Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26513 del 21/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 21/12/2016, (ud. 01/12/2016, dep.21/12/2016),  n. 26513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7916-2010 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA EDOARDO

D’ONOFRIO 43, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO CASSANO, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI COLLEFERRO, EQUITALIA GERIT SPA AGENTE RISCOSSIONE

PROVINCIA DI ROMA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 25/2009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 12/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO

Con sentenza n. 25/7/09, pronunciata il 4/12/2008 e depositata il 12/2/2009, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio respingeva l’appello proposto da C.G. avverso la sentenza n. 115/65/2007, della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che non aveva accolto il ricorso del contribuente avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Colleferro, per il recupero di Euro 185,15, a titolo di tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) per l’anno 2003.

I Giudici di appello rilevavano la correttezza della sentenza di primo grado atteso che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 64, richiede la presentazione di apposita denuncia di cessazione dell’occupazione sicchè l’omessa presentazione di essa ha il significato di un rinnovo implicito della dichiarazione originaria. Aggiungevano che, in caso di mancata presentazione della denuncia nel corso dell’anno di cessazione, il tributo non è dovuto per le annualità successive se l’utente che ha prodotto denuncia di cessazione dimostri di non aver continuato l’occupazione o la detenzione dei locali ed aree ovvero se la tassa sia stata assolta dall’utente subentrante a seguito di denuncia o in sede di recupero d’ufficio e che, nel caso esaminato, l’acquirente dell’immobile, trasferito con rogito notarile di compravendita del 30/1/2003, aveva presentato solo in data 21/11/2003 la relativa denuncia. Quanto all’omessa indicazione del responsabile del procedimento i Giudici di secondo grado osservavano l’inapplicabilità ratione temporis della regola invocata dal contribuente.

Avverso la sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

Il Comune di Colleferro ed Equitalia Gerit. S.p.a. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorrente deduce, con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 giacchè la CTR non ha considerato che il presupposto impositivo della TARSU è costituito dall’occupazione o detenzione di locali ed aree scoperte, per cui elemento imprescindibile dell’obbligo di pagamento del tributo è il possesso dell’immobile e che, nella specie, l’occupazione e detenzione dell’unità immobiliare sono venute a cessare dalla data dell’intervenuto trasferimento della proprietà del bene, in conseguenza dell’immissione in possesso dell’acquirente, in esecuzione di quanto previsto dall’art. 6 del contratto di compravendita. Conclude il ricorrente con la formulazione del quesito di diritto con cui si chiede che la Corte dica: “se la pronuncia della CTR di Roma sia viziata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) atteso che ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 62 il presupposto impositivo della TARSU è costituito dall’occupazione o detenzione dei locali ed aree scoperte è il possesso dell’immobile, quale situazione di fatto consistente nell’utilizzazione e disposizione del bene”.

Va rilevato, in via preliminare, che la formulazione del motivo non corrisponde ai requisiti richiesti dall’art. 366 – bis c.p.c., il quale, introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, stabilisce, infatti, che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4 debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo stesso, con la formulazione di un quesito di diritto.

Com’è noto la ratio di questa novella deve ricercarsi nell’intento del legislatore di rafforzare la funzione nomofilattica del giudizio di cassazione, nel senso, cioè, che quest’ultimo svolga non solo la funzione di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della controversia diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ma anche quella di fissare il corretto principio di diritto al quale ci si debba conformare nei casi del genere (Cass. S.U. n. 20360/2007; n. 26020/2008; Cass. n. 14682/2007).

Nella specie, la formulazione del quesito di diritto è meramente apparente e non risponde all’esigenza di cooperazione del ricorrente all’espletamento della suddetta funzione nomofilattica della S.C., posta con chiarezza dalla prescrizione di cui al citato art. 366 – bis c.p.c., in quanto non può affatto risolversi nella sola postulazione dell’accertamento della denunciata violazione di legge, che in realtà non consente di individuare il principio di diritto, diverso da quello posto a fondamento della sentenza impugnata, la cui auspicata adozione da parte di questa C.S. sarebbe idonea a determinare una decisione di segno diverso.

Questa Corte nella ordinanza n. 4044/2009 efficacemente osservato come anche “laddove la sentenza gravata sia viziata per la mancata applicazione della norma di legge, pur correttamente individuata, non sia formulabile un principio di diritto che… si risolva nella mera denuncia della stessa omissione di applicazione della legge. E’, infatti, evidente che anche in tal caso il principio di diritto, richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., debba essere espresso in maniera positiva, nel senso, cioè, che a fronte della regula iuris applicata dal giudice di merito… debba invece essere precisata ed indicata una diversa regula iuris, alternativa a quella”.

Per di più nella censura della parte ricorrente si appalesa un difetto di correlazione tra il motivo di impugnazione e le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata atteso che la decisione della CTR ha disatteso l’appello del contribuente sul rilievo che il presupposto dell’esonero dal pagamento del tributo si fosse verificato solo a seguito della presentazione, in data 21/11/2003, della denuncia del cessionario dell’immobile, utente subentrante in qualità di “nuovo proprietario/detentore”, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 62 stante la mancata presentazione della denuncia nel corso dell’anno di cessazione da parte del cedente, il quale non aveva affatto dimostrato di non aver continuato l’occupazione dopo l’alienazione, attenendo la dedotta clausola del contratto di compravendita, all’uopo invocata dal C., ad un “rapporto non più tributario ma di diritto civile” e dunque di per sè non incidente sul fatto controverso, costituito dall’occupazione o detenzione dell’unità immobiliare.

Pertanto, il motivo va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese attesa l’assenza di attività difensiva da parte delle intimate.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2016

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