Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26519 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. I, 12/12/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 12/12/2011), n.26519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria C. – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 151-2006 proposto da:

P.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BREMBANA 13, presso l’avvocato CASADEI

MASSIMILIANO, rappresentato e difeso dagli avvocati NARDINI INES,

DOMINICI ANTONLINDO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO IMPRESA MARINUCCI & C. S.R.L.;

– intimata –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO, depositata il

13/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.S. proponeva reclamo avanti al Tribunale di Ascoli Piceno avverso il provvedimento del G.D. del 29/6/95, con il quale, nell’ambito della procedura fallimentare a carico dell’Impresa Marinucci & C. s.r.l., era stata respinta l’istanza avanzata dal medesimo P., proprietario per la quota di un mezzo, di sospensione della vendita dell’immobile indiviso caduto nella massa fallimentare sino alla definizione del giudizio di divisione introdotto da detto comproprietario.

Con provvedimento depositato il 13/10/2005, comunicato al difensore della parte il 20/10/2005, il Tribunale di Ascoli Piceno ha respinto il reclamo, rilevando che, nel disporre la vendita di quota indivisa di immobile, il G.D. può disporre la vendita di quota, ex art. 108 L.F. e art. 601 c.p.c., comma 2, o promuovere a mezzo del Curatore il giudizio di divisione, ex art. 600 c.p.c., comma 2 e art. 601 c.p.c., scelta giustificata solo ove la vendita della porzione divisa possa consentire di realizzare un importo di gran lunga superiore a quanto realizzabile con la vendita della quota, solo in tale ipotesi giustificandosi il costo ed i tempi del giudizio di divisione; che non è pertanto configurabile la sospensione obbligatoria della vendita fallimentare, in applicazione analogica dell’art. 601 c.p.c., salvo il caso in cui il giudizio di divisione sia stato promosso dalla Curatela e nell’interesse della massa dei creditori; che nella specie, infine, il G.D. aveva motivato ex art. 108, comma 3 L.F., specificando che il giudizio di divisione ben poteva proseguire nei confronti dell’aggiudicatario delle quote indivise. Propone ricorso il P., affidato a due motivi. Il Fallimento non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia vizio di violazione o falsa applicazione degli artt. 599 e 601 c.p.c. e art. 105 L.F., sostenendo l’immediata applicabilità delle norme in tema di espropriazione della quota indivisa, e quindi di tutte le opzioni dell’art. 600 c.p.c., caratterizzate non da alternatività, ma da ordine di priorità.

1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla finalità propria della procedura fallimentare, intesa al conseguimento del risultato economico più vantaggioso.

2.1.- Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Come è noto, i provvedimenti giurisdizionali aventi forma giuridica diversa da quella della sentenza sono ricorribili per cassazione ex art. 111 Cost. soltanto quando presentano i caratteri della decisorietà, ovvero comportino la risoluzione di una controversia su diritti soggettivi o status, e della definitività, ovvero, nella mancanza di rimedi diversi, siano idonei a pregiudicare con l’efficacia propria del giudicato, quegli status o quei diritti (così le pronunce 10095/96, 5242/97, e tra le ultime, 16598/08, 12252/07, 21288/07).

Nel caso, la decisione del Tribunale non ha inciso su diritti di natura sostanziale del ricorrente.

Come affermato nella pronuncia 2145/2000, richiamando le precedenti conformi 6253/96 e 7752/96, “la vendita di quota indivisa, a differenza della separazione in natura, non determina alcuna divisione del compendio comune nè comporta alcuna restrizione nei diritti degli altri comproprietari, poichè il rapporto di comunione non viene sciolto e la successiva divisione investe necessariamente anche la quota espropriata (Cass. n. 6253/96; Cass. 24 luglio 1964, n. 2029). Pertanto, le doglianze del ricorrente non possono trovare ingresso in questa sede, perchè il provvedimento impugnato non ha pregiudicato i suoi diritti di comproprietario e poichè, una volta esclusa la decisorieta sul rapporto sostanziale, il provvedimento impugnato non può acquisire consistenza separata per le statuizioni sui diritti connessi alle regole processuali”.

Diverso è il caso in cui sia il fallito a proporre reclamo ex art. 26 L.F. avverso il provvedimento del G.D. di reiezione dell’istanza di sospensione della vendita all’incanto dei beni compresi nell’attivo, da ritenersi ricorribile per cassazione a norma dell’art. 111 Cost., atteso che il decreto emesso nella giurisdizione esecutiva del processo fallimentare decide una controversia del tutto analoga all’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., e ricorre la legittimazione del fallito, come soggetto passivo dell’esecuzione concorsuale (così le pronunce 7764/1997 e 19667/06).

Il Fallimento non ha svolto difese, per cui non v’è luogo in questa sede ad alcuna statuizione in punto spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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