Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26501 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. un., 20/11/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 20/11/2020), n.26501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. TRIA Lucia – Presidente di sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4131-2020 per regolamento di giurisdizione proposto

d’ufficio da:

TRIBUNALE DI TRIESTE, con ordinanza emessa il 10/12/2019 (r.g. n.

2039/2019), nella causa tra:

COMUNE DI BAGNARIA ARSA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANNI

ZGAGLIARDICH;

– ricorrente –

contro

REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA;

– resistente non costituitasi in questa fase –

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal Consigliere CHIARA GRAZIOSI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte

di Cassazione, a Sezioni Unite, dichiari sussistente la

giurisdizione del giudice ordinario.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Comune di Bagnaria Arsa partecipava a bando della Giunta della Regione Friuli Venezia Giulia deliberato il 14 marzo 2014 per la promozione dell’efficienza energetica nella pubblica illuminazione, con conseguente utile collocazione nella graduatoria in relazione al progetto che esso aveva proposto. La Regione, pertanto, al Comune concedeva, con decreto del Direttore del Servizio energia del 6 agosto 2014, un contributo dell’importo complessivo di Euro 77.000, di cui Euro 32.000 finanziati con fondi comunitari, Euro 40.500 con risorse statali e Euro 4500 con fondi regionali, nell’ambito del “Programma operativo regionale (POR) FESR 2007-2013 “Obiettivo competitività regionale e occupazione”. Linea di intervento 5.1.a.2. “Promozione dell’efficienza energetica per i comuni” – Bando per la promozione dell’efficienza energetica nella pubblica illuminazione”.

Con Det. 27 gennaio 2015 il Comune deliberava di svolgere una procedura negoziata, senza pubblicare bando di gara, L.R. Friuli Venezia Giulia n. 14 del 2002, ex art. 22, commi 2 bis e 2 ter all’esito della quale, con determinazione del 5 marzo 2015, aggiudicava l’appalto a un’impresa che poi eseguiva i lavori e che quindi il Comune pagava.

A seguito di ciò, con nota del 28 maggio 2015, il Comune chiedeva alla Regione la liquidazione del saldo del contributo erogato. Con decreto del 19 dicembre 2016 il Servizio energia della Regione revocava invece il contributo, ritenendo che il Comune non avesse “applicato regolarmente la procedura per l’appalto degli interventi di efficientamento degli impianti di pubblica illuminazione” e che pertanto non avesse rispettato “i principi generali comunitari di non discriminazione, parità di trattamento, libera concorrenza e di trasparenza”.

2. Il decreto di revoca veniva impugnato dal Comune con ricorso notificato il 24 febbraio 2017 davanti al Tar Friuli Venezia Giulia, chiedendone l’annullamento e il conseguente accertamento dell’obbligo della Regione di riaprire la valutazione per l’assegnazione del contributo, e, in subordine, la sua condanna al risarcimento del danno.

Con sentenza del 27 marzo 2019 il Tar dichiarava il ricorso inammissibile spettando la giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale avrebbe dovuto proseguire il giudizio ai sensi dell’art. 11 c.p.a.

3. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 14 maggio 2019 il Comune effettivamente adiva il Tribunale di Trieste, come riproposizione del giudizio, per l’accertamento del suo diritto al contributo di Euro 77.000 che gli era stato concesso con il decreto revocato, del quale chiedeva la disapplicazione.

Si costituiva la Regione, resistendo.

Dopo avere suscitato il contraddittorio al riguardo ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, il Tribunale ha pronunciato ordinanza con cui ha chiesto regolamento di giurisdizione, L. n. 69 del 2009, ex art. 59, comma 3.

Si è costituito il Comune con memoria in cui ha chiesto di ricevere comunicazione sulla data della camera di consiglio “al fine di poter meglio argomentare in ordine alle proprie ragioni”. Successivamente, peraltro, ha depositato memoria in cui ha argomentato a favore della giurisdizione del giudice amministrativo.

Il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario, con ogni conseguente effetto.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Nella sua ordinanza, il Tribunale adduce essere dubbia la giurisdizione del giudice ordinario, qualificando discutibile che “l’esercizio del potere di revoca del contributo sia nel caso di specie una conseguenza vincolata al mero accertamento dell’inadempimento dell’obbligato”, in quanto tale accertamento “implica una valutazione in ordine alla legittimità di un’attività di natura pubblicistica, quella cioè riguardante le concrete modalità adottate dal Comune per dare pubblicità alla procedura di scelta del contraente”.

Rileva il Tribunale che la Regione, per sostenere la giurisdizione del giudice ordinario, prospetta che un’attività amministrativa provvedimentale d’esercizio di poteri di indubbia natura pubblicistica, qual è quella dell’individuazione della procedura di scelta del contraente”, sia regolabile al contempo tanto da norme di azione quanto da norme di relazione, onde debba “essere qualificata sia in termini pubblicistici che in termini privatistici a seconda di quale sia il punto di osservazione”: in quest’ottica “le norme e i principi che regolano l’esercizio del potere del Comune di scelta… avrebbero natura di norme di azione solo nei confronti degli aspiranti contraenti”, che nel loro rapporto con il Comune potrebbero far valere solo un interesse legittimo; al contrario, qualora tali norme “divengano, attraverso un elemento normativo contenuto nel bando, un mero metro di valutazione del comportamento del beneficiario di un contributo”, devono valutarsi “al pari di norme di relazione, incapaci di mutare il rapporto paritetico in un rapporto di supremazia tra enti pubblici”.

A tutto questo il Tribunale contrappone che la “decisione sulla correttezza della procedura di scelta del contraente” espletata dal Comune, cui consegue direttamente la decisione sulla legittimità o meno della revoca regionale del contributo, “concerne l’esercizio di un potere amministrativo tipico (eventualmente conformato dall’amministrazione regionale con il bando)”, così dando luogo alla giurisdizione amministrativa ai sensi dell’art. 7 c.p.a.

Invero, secondo il Tribunale, il thema decidendum concerne la “procedura di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, scelta da parte del Comune ricorrente, tenuto al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale”, così da giustificare la giurisdizione esclusiva – “e dunque estesa alle situazioni giuridiche di diritto soggettivo” anche ex art. 133, comma 1, let. e), n. 1 c.p.a.

5. La giurisprudenza di queste Sezioni Unite si è da tempo consolidata quanto alla ripartizione della giurisdizione tra il giudice ordinario e il giudice amministrativo in fattispecie, come quella in esame, di finanziamento pubblico. In particolare, la giurisdizione compete al giudice ordinario nel caso in cui la controversia sia stata promossa per ottenere l’annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico nel caso in cui ciò riguardi proprio il diritto soggettivo (petitum sostanziale) che dal finanziamento è insorto in capo al soggetto che l’annullamento impugna, id est nel caso in cui, revocando il finanziamento, la pubblica amministrazione non eserciti alcun potere, bensì tragga la conseguenza dell’inadempimento, da parte del finanziato, degli obblighi che lo gravano in conseguenza e in correlazione con il finanziamento stesso, in forza della legge che li prevede o in forza del medesimo provvedimento di erogazione, se è questo che li contiene; la giurisdizione compete invece al giudice amministrativo nel caso in cui il soggetto finanziato sia titolare esclusivamente di interesse legittimo nei confronti dell’azione dell’ente pubblico, in quanto questa consiste nell’esercizio di potere di autotutela che conduce all’annullamento del provvedimento di erogazione per vizi di legittimità che lo affliggono o per originario contrasto di tale provvedimento con l’interesse pubblico (da ultimo S.U. ord. 30 luglio 2020 n. 16457: “La controversia promossa per ottenere l’annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico concerne una posizione di diritto soggettivo (ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario) tutte le volte in cui l’amministrazione abbia inteso far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione della mancata osservanza, da parte sua, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione, mentre riguarda una posizione di interesse legittimo (con conseguente devoluzione al giudice amministrativo) allorchè la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico.”; conforme S.U. ord. 1 febbraio 2019 n. 3166; sulla stessa linea S.U. 11 luglio 2018 n. 18241 – per cui, appunto, per le sovvenzioni pubbliche “è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia tra l’ente ammesso al finanziamento e l’ente pubblico sovventore avente ad oggetto un atto di cd. “de finanziamento” adottato da quest’ultimo per vizi di legittimità originari dell’atto attributivo della sovvenzione, in quanto la contestazione attiene ai presupposti dell’esercizio del potere di autotutela decisoria da parte della P.A., nei confronti del quale il soggetto inciso non vanta una situazione di diritto soggettivo, bensì di interesse legittimo.” – e S.U. ord. 17 febbraio 2016 n. 3057 – “La controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico determinata dall’inadempimento del privato beneficiario alle prescrizioni dell’atto di concessione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario qualora la contestazione faccia esclusivo riferimento alle inadempienze del percettore, senza coinvolgere in alcun modo il legittimo esercizio dell’apprezzamento discrezionale del concedente circa “an”, “quid” e “quomodo” dell’erogazione.” -; e cfr. pure S.U. 23 novembre 2018 n. 30418, S.U. 17 luglio 2018 n. 19042, S.U. ord. 11 luglio 2014 n. 15941 e S.U. ord. 24 febbraio 2014 n. 4326).

Tale regola di ripartizione è stata correttamente applicata anche alle controversie risarcitorie (v., sempre tra i più recenti arresti, S.U. 27 giugno 2018 n. 16960: “In tema di domande di risarcimento del danno nei confronti della P.A. a seguito dell’annullamento o sostituzione dell’originario provvedimento di concessione di un finanziamento, spetta al giudice amministrativo la cognizione delle domande che si pongono in rapporto di causalità diretta con il successivo esercizio del potere discrezionale di riesame degli interessi valutati in sede di erogazione, mentre restano riservate alla cognizione del giudice ordinario le azioni risarcitorie fondate su “comportamenti” della P.A. che prescindono dall’esercizio di quel potere.”).

6. Nel caso in esame, viene prospettato che la Regione abbia revocato il contributo al Comune per non avere questo osservato le procedure di evidenza pubblica relative all’assegnazione dell’appalto: non si tratta dunque di esercizio, da parte della Regione, del potere di autotutela per vizi di legittimità ravvisati nel provvedimento di erogazione dallo stesso pubblico ente che lo ha emesso, nè tantomeno per una rivalutazione, sempre da parte dello stesso ente erogatore, del pubblico interesse che ne abbia dimostrato il contrasto con l’erogazione. Si è, invece, dinanzi ad una sanzione negoziale relativa al preteso inadempimento degli obblighi assunti da parte del Comune che ha fruito della erogazione; e solo sotto questo profilo rientra nel thema decidendum la modalità di affidamento dell’appalto da parte del Comune.

7. In conclusione, la giurisdizione compete pertanto al giudice ordinario. Va dunque dichiarata la giurisdizione del Tribunale di Trieste ad ogni effetto di legge, non sussistendo i presupposti, considerata la natura del regolamento, per la pronuncia sulle spese della presente fase.

PQM

Dichiara la giurisdizione del Tribunale di Trieste ad ogni effetto di legge; dichiara altresì non luogo a provvedere sulle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

 

 

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