Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26512 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 12/12/2011), n.26512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4003/2010 proposto da:

Z.G. difensore di se medesimo, elettivamente domiciliato

in ROMA VIA GIOACCHINO GESMUNDO 4, presso lo studio dell’avvocato

Z.G., che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 409/2 009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 27/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

0/09/2 011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Z., che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avvocato Z.G. impugnò la cartella di pagamento notificatagli per irap 2003 sostenendo di non esservi soggetto per difetto del presupposto della autonoma organizzazione dell’attività professionale. In primo grado il ricorso fu accolto. La CTR ha accolto l’appello dell’ufficio, ed il contribuente ricorre con quattro motivi, illustrati da memoria, per la cassazione della decisione. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dopo aver compilato i quadri della dichiarazione dei redditi 2003 concernenti l’irap, il ricorrente – maturato il convincimento di non esservi tenuto – ha omesso il pagamento dell’imposta ed impugnato la cartella notificatagli D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis.

I primi due motivi di ricorso lamentano che la CTR abbia fondato la decisione favorevole all’Ufficio sul rilievo che la cartella era stata emessa sulla base della dichiarazione del contribuente. Il giudice d’appello avrebbe attribuito valore confessorio alla denuncia, e la avrebbe considerata fonte del debito tributario nonostante il difetto del presupposto impositivo. Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo che la CTR avrebbe in tal modo accolto un motivo d’appello non dedotto. Col secondo motivo, subordinato, si deduce nullità della pronuncia per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, giacchè la portata costitutiva del debito tributario attribuito alla confessione, semmai ravvisabile nei motivi d’appello, sarebbe stata dedotta tardivamente, perchè non invocata nel primo grado di giudizio.

I motivi sono inammissibili perchè muovono da una ricostruzione erronea della decisione impugnata. La quale non si fonda sul preteso valore confessorio della dichiarazione del reddito, ma sul D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, che, secondo la CTR, consentirebbe di contestare la cartella soltanto per vizi propri. Secondo la tesi dell’Amministrazione, fatta propria dal giudice d’appello, la inesistenza del presupposto del tributo non avrebbe potuto farsi valere con l’impugnativa della cartella, ma con l’azione di ripetizione dell’indebito, una volta che l’imposta liquidata sulla scorta della dichiarazione del contribuente fosse stata pagata.

Avverso questo assunto è rivolto il terzo motivo di ricorso (violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. d), e D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3) che è fondato.

La giurisprudenza di questa corte è ferma nel ritenere che l’errore, di fatto o di diritto, commesso dal dichiarante nella dichiarazione dei redditi, è – in linea di principio – emendabile, in quanto la dichiarazione non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Salvo il limite derivante dall’esaurimento, provocato dal trascorrere del tempo o dal sopravvenire di decadenze, del rapporto tributario cui la dichiarazione inerisce. L’emenda è possibile pure in sede di impugnazione di una cartella di pagamento, non essendo di ostacolo il limite previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, (secondo cui la cartella sarebbe impugnabile solo per vizi “propri”), perchè non viene in rilievo un vizio della cartella, ma l’errore del contribuente, e l’esigenza del rispetto del principio della capacità contributiva e della obiettiva legalità dell’azione amministrativa (artt. 53 e 97 Cost., Cass. 2725/2011).

Va dunque accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata e rimessa la causa ad altra sezione della CTR del Lazio, per l’esame dei motivi d’appello rimasti assorbiti dall’accoglimento della questione preliminare qui riconosciuta infondata. Il quarto motivo di ricorso investe la materia oggetto del giudizio di rinvio, inammissibile in questa sede.

Le spese del giudizio dovranno essere regolate con la decisione definitiva.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, ed accoglie il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR del Lazio.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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