quale sarebbe stato presumibilmente il prezzo del bene espropriato alla data di riferimento, in base al punto di incontro della domanda e dell’offerta di beni similari, quale che ne fossero le ragioni.

Alla luce delle modalità applicative in concreto del criterio di stima sintetico-comparativo applicabile sia ai beni edificabili che a quelli inedificabili, il giudice di merito ha valutato le caratteristiche specifiche del bene espropriato e dei beni assunti a termine di paragone (per estensione, posizione, collegamenti con reti viarie, esistenza di infrastrutture, ecc.) con accertamento di fatto insindacabile e congruamente motivato, non adeguatamente censurato dal ricorrente, il quale ha impropriamente invocato in questa sede una diversa valutazione delle risultanze probatorie e, in sostanza, ha criticato la sufficienza del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base della decisione, ipotesi integrante un vizio motivazionale ormai estraneo all’ambito applicativo dell’art. 360, n. 5 citato.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto con condanna alle spese del ricorrente soccombente.

PQM

Rigetta il ricorso proposto. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore dei controricorrenti che si liquidano in Euro 6.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 24 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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