Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2651 del 04/02/2010

Cassazione civile sez. II, 04/02/2010, (ud. 04/12/2009, dep. 04/02/2010), n.2651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A. (OMISSIS), B.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CALABRIA

56, presso lo studio dell’avvocato BONARRIGO GIOVANNI, rappresentati

e difesi dall’avvocato PALOMBELLI PIETRO;

– ricorrenti –

contro

M.E. (OMISSIS), A.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO

82, presso lo studio dell’avvocato BASSI STEFANO, che li rappresenta

e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1616/2005 del TRIBUNALE di LATINA, depositata

il 22/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

04/12/2009 dal Consigliere Dott. MAZZACANE Vincenzo;

udito l’Avvocato PALOMBELLI Pietro, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato BASSI Stefano, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22/10/1990 G.A. e B.G. convenivano in giudizio dinanzi alla Pretura di Latina M.E. e A.F. chiedendo dichiararsi l’inesistenza sul fondo di loro proprieta’, sito in (OMISSIS), della servitu’ affermata dai convenuti e relativa all’uso delle tubazioni della rete fognante che, dipartendosi dalle abitazioni di questi ultimi, si raccordava al collettore comunale dopo aver attraversato il terreno degli istanti; ritenuto che tale situazione era causativa di danni, chiedevano la rimozione delle tubazioni.

I convenuti costituendosi in giudizio deducevano che la suddetta servitu’ esisteva dal 1983 ed era stata realizzata previo esplicito accordo con gli attori che, in cambio del passaggio sul proprio fondo, avrebbero utilizzato tale rete fognante, nel tratto successivo all’attraversamento del proprio terreno, per far defluire nel collettore comunale le proprie acque di scarico; in via riconvenzionale chiedevano la costituzione giudiziale della servitu’ di scarico, nonche’ la condanna delle controparti al risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento al predetto accordo.

Con sentenza del 15/7/1994 il Pretore adito dichiarava l’inesistenza del diritto di servitu’ di scarico vantato dal M. e dalla A., dichiarava l’inammissibilita’ della domanda riconvenzionale ex art. 1043 c.c. e rigettava la domanda di risarcimento danni dagli stessi formulata.

Proposto gravame da parte del M. e dell’ A. cui resistevano il G. e la B. il Tribunale di Latina con sentenza del 22/6/2005, in parziale accoglimento dell’appello, ha condannato gli appellati al risarcimento dei danni nei confronti degli appellanti nella misura di Euro 21.000.000,00.

Per la cassazione di tale sentenza il G. e la B. hanno proposto un ricorso articolato in un unico motivo cui il M. e la A. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo proposto i ricorrenti, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1043 c.c., u.c. in relazione all’art. 1033 c.c., u.c., agli artt. 1037, 1058, 1424 e 2725 c.c. nonche’ insufficiente e contraddittoria motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver attribuito rilievo ad un asserito patto orale intervenuto tra le parti – in forza del quale gli appellati avrebbero consentito al passaggio sul proprio fondo della rete fognaria proveniente dal fondo degli appellanti – idoneo a costituire una servitu’ irregolare.

I ricorrenti assumono che nella specie si era valorizzata una prova orale in violazione dell’art. 2725 c.c., posto che, quando la legge prevede per un determinato contratto la forma scritta “od substantiam”, alla mancata produzione in giudizio del documento non puo’ supplire la prova per testi; sulla base di tale premessa in diritto, non era quindi possibile – come invece ritenuto dal giudice di appello – convertire un patto orale in un rapporto efficace con effetti reali sia pure irregolari, ovvero in una convenzione irregolare costitutiva di una servitu’ di scarico facendone conseguire effetti risarcitori.

La censura e’ infondata.

Il Tribunale di Latina ha ritenuto inequivocabilmente provato un accordo verbale tra le parti in base al quale il G. e la B. avevano acconsentito al passaggio sul loro fondo di una rete fognante proveniente dal fondo di proprieta’ del M. e dell’ A.; al riguardo ha richiamato le concordi dichiarazioni dei due testi escussi entrambi esecutori diretti dei lavori di scavo effettuati all’interno del cortile di proprieta’ degli attuali ricorrenti; all’esito di tale accertamento di fatto – non oggetto di specifiche censure in questa sede – il giudice di appello, pur considerata l’irrilevanza di detto accordo ai fini della configurabilita’ di un valido contratto costitutivo di una servitu’ di scarico, nullo per difetto della forma scritta richiesta “ad substantiam”, lo ha invece valutato idoneo a costituire una servitu’ irregolare a carattere non reale ma obbligatorio in virtu’ di conversione ex art. 1424 c.c. del contratto nullo nell’altro contratto di cui il primo conteneva sia i requisiti di forma che di sostanza, avuto riguardo a quest’ultimo proposito alla omogeneita’ funzionale dei due negozi, elemento che faceva ritenere sussistente, rispetto al negozio diverso, anche la volonta’ ipotetica delle parti, tale da potersi sostenere che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullita’ del primo.

Il convincimento del Tribunale di Latina e’ corretto e quindi condivisibile.

Sotto un primo profilo, attinente alla conversione di un contratto nullo in un contratto diverso del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, si rileva che nella specie il giudice di appello ha ritenuto sussistenti i requisiti necessari per l’operativita’ dell’art. 1424 c.c. anche con specifico riferimento alla cosiddetta volonta’ ipotetica delle parti di conversione dell’accordo per la costituzione di una servitu’ di passaggio in quello per la previsione di un diritto di natura personale a favore dei soli stipulanti(vedi per l’applicabilita’ dell’art. 1424 c.c. proprio in materia di servitu’ Cass. 27/10/2006 n. 23145), e che tale accertamento non e’ stato oggetto di censure quantomeno specifiche in questa sede.

Tanto premesso, occorre poi osservare che la giurisprudenza di questa Corte riconosce ammissibile ai sensi del principio di autonomia contrattuale dell’art. 1322 c.c. che la volonta’ delle parti possa dar luogo a rapporti meramente obbligatori sottraendosi alla regola della tipicita’ dei diritti reali su cosa altrui (Cass. 11/3/1981 n. 1387), essendo quindi possibile, invece che la previsione di un peso su di un fondo (servente) per l’utilita’ di un altro fondo (dominante) in una relazione di asservimento del primo al secondo che si configura come una “qualitas” inseparabile di entrambi, la pattuizione di un semplice obbligo personale quando il diritto attribuito sia stato previsto esclusivamente per un vantaggio di un determinato soggetto senza alcuna funzione di utilita’ fondiaria (Cass. 29/8/1991 n. 9232; Cass. 29/8/1998 n. 8611; Cass. 27/10/2006 n. 23145).

Sulla base di tali rilievi e’ evidente l’infondatezza del motivo in esame, incentrato sull’asserito riconoscimento da parte del giudice di appello di una servitu’ di scarico pur in assenza della imprescindibile forma scritta, laddove, come si e’ rilevato, la sentenza impugnata si e’ limitata alla configurazione di un patto tra le parti che aveva dato luogo tra esse ad un mero rapporto obbligatorio, suscettibile soltanto di effetti di natura risarcitoria a carico degli appellati che erano rimasti inadempienti all’obbligo assunto di far passare sul proprio fondo la rete fognaria degli appellanti.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2000,00 per onorari di avvocato.

Cosi deciso in Roma, il 4 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010

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