Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26509 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 20/11/2020, (ud. 13/11/2019, dep. 20/11/2020), n.26509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14378-2015 proposto da:

M.M., L.S., T.A., Z.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 29,

presso lo studio dell’avvocato BARBARA PICCINI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ARTURO LANZA;

– ricorrenti –

contro

B. TRASPORTI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI ANEMONI, 6/A,

presso lo studio dell’avvocato FABIOLA TROMBETTA, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE GRASSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 495/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 02/12/2014 R.G.N. 343/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ARTURO LANZA;

udito l’Avvocato FABIOLA TROMBETTA per delega verbale GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza n. 495/2014, pubblicata il 2.12.2014, ha rigettato il gravame interposto da M.M., D.B., K.S.; L.S., P.P., S.F., T.A. e Z.F., nei confronti della S.p.A. B. Trasporti, avverso la sentenza del Tribunale di Mantova n. 22/2014, resa in data 11.2.2014, con la quale era stato respinto il ricorso dei predetti lavoratori, dipendenti della società, con mansioni di autista, diretto ad ottenere il pagamento di differenze retributive per lavoro straordinario, calcolate secondo le maggiorazioni stabilite dal CCNL di categoria, detratto quanto allo stesso titolo percepito in busta paga.

La Corte territoriale, per quanto ancora in questa sede rileva, confermando il proprio consolidato orientamento nella materia, ha osservato che “Il compenso per lavoro straordinario è stato calcolato e retribuito per tutti i lavoratori in base all’apposita disciplina stabilita con il Contratto Integrativo Aziendale 31.3.2001 (come modificato il 9.11.2002) e con il Contratto Integrativo Aziendale 18.4.2006, sottoscritti dalle OO.SS. e dalle RSU e applicati, seconda la espressa volontà contrattuale, a tutto il personale dipendente della società firmataria”; che “gli appellanti deducono l’erronea interpretazione da parte della sentenza di primo grado dell’art. 11, comma 10 CCNL applicato al rapporto, affermando che gli accordi integrativi aziendali in questione dovevano essere firmati per adesione dai lavoratori interessati e che i ricorrenti non solo non vi avevano aderito, ma li avevano anche contestati”; che “la tesi non può essere condivisa, perchè contraria a quanto espressamente previsto nei commi precedenti, nei quali gli accordi aziendali territoriali e gli accordi aziendali integrativi sono disciplinati come strumenti per la definizione, anche forfetaria, dei trattamenti di trasferta e del compenso per il lavoro straordinario. In particolare, il comma 9, dopo aver chiarito che la forfetizzazione dei trattamenti di trasferta e dei compensi per lavoro straordinario ha la natura e l’efficacia di accordo collettivo, afferma espressamente che “gli accordi collettivi si applicano alla totalità dei lavoratori dipendenti delle aziende che rientrano nel campo di applicazione degli accordi stessi”. Del resto, l’efficacia generalizzata risponde alla finalità propria degli accordi aziendali integrativi stipulati nella specifica materia del lavoro straordinario prestato dagli autisti addetti a mansioni discontinue: poichè può risultare oggettivamente difficile definire, caso per caso, ciò che, nell’ambito delle mansioni discontinue, va considerato prestazione lavorativa, con tali accordi si facilita la liquidazione del relativo compenso, adottando, mediante uniformi criteri da applicare alla generalità dei lavoratori, una liquidazione forfetaria”.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso M.M., L.S., T.A. e Z.F., articolando quattro motivi ulteriormente illustrati da memoria. La B. Trasporti S.p.A. ha resistito con controricorso.

La causa, inizialmente fissata all’adunanza camerale del 5.6.2019, è stata rinviata a nuovo ruolo – e, successivamente, fissata alla pubblica udienza del 13.11.2019 -, avendo il Collegio ritenuto che non sussistessero i presupposti per la trattazione della stessa in camera di consiglio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione/falsa applicazione degli artt. 115-116 c.p.c.; art. 2697 c.c.. Decisività dei dischi cronotachigrafi” ed in particolare, si lamenta che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere irrilevanti, ai fini della prova del lavoro straordinario i dischi cronotachigrafi prodotti dai lavoratori e che la parte datoriale non avrebbe contestato, in quanto, a parere dei ricorrenti, ciò avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a ritenere che “la durata della prestazione che vi si trova riportata va ritenuta corrispondente al reale ed effettivo orario di lavoro svolto dai prestatori”.

2. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per “violazione/falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e art. 11 CCNL Trasporti, e si deduce che la pronunzia impugnata sarebbe “lacunosa e contraria alla norma regolante l’interpretazione dei contratti ex art. 1362 c.c., con specifico riferimento a quanto stabilito dall’art. 11 del CCNL Trasporti” e che, pertanto, i giudici di appello avrebbero errato nel reputare che non fosse necessaria la firma di ogni singolo lavoratore per l’adesione agli Accordi Integrativi Aziendali del 9.11.2002 e del 14.4.2006 in materia di forfetizzazione del lavoro straordinario e che, dunque, tali Accordi potessero essere applicati anche ai lavoratori di cui si tratta, nonostante questi ultimi non li avessero mai sottoscritti per adesione.

3. Con il terzo mezzo di impugnazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321,1322,1372 c.c.; art. 39 Cost. e art. 112 c.p.c., avendo i giudici di seconda istanza ritenuto erroneamente applicabili gli Accordi Integrativi Aziendali del 9.11.2002 e del 14.4.2006, nonostante l’espresso dissenso da parte dei ricorrenti, e senza neppure considerare che i medesimi Accordi avrebbero introdotto una drastica riduzione (di oltre il 20%) del trattamento retributivo dei lavoratori.

4. Con il quarto mezzo di impugnazione si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2099 c.c. e art. 36 Cost., in relazione agli artt. 2107 e 2108 c.c., artt. 11, 11-bis e 18 CCNL Trasporti, nonchè la violazione degli artt. 1362 e 1367 c.c. “in relazione all’art. 9.5 dell’AIC 14.4.2006” e si afferma che la sentenza “andrà cassata anche se si volesse riconoscere valenza vincolante alle intese endo-aziendali, in quanto il trattamento comunque applicato dalla società resistente ai lavoratori ricorrenti risulta lesiva del diritto al trattamento retributivo proporzionale alla quantità del lavoro prestato” ed “anche volendo riconoscere efficacia erga omnes agli AIC in questione, comunque i ricorrenti dovevano e devono essere retribuiti per le differenze esposte in virtù del superamento palese ed inequivoco delle soglie di forfetizzazione approntate dall’azienda, come risulta dalla lettura dei dischi cronotachigrafi”.

4. Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, ed altresì per primi, per ragioni di logica pregiudizialità – dato che, all’evidenza, prima di valutare gli effetti del dedotto mancato disconoscimento, da parte della società datrice, dei dischi cronotachigrafi, è necessario accertare se siano, o meno, applicabili, nei confronti dei ricorrenti, gli Accordi Integrativi Aziendali del 9.11.2002 e del 14.4.2006, che hanno ridefinito i c.d. tempi di lavoro, introducendo, tra l’altro, un sistema di forfetizzazione degli straordinari -, non sono fondati.

Al riguardo, si osserva che la Corte territoriale è pervenuta alla decisione oggetto del presente giudizio uniformandosi agli ormai consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia, del tutto condivisi da questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene – ed ai quali, ai sensi dell’art. 118 Disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo (cfr., in particolare e tra le molte, Cass. nn. 12272/2013; 6044/2012; 10353/2004; 17674/2002; 5953/1999) -, secondo cui “I contratti collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell’azienda, ancorchè non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l’unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l’esplicito dissenso dall’accordo”. E ciò, in quanto, come, in più occasioni, sottolineato da questa Suprema Corte, la tutela di interessi collettivi della comunità di lavoro aziendale e, talora, la inscindibilità della disciplina che ne risulta, concorrono a giustificare “la efficacia soggettiva erga omnes dei contratti collettivi aziendali, cioè nei confronti di tutti i lavoratori dell’azienda, ancorchè non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti” (v. tra le altre, Cass. n. 12272/2013, cit.). Pertanto, correttamente, la Corte territoriale ha reputato che, non risultando neppure dedotto che i ricorrenti fossero iscritti ad una O.S. diversa da quelle stipulanti, ai medesimi dovessero essere applicati i contratti integrativi aziendali di cui si tratta, relativamente ai quali ultimi, peraltro, le censure sollevate con i mezzi di impugnazione all’esame si limitano a contrapporre una diversa interpretazione delle norme contrattuali, rispetto a quella posta a fondamento della decisione impugnata, senza indicare specificamente in quale modo i canoni ermeneutici siano stati violati.

Ciò premesso, attraverso argomentazioni del tutto corrette dal punto di vista logico-giuridico, ed altresì condivisibili, i giudici di seconda istanza hanno, appunto, ritenuto che non fosse necessaria la preventiva adesione agli accordi in questione da parte dei singoli lavoratori, perchè gli stessi avessero efficacia. Ed invero, ai sensi dell’art. 11, comma 10 CCNL di categoria, “Per l’efficacia di tali accordi si applica agli stessi la seguente clausola di decadenza: “il lavoratore è tenuto, a pena di decadenza, a chiedere il pagamento delle differenze di indennità di trasferta e di compenso per lavoro straordinario che ritenga dovute, derivanti dal presente accordo, nel termine perentorio di sei mesi dalla data in cui riceve i compensi ai titoli suddetti”. Gli accordi di cui sopra dovranno essere firmati dai lavoratori interessati”. Orbene, date le considerazioni svolte in premessa, non possono essere condivise le doglianze dei ricorrenti – secondo cui il conferimento di efficacia delle disposizioni in materia di orario di lavoro contenute in tali accordi, per divenire vincolanti, avrebbero dovuto essere firmate dai lavoratori -, le quali contrastano anche con quanto espressamente previsto nei commi precedenti (v., in particolare, il comma 9), che disciplinano tali accordi come strumenti per la definizione, anche forfetaria, dei trattamenti di trasferta e del compenso per lavoro straordinario, sottolineandone la natura e l’efficacia di accordo collettivo e statuendo che “si applicano alla totalità dei lavoratori dipendenti delle aziende che rientrano nel campo di applicazione degli accordi stessi”.

Da quanto innanzi osservato, discende che “l’adesione del singolo lavoratore” debba considerarsi necessaria solo per l’efficacia della clausola di decadenza prevista dal citato art. 11, stesso comma 10 CCNL di settore; e, dunque, i lavoratori, certamente vincolati dall’accordo integrativo aziendale in base all’efficacia generalizzata dello stesso, devono accettare per iscritto soltanto la clausola che stabilisce un termine di decadenza per fare valere differenze retributive che derivino dall’accordo e che i lavoratori ritengano ad essi spettanti (v. pag. 7 della sentenza impugnata).

5. Per le considerazioni in precedenza svolte, ed altresì perchè attiene a doglianze finalizzate ad ottenere un nuovo esame del merito (tra le varie, Cass. n. 24434/2016), precluso in questa sede, il primo motivo è inammissibile. Ed invero, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di legittimità (cfr., per tutti, Cass., SS.UU., 15486/2017), “La violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo lamentando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dai poteri officiosi riconosciutigli. A tanto va aggiunto che, in linea di principio, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (tra le varie, Cass. n. 24434/2016), dovendosi peraltro ribadire che, in relazione al nuovo testo di questa norma, qualora il giudice abbia preso in considerazione il fatto storico rilevante – come è avvenuto nel caso di specie -, l’omesso esame di elementi probatori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo (Cass., SS.UU. n. 8053/2014)” (peraltro, sulla valenza probatoria dei dischi cronotachigrafi ai fini della prova del lavoro straordinario, che deve essere sempre supportata da ulteriori elementi, v., tra le molte, Cass. nn. 24613/209; 6013/2016).

6. Il quarto motivo non è meritevole di accoglimento, in quanto premesso che i lavoratori non iscritti alle Organizzazioni aziendali stipulanti hanno interesse a negare l’efficacia, nei loro confronti, del contratto aziendale solo laddove le disposizioni in quest’ultimo contenute risultino di minore favore -, nella fattispecie, i ricorrenti non hanno addotto elementi delibatori su cui fondare i loro assunti, nè hanno indicato in quali parti gli accordi aziendali deroghino in peius al CCNL di categoria, essendosi i medesimi “limitati ad affermare di aver subito un sensibile calo del trattamento retributivo che, a parità di ore lavorate, sarebbe del 20%”. E ciò “è confermato nell’atto di appello, ove si sostiene che il carattere peggiorativo sarebbe palese, altrimenti non si sarebbe nemmeno spiegata la generazione di differenze retributive così consistenti” (v. pag. 8 della sentenza impugnata”.

Per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato.

7. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

8. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate complessivamente in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

 

 

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