Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26506 del 21/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 21/12/2016, (ud. 18/10/2016, dep.21/12/2016),  n. 26506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente –

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ISA Claudio – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5136-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

OPERA’ SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 21/2012 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE,

depositata il 05/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Operà srl, esercente attività di gestione bar e caffè, catering/ristorazione, impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate, a seguito di accertamento di ufficio, rettifica il reddito dichiarato da Euro 30.029,00 ad Euro 399.752,00 e chiedeva la corresponsione di una maggiore imposta ai fini Iva, Ires ed Irap. La ricorrente eccepiva la carenza di motivazione, l’eccessiva percentuale di ricarico, il calcolo dei ricavi.

Si costituiva l’Agenzia delle Entrate, contestando le eccezioni della contribuente, ribadiva la legittimità del proprio operato e chiedeva il rigetto del ricorso.

La CTP di Trieste con sentenza 296/01/2009, accoglieva il ricorso, annullava l’avviso di accertamento e condannava l’Agenzia al pagamento delle spese del giudizio. La CTR del Friuli Venezia Giulia, pronunciandosi su appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, rigettava l’appello e condannava l’appellante alla refusione delle spese di giudizio. Secondo la CTR del Friuli Venezia Giulia, nel complesso le violazioni contestate dall’Agenzia non erano così gravi da legittimare le rettifiche apportate ai ricavi con l’avviso di accertamento. L’indicazione dei ricavi, per altro, risulterebbe errata.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta, dall’Agenzia delle Entrate, con ricorso affidato a sei motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= L’Agenzia delle Entrate lamenta:

a) Con il primo motivo di ricorso l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata non spiega sufficientemente le ragioni per le quali l’avviso di accertamento sarebbe illegittimo.

b) Con il secondo motivo, la violazione dell’art. 92, comma 1, TUIR, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Avrebbe errato la CTR nel ritenere che le violazioni riscontrate non sarebbero da giudicare “gravi” perchè non ha tenuto conto che l’inattendibilità delle scritture contabili veniva individuata in due precise circostante di fatto: a) l’accertamento dell’IMps aveva riscontrato personale (in particolare presso il ristorante interno) non regolarmente scritto nei libri paga e matricola; b) che i beni in giacenza anzichè essere indicate mediante raggruppamento mediante categorie omogene veniva indicate mediante una semplice elencazione.

c) Con il terzo motivo, motivazione insufficiente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo la ricorrente, insufficiente è anche la motivazione della sentenza nella parte in cui fa riferimento alla segnalazione dei fatti alla Procura della Repubblica per trarre un ulteriore elemento per affermare l’illegittimità dell’accertamento perchè non ha spiegato quale rilevanza tale elemento avrebbe avuto nella determinazione del proprio convincimento.

d) Con il quarto motivo, l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo la ricorrente, immotivata appare la sentenza anche nella parte in cui fa riferimento ad un presunto errore nell’indicazione dei ricavi in Euro contenuto nel PVC, nella parte dedicata alla determinazione dell’indice di reddittività, che avrebbe compromesso i risultati dell’accertamento, perchè la CTR non avrebbe tenuto conto dei chiarimenti forniti dall’Amministrazione.

e) Con il quinto motivo, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente, la sentenza sarebbe illegittima per violazione di legge nella parte in cui ritiene che l’Ufficio si era limitato a sostenere le violazioni contabili, non tenendo conto delle deduzioni dello studio di settore, posto che l’accertamento analitico induttivo è assistito da presunzione semplice.

f) Con il sesto motivo, la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. Civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Secondo la ricorrente la sentenza sarebbe nulla nella parte in cui, nel dispositivo, annulla in toto l’avviso di accertamento, senza tener conto che due rilievi (di minor rilevanza monetaria) relativi al recupero a tassazione di costi non inerenti all’attività d’impresa e non di competenza non sono stati impugnati dalla società.

1.1.= I primi cinque motivi che, vanno esaminati congiuntamente, per l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi, posto che pongono lo stessa questione e, cioè, se i vizi contabili (o il singolo vizio) lamentati (o) dall’Agenzia delle Entrate, avrebbero potuto legittimare l’accertamento analitico induttivo oggetto del presente giudizio, sono infondati.

Va qui precisato che l’accertamento analitico induttivo è legittimo, sia pur in presenza di una contabilità regolare, se appare verosimile, sulla base di presunzioni anche semplici, l’esistenza di ricavi non dichiarati. Ora la sentenza impugnata ha escluso con apprezzamento di fatto congruamente motivato, privo di vizi logici e/o giuridici, che la contabilità della società Operà presentasse irregolarità tali da legittimare un accertamento analitico induttivo e/o, comunque, manifestassero, sia pure in via presuntiva, l’esistenza di ricavi non dichiarati.

Piuttosto, la sentenza impugnata, con adeguata motivazione, ha chiarito che la contabilità della società Operà era perfettamente coerente con lo Studio di settore e che i vizi lamentati dall’Agenzia non era tali e/o di tale portata da non rendere credibili la contabilità della contribuente, e in buona sostanza la congruità dei dati contabili dichiarati con lo strumento degli studi di settore. Ed, ha anche chiarito: a) che sia pur in presenza del D.P.R. n. 570 del 1996, art. 1, l’omessa denuncia dei lavoratori non poteva assumere un significato rilevante sui ricavi della società perchè quella omessa denuncia riguardava un periodo molto modesto (si trattava di un’unità in prova ed altra in sostituzione del cuoco ammalato). B) che l’inventario di magazzino, sia pure redatto in modo semplice era veritiero, e tutti gli altri registri risultavano compilati regolarmente.

2.= Inammissibile è il sesto motivo posto che il motivo di appello, così come riportato anche dalla ricorrente, non era specifico, perchè o la sentenza di primo grado aveva annullato l’accertamento con l’esclusione del “recupero a tassazioni di costi non inerenti all’attività di impresa”, e in questo caso, la mancata impugnazione avrebbe determinato un giudicato interno, sul quale non era necessario intervenire, dovendo ritenere che l’annullamento dell’accertamento non comprendeva il punto di cui si dice, oppure, anche la sentenza di primo grado aveva annullato in toto l’avviso di accertamento e dunque la ricorrente avrebbe dovuto impugnare puntualmente la sentenza sul punto e non sembra che lo abbia fatto.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ.. La particolarità delle questioni esaminate è ragione sufficiente per compensare, tra le parti, le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2016

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