Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26503 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 20/11/2020), n.26503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33072-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOVANNI CALISI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA

SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO;

– controricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato TIZIANA FICARELLI;

– controricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 522/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 13/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Bologna in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, ha accertato dovuto da S.A. il credito di Euro 993,19 derivante dal mancato versamento di contributi, in forza di una cartella di pagamento, notificata all’interessato il 13 agosto 2010, la quale si sottraeva (diversamente da tutte le altre, dichiarate invece prescritte) alla prescrizione quinquennale in forza di un valido atto interruttivo (pignoramento presso terzi in data 28 aprile 2014) posto in essere dall’agente della riscossione;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione sulla base di quattro motivi, illustrati da successiva memoria;

S.A. e l’Inps hanno resistito con tempestivo controricorso, il primo illustrato, altresì, da memoria difensiva ex art. 378 c.p.c.;

Inail è rimasto intimato;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2953 c.c. in relazione al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12, 24, 25 e 49, poichè la notifica della cartella rende il credito e quindi applicabile il termine prescrizionale decennale”;

la ricorrente, pur consapevole della conformità della sentenza gravata al principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 23397 del 2016, sostiene l’applicabilità della prescrizione ordinaria decennale;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 in relazione al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12, 24, 25 e 49, poichè trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento andava applicato il termine di prescrizione decennale – Novazione”;

afferma l’applicazione del termine decennale di prescrizione sulla base di argomenti che asserisce non aver costituito oggetto della pronuncia delle Sez. Un. 23397 del 2016, quali l’effetto novativo che si costituirebbe una volta formato e trasmesso il ruolo, in virtù del quale le ragioni del credito verrebbero incorporate in un unico credito;

col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20 e del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 17. Norma speciale in materia di riscossione che stabilisce il termine decennale di prescrizione, applicabile a tutte le entrate iscritte a ruolo”;

contrasta l’affermazione della Suprema Corte, secondo cui l’art. 20 citato in epigrafe non si applicherebbe al caso de quo non riguardando, la norma, i rapporti fra contribuente ed ente impositore, bensì i rapporti tra quest’ultimo e l’agenzia incaricata della riscossione e, conseguentemente, contesta gli effetti derivanti dall’applicazione di siffatta statuizione;

col quarto e ultimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione e falsa applicazione degli artt. 416-437 c.p.c. circa la ammissibilità in secondo grado, siccome rilevabile d’ufficio la eccezione di sospensione della prescrizione prevista dagli artt. 2941 c.c. e ss., in relazione a fattispecie speciali di sospensione della prescrizione previste dal D.L. n. 74 del 2012, art. 8, comma 1, n. 3 (sospensione per eventi sismici) nonchè L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 623 (sospensione per condono)”;

la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che per alcune delle cartelle i relativi crediti non si erano estinti, in ragione dell’operare di sospensioni legali dei termini di prescrizione, avendo erroneamente affermato di non doversi pronunciare sulla sussistenza di tali cause perchè dedotte per la prima volta in appello;

i primi tre motivi, esaminati congiuntamente per connessione sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

essi contengono critiche – rivolte a confutare un orientamento ormai consolidato espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 23397 del 2016 a cui il giudice dell’appello ha dato corretta attuazione – che non aggiungono alcun elemento utile ad indurne un ripensamento;

il predetto orientamento ha stabilito che “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).”;

in linea con il richiamato principio, con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece della regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 2018) e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuito al ruolo” (Cass. n. 14301 del 2009);

allo stesso modo non assume rilievo il richiamo al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. Un. 23397 del 2016; Cass. n. 31352 del 2018; Cass. n. 9746 del 2020);

quanto al quarto motivo esso merita accoglimento;

l’oggetto originario della controversia consiste nella prescrizione del diritto, e, a fronte di ciò, le contrarie allegazioni dell’agente della riscossione, volte ad affermare la sospensione dei termini di prescrizione per eventi sismici (D.L. n. 74 del 2012, art. 8, comma 1 n. 3) e per condono (L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 623), rappresentano una contestazione delle censure mosse con l’atto impugnato;

l’eccezione di sospensione della prescrizione è, dunque, da considerarsi pienamente ammissibile in appello, atteso che essa non muta gli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa con conseguente ampliamento del thema decidendum, e non soggiace all’onere di tempestiva allegazione della parte interessata (Cass. n. 1550 del 2020, S.U. n. 10531 del 2013);

ciò rileva a maggior ragione quando, come nel caso in esame, l’eccezione si fonda su una norma di legge, valendo il principio iura novit curia;

in definitiva, dichiarati inammissibili i primi tre motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., perchè in contrasto con i principi consolidate espressi da S.U. n. 23397/2016, va accolto il quarto motivo, avendo la Corte territoriale erroneamente dichiarato inammissibile l’eccezione di sospensione della prescrizione perchè proposta per la prima volta in appello;

la sentenza impugnata, quindi, deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata al giudice del merito affinchè esamini la questione sottoposta al suo esame avuto riguardo anche alla eccepita sospensione della prescrizione, decidendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

 

 

 

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