Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26507 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 12/12/2011), n.26507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1269/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

S.M.G.;

Nonchè da:

– intimata –

S.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA VIA COLA

DI RIENZO 180, presso lo studio dell’avvocato FIORILLI PAOLO,

rappresentata e difesa dagli avvocati MICCINESI MARCO, PISTOLESI

FRANCESCO, giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 91/2008 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 18/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/09/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIDA, che si riporta agli

scritti;

udito per il resistente l’Avvocato GOLINO, delega Avvocato PISTOLESI,

che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, accoglimento ricorso incidentale.

Fatto

1. Con sentenza n. 91/8/08, depositata il 18.11.08, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Ferrara avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato parzialmente accolto il ricorso proposto da S.M.G. – quale amministratore della SAIMI s.r.l. – nei confronti dell’avviso di irroga-zione sanzioni, relativo all’IVA per l’anno 1998.

2. La CTR riteneva, invero, – in considerazione anche dell’esito favorevole alla predetta società del contenzioso da questa instaurato in relazione all’atto impositivo (avviso di rettifica) a monte di quello impugnato dalla S. – di dover respingere l’appello dell’amministrazione e di confermare la pronuncia di prime cure, non essendo riuscito – a suo dire – l’Ufficio a “confutare validamente le sostanze che suffragano la sentenza appellata”.

3. Per la cassazione della sentenza n. 91/8/08 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, formulando tre motivi, ai quali l’intimata ha replicato con controricorso, contenente altresì ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. Assume, infatti, l’amministrazione che la CTR avrebbe provveduto a confermare l’annullamento – disposto dalla CTP – dell’avviso di irrogazione sanzioni emesso a carico della S., sulla base del solo presupposto dell’avvenuto annullamento, da parte del medesimo organo giudicante, del medesimo atto di rettifica ed irrogazione sanzioni per l’IVA 1998, emesso nei confronti della società SAIMI s.r.l., della quale la S. è amministratore e legale rappresentante. Tale estensione, a parere dell’Agenzia delle Entrate, sarebbe del tutto illegittima, atteso che la menzionata pronuncia resa nei confronti della società non era definitiva, essendo stata impugnata dall’amministrazione con ricorso per cassazione.

Di qui la dedotta violazione dell’art. 2909 c.c., per avere il giudice di appello annullato l’atto impugnato dalla contribuente sul solo presupposto dell’avvenuto accoglimento dell’identico ricorso proposto dalla società, in separato giudizio, benchè la sentenza ivi emessa non fosse ancora passata in giudicato.

1.2. La censura è infondata.

1.2.1. Osserva, invero, la Corte che la decisione emessa nei confronti della società SAIMI s.r.l. non è stata affatto assunta – come si rileva dalla semplice lettura della sentenza di appello – come un precedente vincolante nel separato giudizio pendente tra amministrazione finanziaria e legale rappresentante di detta società, e neppure avrebbe potuto esserlo, stante la diversità dei soggetti dei due giudizi. E non a caso, l’impugnata sentenza non contiene riferimento alcuno al valore di giudicato del precedente decisum concernente la società. La CTR si è, per vero, limitata – sia pure con motivazione assolutamente sintetica ed apodittica – ad assumere detta decisione come un precedente non vincolante, ma condivisibile, e dal quale trarre, pertanto, elementi di valutazione utili anche nel giudizio incardinato, per la medesima vicenda, dal legale rappresentante dell’ente. Non può che essere intesa in tal senso, infatti, ad avviso della Corte, l’affermazione contenuta nella sentenza gravata, secondo cui la decisione emessa nel diverso giudizio, incardinato dalla società, “invalida la rilettura critica dei fatti che viene suggerita in atto di appello”. Con tale affermazione, la CTR – com’è evidente – non assume affatto la precedente decisione come vincolante e, perciò, preclusiva dell’esame della medesima questione nel successivo giudizio, ma si limita a condividerne le risultanze e, di conseguenza, a trame elementi di valutazione utili per la definizione del giudizio concernente il socio e legale rappresentante di detta società.

1.2.2. Da quanto suesposto deve, pertanto, inferirsi – a giudizio della Corte – che non può considerarsi sussistente la violazione del disposto dell’art. 2909 c.c., dedotta dall’amministrazione con il primo motivo di ricorso, che va, pertanto, disatteso.

2. Con il secondo e terzo motivo di ricorso, che vanno esaminati contestualmente, attesa la loro evidente connessione, l’Agenzia delle Entrate deduce la sussistenza di vizi concernenti la motivazione della sentenza di appello. In particolare, con il secondo motivo di ricorso, l’amministrazione deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

2.1. Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, invero, La CTR sarebbe incorsa nel vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, essendosi limitata a richiamare, nel giudizio proposto dall’amministratore, la precedente decisione emessa nel giudizio concernente la società SAIMI s.r.l., senza prendere in alcun modo in esame i motivi di appello proposti dall’amministrazione finanziaria.

La motivazione per relationem, posta a fondamento dell’impugnata decisione, sarebbe, per contro, consentita – ad avviso dell’Agenzia ricorrente – solo quando il giudice, pur richiamando la precedente decisione a sostegno di quella da lui emessa, esponga, sia pure sinteticamente, le ragioni che lo inducono a condividerla ed a disattendere, di conseguenza, il gravame in relazione ai motivi di impugnazione proposti.

3. Con il terzo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce, poi, l’insufficiente motivazione su fatti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

3.1. A parere dell’amministrazione, la CTR avrebbe, infatti, motivato la sentenza, impugnata in questa sede, esclusivamente per relationem ad altra decisione di appello non concernente la SAIMI s.r.l., interessata quale condebitrice in solido con la S. nel presente giudizio, bensì un diverso soggetto giuridico, costituito dalla società Officine Spettoli s.r.l..

Tale ultima decisione, pertanto, non potrebbe fornire alcun supporto argomentativo nella presente controversia, nella quale alla contribuente viene imputato di essere coautrice materiale delle violazioni ascritte alla SAIMI s.r.l., a nulla rilevando che la medesima sia anche amministratrice della Officine Spettoli s.r.l..

4. Il secondo motivo di ricorso è fondato e va accolto, assorbito il terzo.

4.1. Ed invero – secondo il costante insegnamento di questa Corte – la motivazione per relationem della sentenza di appello è legittima purchè il giudice del gravame, facendo proprie le argomentazione di quello di prima istanza, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, di guisa che il percorso argomentativo, desumibile dal raffronto tra le parti motive di entrambe le sentenze, risulti appagante e corretto, in conformità al modello di sentenza prefigurato dal disposto dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

Tale correttezza del percorso motivazionale non può, per contro, essere ritenuta da questa Corte laddove il giudice di appello si limiti ad una laconica motivazione, formulata in termini di mera adesione alla motivazione dell’impugnata sentenza, o di altra da lui richiamata e posta a fondamento della decisione emessa. E’ fin troppo evidente, infatti, che in siffatta ipotesi non è in alcun modo possibile inferire che alla condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto sulla base dell’esame dei motivi di gravame, e di una valutazione di infondatezza degli stessi (Cass. 2268/06, 15483/08, 25866/10, 18625/10, 11138/11).

4.2. Nel caso di specie, la motivazione della decisione di appello si limita ad un rinvio del tutto generico al “pronunciamento” emesso, in separato giudizio, in relazione alla società, e che sarebbe stato suscettibile – a detta della CTR – di invalidare tout court “la rilettura critica dei fatti che viene suggerita in atto di appello”.

Di contro, l’esame dei motivi – sui quali dovrebbe, invece, fondarsi l’intero thema decidendum del giudizio di secondo grado, a mente degli artt. 339 e 342 c.p.c. – viene, di fatto, ristretto alla seguente, laconica ed apodittica, affermazione: “questa Commissione deve respingere l’appello, poichè l’Ufficio non ha potuto confutare validamente le sostanze che suffragano la sentenza appellata”. Ma neppure a tale ultima sentenza viene, in verità, riservata una qualsiasi attenzione, o specifica menzione, sia pure per condividerne gli assunti argomentativi, da parte del giudice di appello.

4.3. Se ne deve necessariamente inferire, a giudizio della Corte, la piena fondatezza del motivo di ricorso dedotto al riguardo dall’Agenzia delle entrate, attesa la palese nullità dell’impugnata sentenza per difetto assoluto di motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4. Ne consegue la cassazione della decisione della CTR dell’Emilia Romagna, con rinvio al giudice di appello, che vorrà procedere ad un compiuto esame dei motivi di gravame proposti dell’Agenzia delle Entrate, tenendo conto dei rilevi mossi al riguardo da questa Corte.

5. Passando, quindi, all’esame dei motivi posti a fondamento del ricorso incidentale della S., va rilevato che, con il primo motivo di ricorso, l’intimata deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

5.1. Osserva, invero, la S. che la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi su due specifici motivi di appello proposti dalla contribuente nel secondo grado di giudizio, ed attinenti, il primo, al rigetto – da parte del giudice di prime cure – dell’eccezione concernente la nullità dell’avviso di irrogazione delle sanzioni per l’IVA 1998 per mancanza di motivazione e di prove a sostegno dell’atto, il secondo, alla disposta compensazione, da parte della CTP, delle spese del giudizio di primo grado, nonostante la sostanziale soccombenza dell’amministrazione.

5.1.1. Ciò premesso, osserva la Corte che il motivo di ricorso incidentale concernente la regolamentazione delle spese processuali, resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso principale, da cui consegue la cassazione della decisione di appello, con rinvio ad altro giudice di secondo grado.

Ed invero, la cassazione anche di un solo capo della sentenza di appello si estende alla statuizione relativa alle spese processuali, la cui regolamentazione va, pertanto, totalmente rinnovata dal giudice di rinvio, alla stregua dell’esito finale della lite (Cass. 5988/01, 10133/93).

5.1.2. Ad ogni buon conto, il motivo è altresì inammissibile, atteso che la statuizione della sentenza che provvede sulle spese di giudizio costituisce un capo autonomo della decisione. Ne discende, pertanto, che l’impugnazione avverso di essa deve essere proposta in via autonoma e non – come è accaduto nel caso concreto – per mezzo di impugnazione incidentale tardiva, che deve considerarsi, per tale ragione, inammissibile (Cass. 20126/06, 3656/87, 1271/86).

5.2. La censura in esame si palesa, viceversa, fondata in relazione all’omesso esame, da parte della CTR, del motivo di appello concernente il rigetto – operato dal giudice di prime cure – dell’eccezione concernente la nullità dell’avviso di irrogazione sanzioni per mancanza di motivazione e di prove a sostegno dell’atto.

5.2.1. Va rilevato, infatti, che la contribuente aveva articolato uno specifico motivo di appello – compiutamente trascritto nel ricorso per cassazione – con il quale censurava il rigetto, da parte del giudice di prime cure, dell’eccezione di nullità dell’atto, nel quale si sostanziava la pretesa impositiva dell’amministrazione, per non avere l’Ufficio dato conto, nella relativa motivazione, delle ragioni che avevano indotto l’amministrazione a ritenere corretta la ricostruzione operata dalla Guardia di Finanza di Ferrara nel processo verbale di constatazione, nonchè degli elementi di prova sui quali tale convincimento si fondava.

E tuttavia, alla censura in questione la decisione di appello non riserva attenzione alcuna, non essendo possibile desumere dall’impugnata sentenza riferimento di sorta alla censura avente ad oggetto il rigetto della suindicata eccezione, proposta in primo grado dalla contribuente.

5.2.2. Ne discende, pertanto, che il ricorso incidentale della S. va accolto con riferimento a questa sola censura, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza anche in relazione ad essa.

6. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la S. deduce, infine, la violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, convertito in L. n. 326 del 2003, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

6.1. Osserva, invero, la contribuente che la CTR avrebbe dovuto escludere qualsiasi personale responsabilità di essa istante nella vicenda de qua, atteso che il D.L. n. 269 del 2003, art. 7, convertito in L. n. 326 del 2003, stabilisce che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”, quale – nel caso di specie – è, senza dubbio, da considerarsi la SAIMI s.r.l..

Tale disposizione, per il principio del favor rei, che ispira anche l’ordinamento tributario, oltre quello penale, e che è espresso dall’art. 3, comma 2 – a tenore del quale “nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile” – dovrebbe essere, invero, – a parere della S., applicabile retroattivamente anche a fattispecie maturatesi prima della sua entrata in vigore.

6.2. Ciò posto, va rilevato, in senso contrario a quanto dedotto su punto dalla contribuente, che la stessa norma del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, prevede espressamente che “le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Ebbene, poichè nel caso concreto l’irrogazione delle sanzioni è stata effettuata alla contribuente nel 2001, ossia ben prima dell’entrata in vigore della norma suindicata, la fattispecie deve ritenersi regolata dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, in forza del quale, nel caso di violazione incidente sulla determinazione o sul pagamento del tributo, l’ente collettivo (con o senza personalità giuridica) è responsabile di detta violazione, in solido con l’autore materiale di essa (cfr. C. Cost. n. 147/07).

6.3. Ne consegue, pertanto, che il motivo di ricorso suesposto deve ritenersi del tutto infondato.

7. Per tutte le ragioni che precedono, l’impugnata sentenza va, di conseguenza, cassata in relazione ai motivi di ricorso principale ed incidentale accolti, con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna, che provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il ricorso principale in relazione al secondo motivo;

rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il terzo; accoglie il ricorso incidentale come da motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, che provvederà alla liquidazione anche delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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