Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26518 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. I, 17/10/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 17/10/2019), n.26518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29035/2014 proposto da:

I.A.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Messina n. 30, presso lo studio dell’avvocato Manti Domenica Maria,

rappresentato e difeso dall’avvocato Schembri Fabio, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS), – (OMISSIS) S.r.l.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MONZA, depositato il 28/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/06/2019 dal cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I.S. chiedeva di essere ammesso al passivo del fallimento della (OMISSIS) srl in privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2) per l’importo di 32.879,67 Euro, a titolo di compenso per l’attività di sindaco della società fallita.

Il Giudice delegato escludeva il credito, rilevando la mancanza di adeguata documentazione a supporto della pretesa.

L’ I. proponeva opposizione L. Fall., ex art. 98, colmando, mediante produzione di copia fotostatica del libro del collegio sindacale, l’originaria lacuna probatoria relativa all’effettivo svolgimento dell’incarico.

La curatela fallimentare, peraltro, nel costituirsi proponeva eccezione riconvenzionale, diretta ad opporre in compensazione un controcredito, di natura risarcitoria, originato da specifiche violazioni degli obblighi inerenti la carica di sindaco e concludeva pertanto per il rigetto dell’opposizione.

Il Tribunale di Monza, con il decreto impugnato, respingeva l’opposizione, affermando che le distinte condotte, integranti responsabilità ex artt. 2403 e 2407 c.c. a carico del sindaco, imputate all’opponente, non erano state da costui specificamente contestate, con la conseguente relevatio ab onere probandi in capo alla curatela.

Avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, l’ I..

La curatela del fallimento (OMISSIS) srl non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. ed il vizio di motivazione apparente, lamentando che la curatela fallimentare abbia introdotto il controcredito di natura risarcitoria nei confronti del ricorrente solo nella memoria di costituzione, in violazione dell’art. 345 c.p.c..

La censura è infondata.

Nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c. in materia di “ius novorum”, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell’opposizione, se esclude l’immutazione del “thema disputandum” e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all’esame del giudice delegato(Cass.19003/2017).

Come risulta dalla formulazione della L. Fall., art. 99, la decadenza dalle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, per la parte resistente (nel caso di specie la curatela fallimentare), si riconnette alla memoria difensiva di costituzione, ben potendo dunque proporsi in quella sede eccezioni riconvenzionali, come quella in esame, dirette a far valere fatti estintivi ovvero modificativi del credito oggetto dell’l’insinuazione al passivo fallimentare; e ciò senza che derivi alcun effetto preclusivo dalla mancata contestazione del credito insinuato in sede di progetto di stato passivo L. Fall., ex art. 95.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e vizio di motivazione apparente, in relazione alla statuizione della sentenza impugnata che ha ritenuto che le condotte integranti violazioni degli obblighi di carica non erano state oggetto di specifica contestazione dalla difesa dell’opponente, facendo da ciò discendere la relevatio ab onere probandi in favore della curatela. Ad avviso del ricorrente il credito risarcitorio per violazioni al dovere di carica rappresentava un quid novi sollevato con la costituzione della curatela, che dunque l’atto di opposizione (ad esse anteriore) non avrebbe materialmente potuto contestare.

Peraltro nell’atto di opposizione si era comunque rilevato che il ricorrente aveva sempre svolto la propria attività in modo regolare e nel rispetto della legge: non era dunque ipotizzabile alcuna acquiescenza con l’atto di opposizione, e d’altro canto la causa era stata immediatamente trattenuta in decisione.

Il motivo è infondato.

Come già rilevato, nessuna preclusione matura a carico della curatela fallimentare in ordine alla possibilità di far valere, per la prima volta nel giudizio di opposizione L. Fall., ex art. 99, purchè nella memoria difensiva di costituzione, eccezioni riconvenzionali, dirette a far valere fatti impeditivi, modificativi o estintivi del credito per cui è causa.

La L. Fall., art. 99, comma 7 prescrive infatti che le parti resistenti debbano costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza, mediante deposito di memoria contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio(oltre all’indicazione specifica di mezzi di prova e documenti).

La previsione della sanzione della decadenza per la proposizione delle eccezioni in senso stretto, da proporsi nella memoria difensiva da depositarsi almeno dieci giorni prima dell’udienza, appare dunque funzionale a consentire all’opponente una tempestiva conoscenza della linea difensiva della controparte, al fine di esercitare in modo pieno e consapevole le proprie facoltà difensive e consentire dunque la celere definizione della materia del contendere, già in sede di udienza. La disciplina della memoria difensiva appare del resto simmetrica al contenuto del ricorso ed alla espressa previsione di decadenza ivi stabilita alla L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4) a carico dell’opponente, delineandosi in tal guisa un rito, che, per quanto speciale e caratterizzato da sommarietà e celerità, è pur sempre a contraddittorio pieno.

Non vi è dunque ragione di escludere l’operatività del principio di non contestazione, che ai sensi dell’art. 115 c.p.c. costituisce un principio di carattere generale, non essendovi alcuna incompatibilità con il rito delineato dalla L. Fall., artt. 99 e ss..

Se, dunque, l’opponente non avrebbe certo potuto contestare con l’atto introduttivo fatti dedotti dalla curatela nella successiva memoria di costituzione (depositata 10 gg. prima dell’udienza), ben avrebbe potuto farlo nell’udienza, avendo avuto la possibilità di conoscere, con congruo anticipo rispetto all’udienza stesa, la difesa della curatela e le eccezioni riconvenzionali ivi formulate.

In sede di udienza, infatti, l’opponente aveva la facoltà e l’onere di contestare le allegazioni difensive della controparte, come definite nella memoria di costituzione, ed anzi proprio il carattere sommario e deformalizzato del rito e la conseguente riduzione al minimo dell’istruttoria, esalta la necessità che ciascuna parte prenda posizione in maniera netta precisa sulle allegazioni della controparte, si da individuare con chiarezza la materia del contendere e limitare l’attività istruttoria alle sole questioni controverse.

Il principio di “non contestazione” mira infatti a selezionare i fatti pacifici ed a separarli da quelli controversi, per i quali soltanto si pone l’esigenza dell’istruttoria probatoria, operando in un ambito dominato dalla disponibilità delle parti (Cass. n. 21776/2015).

Come questa Corte ha già affermato, dunque, la mancanza di specifica contestazione riferita ai fatti principali, nel caso di specie talune condotte integranti violazione dei doveri del sindaco ex art. 2407 c.c., comma 2, (la cui rilevanza ed adeguatezza causale ai fini di fondare il giudizio di responsabilità del sindaco non è oggetto di censura), comporta la superfluità della relativa prova.

La statuizione del Tribunale, secondo cui, in relazione a tali condotte non fosse necessario alcun approfondimento istruttorio è dunque sorretta da adeguata motivazione e giuridicamente corretta.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che la curatela non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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