Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2651 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2021, (ud. 27/10/2020, dep. 04/02/2021), n.2651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI L.C.G. Umberto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10623-2020 proposto da:

K.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato LANZILAO MARCO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 12/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – K.Y., proveniente dalla terra della Costa d’Avorio, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Roma avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Latina, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e della protezione umanitaria.

Con provvedimento depositato in data 12 febbraio 2020, il Tribunale ha rigettato il ricorso.

2. – Il decreto ha ritenuto non sussistenti i presupposti per il riconoscimento del diritto di rifugio, in quanto, “sebbene le vicende narrate possano ssere astrattamente collocate in un quadro di persecuzioni etniche e politiche”, il timore manifestato dal richiedente – “di essere perseguitato a causa della esposizione sua e, in maniera particolare, del fratello durante la compagna elettorale in occasioni delle elezioni presidenziali del 2010” – appare “meramente soggettivo”: “per sua stessa ammissione”, il richiedente è rimasto ai “margini della cqrnpagna elettorale in questione”.

Ha poi escluso la presenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, rilevando che, mentre quelli di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non risultavano neppure allegati, quelli di cui alla let. c) trovavano smentita in ciò che, nell’attuale, la Costa d’Avorio presenta una situazione sostanzialmente stabile, senza conflitti armati (secondo quanto rilevato, in particolare, dai report approntati dalla Freedom House).

Quanto poi al punto della protezione umanitaria, il Tribunale ha rilevato che il richiedente non presenta profili di vulnerabilità specifici alla propria persona e che, inoitre, il suo percorso di integrazione nella società italiana sia ancora in una “fase primigenia”, nonostante vi dimori da più di tre anni.

3. – Avverso questo provvedimento K.Y. ha presentato ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.

Constatato di “non essers costituito nei termini di legge”, il Ministero ha presentato un’istanza per l’eventuale partecipazione dell’udienza di discussione, che non può essere ritenuto come atto di costituzioner, quale controricors.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. – Col primo motivo, il ricorso censura la decisione del Tribunale per “errato/omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto della discussione tra le parti; la condizione di pericolosità e le situazioni di violenza alle quali il ricorrente sarebbe esposto in caso di rimpatrio. Contraddittorietà tra fonti citate e conclusioni espresse. Errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c., per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria”.

Ad avviso del ricorso, l’analisi compiuta del Tribunale in punto di diritto di rifugio avrebbe dovuto essere tenuta in considerazione per i peculiari fini della protezione sussidiaria: in specie, il decreto avrebbe dovuto tenere conto della effettiva partecipazione del richiedente alla campagna per le elezioni presidenziali. Cosa che, invece, non ha fa, pur non mettendo in dubbio la credibilità ai quanto esposto dal richiedente medesimo.

Col secondo motivo, il ricorso assume che il Tribunale ha “errato a non applicare la protezione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi. Omessa applicazione dell’art. 10 Cost.”.

Secondo il ricorso, il Tribunale avrebbe dovuto, in particolare, “attivarsi per completare l’istruttoria in merito agli elementi necessari a compiere la valutazione comparativa” occorrenti al riguardo.

5. – Il ricorso non può essere accolto.

Quanto al primo motivo, è da rilevare che il Tribunale non si è limitate a registrare H fatto della partecipazione del richiedente alla detta campagna politica, ma ha anche rimarcato – con argomento oggettivamente idoneo a incidere pure su esistenza e misura del “danno grave”, di cui all’art. 14 – da un lato, il carattere propriamente “marginale” della partecipazione personale del ricorrente; dall’altro, che si tratta di eventi ormai risalenti nel tempo, essendo collocati nell’anno 2010.

Quanto poi al secondo motivo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, se il giudice è chiamato a verificare l’esistenza di seri motivi, che impongano di offrire tutela a situazione di vulnerabilità individuale, è comunque “necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei a far desumere che il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass., 2 luglio 2020, n. 13573).

Con specifico riguardo alla condizione personale del richiedente, tuttavia, il ricorso non va oltre la generica indicazione della frequentazione di un “corso professionalizzante” e dello studio della lingua italiana, da parte del richiedente.

6. – Non ha luogo provvedere alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità, posto che il Ministero è rimasto intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato parti a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

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