Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26515 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. I, 17/10/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 17/10/2019), n.26515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15289/2014 proposto da:

Comune di Foggia, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma Via Cosseria, 2 presso lo studio Placidi e

rappresentato e difeso dagli avvocati Cerisano Giovanni Ernesto e

Dragonetti Domenico, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.R.M.;

– intimata –

e contro

R.C., R.D., R.G., R.V.C.,

T.A., in qualità di eredi di Ru.Ga.,

L.G., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul

figlio minore R.M.G., entrambi eredi di

R.M.L., a sua volta erede di Ru.Ga., V.F., quale

erede di R.M., R.B., Ru.Ma.,

R.A., R.R., R.F., La.Fe., elettivamente

domiciliati in Roma Via Alessandro III presso lo studio degli

avvocati Laudadio Felice e Curcio Stefano che li rappresentano e

difendono giusta procure speciali a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 239 del 10-5-2013 della CORTE D’APPELLO di

BARI, depositata il 03/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/05/2019 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 239 del 10-5-2013 depositata il 3-3-2014, la Corte d’Appello di Bari, pronunciando quale giudice del rinvio a seguito della sentenza n. 12220 del 2000 di questa Corte, ha determinato in complessivi Euro 226.550,27 (= Lire 438.662.500) l’indennità spettante a N.M.R. ed in Euro 187.258,49 (= Lire 362.583.000) quella spettante ai germani R., per l’espropriazione dei suoli dei quali erano proprietari, pronunciata con decreto del 14.6.1994. La Corte territoriale ha altresì determinato in Euro 94.653,85 (= Lire 183.275.416) per la N. ed in Euro 78.237,54 (= Lire 151.489.015) per i R. le indennità di occupazione dei suoli ai suddetti rispettivamente spettanti, ordinando al Comune di Foggia di provvedere ad deposito delle suddette somme presso la Cassa Depositi e Prestiti in favore degli attori con gli interessi legali al mutevole tasso legale anno per anno vigente dal 14 giugno 1994 alla data del deposito, detratti gli importi eventualmente già versati per i suddetti titoli. Infine la Corte d’appello ha compensato per un terzo tra le parti le spese dei tre gradi di giudizio, comprese quelle delle consulenze tecniche di ufficio, come liquidate con decreti 14 ottobre 1996; 11-3-2005; 1 ottobre 2010, condannando il Comune di Foggia a pagare a favore di tutti gli attori i rimanenti due terzi delle spese dei tre gradi di giudizio. La Corte territoriale ha affermato che le due consulenze tecniche d’ufficio espletate nel corso del giudizio di rinvio, in quanto dirette alla determinazione dell’indennità dovuta sulla base dell’art. 5 bis di cui era stata dichiarata la illegittimità costituzionale, fossero del tutto inutilizzabili. Ha rilevato che, in base alla C.T.U. del (OMISSIS), i suoli espropriati, ubicati nel centro della città di Foggia, in zona nella quale si erano sviluppati interventi edificatori di buon livello qualitativo negli anni ‘70, ricadendo in zona destinata a verde pubblico con attrezzature sportive, non erano edificatori ed erano stati destinati ad insediamento scolastico con variante adottata ai sensi della L. n. 1 del 1978, art. 1. In considerazione dei requisiti specifici del bene ablato e dovendo valutare il ragionevole legame con il valore di mercato prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e coerente con il serio ristoro richiesto dalla giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale, la Corte d’appello ha ritenuto di dover trarre utili elementi “dalla consulenza tecnica di ufficio depositata il 14-10-96, che, senza incorrere in vizi logici ed errori di metodo, seguendo il criterio di stima sintetico-comparativo (che si risolve nell’attribuire al bene da stimare il prezzo di mercato di immobili “omogenei”, con riferimento non solo agli elementi materiali, quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica e simili, e temporàli (difatti il CTU D.L. ha tenuto conto che l’U.T.E. per alcuni suoli adiacenti a quelli espropriati ceduti nel (OMISSIS) ha fissato in Lire 200.000 il valore al mq. mentre lo stesso Comune di Foggia nei comparti popolari di (OMISSIS) ed (OMISSIS), periferici e meno pregiati ha determinato il valore di Lire 68.000 per metro cubo edificabile, in considerazione del fatto che in detta zona di edilizia convenzionata il prezzo di un appartamento all’epoca dell’esproprio non era inferiore a 1.700.000 al mq)), ha determinato il valore venale comprensoriale del suolo della N. in Lire 876.968.750 e quello dei R. in Lire 724.468.500″ (pag. n. 11 della sentenza impugnata). La Corte territoriale ha dato conto della circostanza che nella citata CTU del 1996 non era stata considerata la condizione giuridico-urbanistica dei terreni all’epoca del decreto ablativo, trattandosi di aree non edificabili perchè ricadenti in zona destinata a verde pubblico con attrezzature sportive; ha ritenuto che il valore venale fosse “certamente praticabile” per le aree edificabili e che invece non vi fosse un criterio altrettanto esplicito per le aree agricole o semiperiferiche, per convenzione equiparate alle prime, sicchè ha reputato necessario il riferimento a criteri “ispirati alla analogia”. Segnatamente, ad avviso della Corte territoriale “Per le aree ricadenti in zona destinata a verde pubblico con attrezzature sportive, più che lo specifico tipo di destinazione assegnabile all’ambito urbano per attrezzature, reputa la Corte che vada valorizzato il principio per il quale tali aree producono un effetto riflesso costante sulle aree circostanti, verso le quali svolgono un ruolo sussidiario. Infatti, il valore delle aree edificabili risulta compromesso, ove non vi siano spazi limitrofi, atti a garantire il miglioramento della qualità della vita, consentendo l’espletamento di quelle attività di ricreazione e socializzazione che integrano e arricchiscono la funzione residenziale. Quantificando tale contributo, alla luce dei procedimenti elaborati dalla scienza statistica, nella fattispecie il valore dei suoli espropriati agli odierni appellanti può determinarsi nella metà di quello che sarebbe il valore venale delle medesime aree” (pag. n. 11 e n. 12 della sentenza impugnata).

2. Avverso questa sentenza, il Comune di Foggia propone ricorso, affidato a due motivi, resistito con controricorso dai controricorrenti in epigrafe indicati, mentre è rimasta intimata N.M.R.. I controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il Comune ricorrente lamenta la violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39,L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Rileva che l’individuazione del valore di mercato dell’area espropriata deve avvenire in base alla preliminare classificazione urbanistica, come da costante giurisprudenza di questa Corte, mentre la sentenza impugnata aveva attribuito un valore indennitario che prescinde dalle caratteristiche del bene in termini di destinazione urbanistica, valorizzando circostanze, quale ad esempio la vicinanza di aree edificate, del tutto irrilevanti, per scelta del legislatore, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione.

Contrariamente a quanto assunto dalla Corte barese, non ricorre alcuna vacatio di normativa nel senso affermato nella sentenza impugnata, tale da giustificare l’adozione del criterio di stima per analogia tra le aree inedificabili e quelle edificabili, essendo incontroverso ed acclarato che le aree ablate erano destinate eL verde e non avevano alcuna capacità edificatoria. Neppure erano state allegate dagli espropriati eventuali diverse utilizzazioni, nè erano emerse circostanze rilevanti in tal senso dalla consulenza tecnica d’ufficio.

2. Con il secondo motivo il Comune lamenta la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., con riferimento alla statuizione circa le spese del giudizio di legittimità. Ad avviso del ricorrente la Corte d’appello non ha considerato, nel regolare le spese di lite, che il Comune di Foggia era risultato interamente vittorioso nel giudizio di legittimità conclusosi con la sentenza n. 11220/2000.

3. Preliminarmente va affermata l’ammissibilità del ricorso, dovendo disattendersi le eccezioni sollevate dai controricorrenti.

3.1. Le censure non attengono al contenuto delle consulenze tecniche d’ufficio, ma alla violazione del criterio legale di determinazione dell’indennità di espropriazione, sicchè non ricorre il vizio di difetto di autosufficienza del ricorso, nel senso prospettato dai controricorrenti. Neppure ricorre affatto l’ipotesi di cui all’art. 360 bis n. 1 c.p.c., non avendo la Corte territoriale fatto applicazione dei principi di diritto espressi da questa Corte, di cui si dirà nel paragrafo che segue.

4. Il primo motivo è fondato.

4.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato che “L’indennità di espropriazione va determinata in relazione al valore venale distinguendo tra suoli edificabili e non edificabili in ragione del criterio dell’edificabilità legale, escluse le possibilità legali di edificazione qualora lo strumento urbanistico dell’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale abbia concretamente vincolato la zona ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità, ecc.), sicchè, rientrando nella nozione tecnica di edificazione l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area secondo il regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione, ai fini indennitari deve tenersi conto delle possibilità di utilizzazione intermedia tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti, ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente, sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative” (tra le tante da ultimo Cass. n. 3168/2019).

4.2. La Corte territoriale è incorsa nelle violazioni di legge denunziate dal Comune ricorrente e non si è attenuta ai principi di diritto suesposti. Segnatamente ha affermato che non vi sia un criterio di stima esplicito per le aree agricole o semiperiferiche ed ha applicato criteri “ispirati alla analogia”, ritenendo che, in base a elaborazioni della scienza statistica, non precisate, potesse attribuirsi alle aree non edificabili il valore della metà di quello delle aree edificabili.

Il criterio di legge (L. n. 2359 del 1865, art. 39) è quello del valore venale, da determinarsi, per i suoli legalmente non edificabili, quale è quello in esame, tenendo conto di utilizzazioni intermedie, nei termini e limiti precisati dalla costante giurisprudenza di questa Corte appena richiamata.

5. Conclusivamente deve essere accolto il primo motivo di ricorso, restando assorbito il secondo, concernente la statuizione sulle spese di lite che dovrà essere nuovamente regolata.

La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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