Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26500 del 27/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 26500 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: PICCININNI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Eurocredito

s.r.l.

in

persona

del

legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via
Baiamonti 10, presso l’avv. Maria Francesca Caldoro,
rappresentata e difesa dall’avv. Carlo De Maio giusta
delega in atti;
– ricorrente Marotta Antonio, elettivamente domiciliato in Roma,
viale B. Oriani S/A presso Marcello Benedetto,
rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore
Marseglia, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

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Data pubblicazione: 27/11/2013

Corchia Maria, elettivamente domiciliata in Roma, viale
Parioli 180, presso l’avv. Francesco Luigi Braschi, che
con l’avv. Alberto Rondani la rappresenta e difende
giusta delega in atti;

– controri corrente –

domiciliati in Roma, via Cola di Rienzo 297, presso
l’avv. Beatrice Aureli, rappresentati e difesi
dall’ avv. Gianfilippo Traversa giusta delega in
atti;
controri corrente
Torciano Nicola, Piacenza 47 s.r.l. in persona del
legale rappresentante;
– intimati avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n.
470 del 12.5.2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10.10.2013 dal Relatore Cons. Carlo
Piccininni;
Uditi gli avv. Marseglia per Marotta, Rondani per
Corchia, Traversa per Chiari;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Rosario Giovanni Russo, che ha concluso
per l’inammissibilità dei ricorsi e la condanna
aggravata alle spese.

Chiari Roberto e Chiari Sabrina, elettivamente

Svolgimento del processo
Con ricorso ex artt. 670 e 700 c.p.c., depositato il
20.4.1994 presso il Tribunale di Parma, Maria Corchia
sollecitava il sequestro giudiziario del 50% delle
quote della Piacenza 47 s.r.1., che Germana Sassi ( già

acquistato da Nereo Buia con contratto del 6.3.1989,
annotato nel libro dei soci il 5.4.1989.
Il giudice autorizzava il sequestro, poi eseguito
mediante iscrizione su libro soci

appositamente

costituito per smarrimento dell’originale

con la

forma del pignoramento presso terzi, ed il Pretore, a
.

fronte della dichiarazione della Sassi nella qualità di
legale rappresentante della Piacenza 47 di essere
l’unica socia di quest’ultima, rimetteva gli atti al
Tribunale per il giudizio in ordine alla titolarità
delle quote.
Riuniti i due processi e deceduta la Sassi, si
costituivano in giudizio gli eredi Roberto e Sabrina
Chiari ed intervenivano anche: a ) la I.T.C. in persona
dell’amministratore unico Nicola Torciano, che
dichiarava di aver acquistato dai Chiari con atto del
21.10.1994 l’intero capitale sociale cella Piacenza 47;
b ) Nicola Torciano, in proprio e quale legale
rappresentante della SILPA s.r.1., alla quale nel

proprietaria del residuo 50% ) assumeva di aver

luglio 1995 veniva ceduto l’intero pacchetto delle
quote; c ) Antonio Marotta, il quale affermava di aver
acquistato in data 1.9.1995 il capitale sociale della
Piacenza 47 dalla I.T.C., amministratore unico Rispoli,
tale nominato nello stesso giorno dell’acquisto.

che la Corchia era effettivamente titolare del 50%
delle quote della Piacenza 47, mentre il liquidatore di
quest’ultima società si limitava ad evidenziare che
davanti al Tribunale di Napoli pendevano quattro
giudizi, aventi ad oggetto la validità dei diversi atti
di cessione.
Il Tribunale, dopo aver precisato che l’oggetto del
giudizio doveva essere individuato esclusivamente
nell’accertamento della titolarità del 50% delle quote
della Piacenza 47 cedute dal Buia, nonché nella
validità ed efficacia del sequestro giudiziario
autorizzato ” ante causam “, qualificava come adesivi
dipendenti gli interventi effettuati nel corso del
giudizio; affermava che conseguentemente le relative
posizioni assunte non potevano essere confliggenti con
i loro danti causa, per il cui sostegno avevano
partecipato al giudizio; rilevava inoltre che le parti
principali avevano rinunciato a far valere la loro
pretesa, e che da tale circostanza doveva

Nel corso del giudizio la difesa dei Chiari riconosceva

conseguentemente discendere l’impossibilità di far
proseguire il processo; concludeva infine riconoscendo
alla Corchia la titolarità del 50% del capitale sociale
della Piacenza 47, per averlo questa acquistato
nell’aprile 1993 da Nereo Buia con atto opponibile alla

La Corte di appello di Bologna dichiarava inammissibili
le impugnazioni proposte da I.T.C. e Marotta, mentre
rigettava l’appello incidentale di Corchia.
Questa Corte, successivamente adita da Eurocredito
s.r.l. ( già I.T.C. ) e da Antonio Marotta, accoglieva
poi i ricorsi qualificando i due interventi in
questione come autonomi in ragione della prospettazione
offerta nella domanda, e la Corte di appello di
Bologna, giudicando nuovamente in sede di rinvio,
confermava la decisione del primo giudice.
In particolare, prendendo in esame gli appelli di ITC e
Marotta, la Corte territoriale rilevava, quanto alla
prima posizione, che la ITC avrebbe indicato il titolo
posto a base della pretesa su un documento accertato
come falso e pertanto l’acquisto avrebbe dovuto essere
considerato ” tamquam non esset “.
A maggior ragione la qualità di proprietario non
avrebbe potuto essere riconosciuta al Marotta, che
aveva acquistato le quote da soggetto che non ne era

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società, in quanto debitamente annotato sul libro soci.

proprietario e non avrebbe avuto dunque titolo per
operare il trasferimento.
Avverso la decisione proponevano ricorso per cassazione
sia Eurocredito, con un motivo, che Marotta, con due
motivi, ricorsi entrambi resistiti da Corchia e dai due

illustrati da memoria.
La

controversia

veniva

quindi

decisa

all’esito

dell’udienza pubblica del 10.10.2013.
Motivi della decisione
Con il solo motivo di impugnazione Eurocredito ha
denunciato violazione degli artt. 99, 100, 110, 111,
112, 115, 116, 384, 392 c.p.c., 2697, 2909 c.c. e vizio
di motivazione sotto i seguenti aspetti: Maria Corchia
aveva chiesto di accertare la sua qualità di socio
della Piacenza 47 per l’intervenuto acquisto di una
quota pari al 50% del capitale sociale dal precedente
titolare Nereo Buia, ma il tribunale aveva spostato ”
la sua attenzione sulla dichiarazione dei Chiari “,
omettendo l’esame di ulteriori elementi; il tribunale
conseguentemente nulla aveva deciso ” rispetto alla
sussistenza dei presupposti perché potesse riconoscersi
la titolarità della partecipazione in questione in capo
a Maria Corchia “; analogamente la prima sentenza della
Corte territoriale del 2010 non aveva affrontato la

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Chiari con controricorso, atti tutti successivamente

questione prospettata, avendo ritenuto inammissibile
l’appello delle parti intervenute nel processo; nel
successivo giudizio di legittimità la Corte di
Cassazione aveva affermato l’irrilevanza della
quiescenza alla domanda della Corchia da parte dei

riformare la sentenza di primo grado in ossequio
all’indicato principio di diritto, aveva viceversa
confermato nel merito la decisione del tribunale; la
Corte di appello aveva omesso di esaminare la
documentazione prodotta da essa ricorrente, a sostegno
della propria legittimazione; la stessa Corte aveva
richiamato la circostanza che la qualifica di socio
della I.T.C. e di Marotta sarebbe stata contestata dai
Chiari, rilievo inesatto e non supportato
dall’indicazione del giudizio in cui si sarebbe
manifestata la contestazione; la falsità della copia
del libro soci da cui risultava la titolarità delle
quote della Piacenza 47 in capo ai Chiari avrebbe
costituito un dato insignificante rispetto all’atto di
acquisto delle quote da parte di essa ricorrente; la
Corte di appello avrebbe omesso di compiere il solo

accertamento dovuto, consistente nel verificare che
la Corchia, in realtà, non aveva mai operato alcun
acquisto; la stessa Corte aveva disatteso il

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convenuti Chiari e la Corte di Appello, anziché

principio stabilito dal giudice di legittimità, per
il quale ” l’esame di merito della vicenda della
titolarità della Corchia doveva avvenire
prescindendo dalla dichiarazione dei Chiari “; la
pretesa falsità della fotocopia del libro soci

quote sociali, non essendo stata mai posta in
discussione la titolarità del residuo 50%.

A

Con i due motivi di impugnazioneVMarotta, dal canto
suo, ha rispettivamente denunciato: l ) violazione
degli artt. 112, 99, 100, 384 c.p.c., 1147, 1153,
2697, 2909 c.c. e vizio di motivazione in quanto:
la Corte territoriale aveva ritenuto che la
valutazione della effettività dell’acquisto della
qualità di socio dovesse prescindere dalla
eventuale buona fede dell’acquirente, con ciò
dimenticando che esso appellante aveva dichiarato
di essere intervenuto nel giudizio per far valere
un proprio autonomo diritto, nella sua qualità di
socio; la qualità di terzo acquirente in buona fede
avrebbe dovuto comportare il riconoscimento in suo
favore della titolarità delle quote della Piacenza
47; il vincolo del sequestro giudiziario avrebbe
avuto ad oggetto il 50% delle quote sociali già di
proprietà del Buia, non essendo stata mai messa in

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avrebbe riguardato, semmai, soltanto il 50% delle

dubbio la titolarità del rimanente 50% in capo alla
Sassi; la quota nella società a responsabilità
limitata costituisce un bene immateriale equiparato
ai beni mobili non iscritti in pubblici registri,
che determina l’opponibilità dell’alienazione del

intervenuti nell’esecuzione, principio da cui
discenderebbe l’inopponibilità ad esso ricorrente
del sequestro e delle pretese connesse;
2 ) violazione degli artt. 112, 99, 100, 110, 111,
115 e 116 c.p.c., 2479, 2697, 2909 c.c., oltre che
delle norme disciplinanti gli effetti e la buona
fede nei contratti, nonché vizio di motivazione,
atteso che l’avvenuto patteggiamento del notaio in
relazione al delitto di falso addebitatogli non
avrebbe riguardato il negozio giuridico con il
quale le quote erano state vendute, ma la
conseguente iscrizione nel libro soci, fatto che
non avrebbe inciso sulla validità del negozio e,
conseguentemente, dell’acquisto. Per di più
l’acquisto delle quote da parte della I.T.C.
sarebbe stato regolarmente iscritto nel libro soci,
e quindi sarebbe stato opponibile alla società
Piacenza 47, che peraltro nulla avrebbe mai
contestato al riguardo.

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bene al creditore pignorante ed ai creditori

Osserva il Collegio che i due ricorsi possono
essere esaminati congiuntamente poiché pongono
sostanzialmente le stesse questioni, essenzialmente
consistenti: a ) nella individuazione dell’oggetto
della controversia; b ) nella pretesa inosservanza

nel disporre il rinvio al giudice del merito per un
nuovo esame; c ) nella rilevanza attribuibile
all’intervenuto patteggiamento del notaio, in
relazione

all’addebito

di

falsità

dell’atto

asseritamente comprovante il trasferimento delle
quote della Piacenza 47 in favore dei Chiari.
Sul primo punto è agevole rilevare come le concordi
indicazioni risultanti dall’esame delle decisioni
adottate nel

corso

della

trattazione

della

controversia in questione depongano, con assoluta
chiarezza, nel senso della limitazione del ” thema
decidendum o

ìgc

all’accertamento

in

ordine

all’esistenza o meno di un valido atto di cessione
del 50% delle quote della Piacenza 47 in favore di
Maria Corchia ( oltre che alla validità ed
efficacia del sequestro ) e all’opponibilità del
detto atto di cessione alla società.
Ne consegue quindi che resta esclusa ogni ulteriore
questione concernente la validità o l’efficacia

10

del principio di diritto indicato da questa Corte

degli ulteriori atti di acquisto successivamente
intervenuti, essendo stati questi dedotti soltanto
come presupposto della richiesta di rigetto
dell’originaria domanda della Corchia contro la
Sassi ( si vedano segnatamente sul punto pp. 18, 19

appello, pp. 6, 11, 14 di quella di cassazione, p.
6 della successiva sentenza di secondo grado ).
Passando poi all’esame del secondo aspetto sopra
considerato, occorre evidenziare, ai fini della
corretta interpretazione dei principi affermati da
questa Corte cui, secondo i ricorrenti, la Corte
territoriale non avrebbe dato corretto seguito, che
con la prima decisione la Corte di Appello aveva
dichiarato inammissibili le impugnazioni di I.T.C.
e Marotta, per essere i loro interventi puramente
adesivi alla domanda originaria.
Secondo detta Corte, dunque, avendo l’adiuvato
rinunciato a far valere la pretesa originariamente
azionata, sarebbero venute meno le condizioni per
una delibazione delle domande dei soggetti
intervenuti, che come detto si erano limitati a
sostenere le ragioni dell’originario convenuto, e
da ciò sarebbe conseguentemente discesa
l’inammissibilità degli appelli da essi proposti.

11

della sentenza di primo grado, p. 17 di quella di

Tale giudizio non era stato tuttavia condiviso da
questa Corte successivamente adita dagli odierni
ricorrenti, e ciò in quanto con il loro intervento
nel giudizio essi avrebbero fatto valere una
posizione autonoma, derivata dalla loro qualità di

Sotto questo riflesso dunque, contrariamente a
quanto ritenuto dal giudice del merito, sarebbe
stata irrilevante la circostanza che gli
intervenuti non avessero chiesto specificamente di
accertare la loro qualità di successori a titolo
particolare della Sassi.
Al fine di stabilire se essi fossero stati o meno
legittimati a proporre impugnazione sarebbe stato
infatti necessario verificare soltanto la
prospettazione di una titolarità astratta del
diritto controverso sulla base della domanda, e non
anche

N\

la questione di fatto relativa

all’effettiva titolarità del diritto controverso,
che va accertata in un momento successivo, ai fini
della pronuncia sul merito della domanda ” ( p. 15
).
Da ciò il giudice di legittimità ha coerentemente
fatto discendere l’infondatezza dell’eccezione di
inammissibilità del ricorso per mancata produzione

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aventi causa degli originari convenuti.

della documentazione che avrebbe dovuto comprovare
la qualità di successori a titolo particolare di
Eurocredito e Marotta, essendo tali profili
attinenti al merito della controversia ed essendo
viceversa rilevante, sotto l’aspetto della

predetta qualità ( p. 16 ).
Nella specie gli interventi in questione erano
stati effettuati ai sensi dell’art. 111 c.p.c.
pertanto, alla luce di tale autonoma posizione,
nessuna influenza avrebbe potuto avere al riguardo
l’intervenuta acquiescenza alla domanda da parte
dell’attrice Corchia.
Per effetto delle esposte considerazioni questa
Corte nel precedente giudizio ha dunque cassato la
sentenza impugnata, ritenendola errata nella parte
in cui la Corte di appello aveva dichiarato
inammissibile l’impugnazione di Eurocredito e
Marotta, in ragione dell’avvenuta qualificazione
del loro intervento come adesivo anziché come
autonomo.
A seguito della cassazione della sentenza il
giudice di legittimità ha conseguentemente disposto
il rinvio al giudice del merito per una nuova
delibazione, da effettuare sulla base

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legittimazione, l’astratta allegazione della

dell’affermato dovere del giudice ” di verificare,
di fronte alla contestazione delle altre parti, se
i ricorrenti avessero dato la prova dell’effettivo
acquisto della qualità di soci della s.r.l.
Piacenza 47 ” ( pp. 16 e 17 ).

articolate argomentazioni svolte nella parte
motiva, sviluppate anche in ragione della previa
delimitazione dell’ambito del giudizio ( domanda
della Corchia di vedersi riconoscere la proprietà
del 50% delle quote sociali ), è dunque da ritenere
che detto dovere debba essere interpretato nel
senso della sollecitazione all’accertamento
dell’acquisto della titolarità di quote da parte
dei due odierni ricorrenti ( e quindi, scendendo al
concreto, dell’avvenuto acquisto delle quote della
Piacenza 47 da parte di I.T.C. e Marotta ) e non
anche a quello concernente l’eventuale opponibilità
all’originaria attrice degli acquisti
successivamente intervenuti in favore di altri
soggetti.
In questi termini ed in questi limiti avrebbe
quindi dovuto svolgersi ed essere definito il
contestato giudizio di rinvio.
Resta infine da esaminare il terzo profilo di

14

Alla luce della diffusa esposizione e delle

censura prospettato dai ricorrenti, incentrato
sulla pretesa erroneità della statuizione della
Corte di Appello nella parte in cui questa ha
ritenuto indimostrata la qualità di proprietaria
delle quote da parte di I.T.C. e Marotta, quanto

su documento ( foglio 8 del libro soci )
incontestabilmente ” risultato falso e contraffatto
” ( il notaio che l’aveva autenticato, imputato del
reato di falsità ideologica, aveva patteggiato la
pena in sede penale ), quanto al secondo, per aver
egli acquistato le quote dalla ITC, ” ossia da chi
non aveva alcun titolo su di esse e che, di
conseguenza, non ne poteva disporre ”
Secondo i ricorrenti, tuttavia, il detto giudizio
non sarebbe condivisibile, atteso che la falsità in
questione non riguarderebbe il negozio giuridico
con il quale le quote erano state cedute ma, più
semplicemente, l’annotazione dell’atto di cessione
nel libro soci, incombente il cui espletamento non
inciderebbe sulla validità dell’atto di cessione,
ma riguarderebbe piuttosto l’opponibilità
dell’acquisto alla società e ai terzi.
La censura è fondata poiché la Corte di appello ha
disatteso la domanda di accertamento della propria

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alla prima, per aver la società basato la cessione

qualità di proprietaria delle quote da parte di
I.T.C., per il fatto che il relativo titolo di
acquisto sarebbe stato individuato in ., un
documento che è stato accertato essere falso ”
all’esito di procedimento penale.

indicare gli estremi ed il contenuto, sicchè il
contestato giudizio emesso risulta sorretto da
motivazione insufficiente.
Né può dirsi che la rappresentata omissione in
realtà non sia tale, per effetto del riferimento
alla falsità e contraffazione del foglio 8 del
libro soci ( che riportava la proprietà del 100%
delle quote della Piacenza 47 ai due Chiari ),
verificata dal giudice penale nel procedimento
contro il notaio che lo aveva autenticato.
Il detto accertamento di per sé non sarebbe infatti
esaustivo, poiché la falsità del foglio del libro
soci ( i cui termini, come detto, non risultano fra
l’altro esattamente delineati ) non costituisce il
presupposto da cui far automaticamente discendere
anche la nullità del negozio di cessione oggetto
dell’annotazione, atteso che l’iscrizione del
trasferimento

è

richiesta

soltanto

ai

fini

dell’opponibilità dell’atto alla società ( art.

16

Di detto documento, tuttavia, la Corte ha omesso di

2479, secondo comma c.c. all’epoca vigente ).
Nei limiti indicati, dunque, i ricorsi devono
essere accolti, mentre risulta priva di pregio la
doglianza

concernente

l’asserito

mancato

accertamento relativo all’acquisto del 50% delle

rilievo che si pone in contrasto con la pronuncia
della Corte di Appello nella sua prima decisione,
laddove questa ha precisato che le indicazioni
contenute nella lettera degli eredi di Germana
Sassi in ordine al riconoscimento dell’acquisto del
50% del capitale sociale da parte della Corchia ”
non risultano contrastate da altri elementi di
segno divergente ” ( p. 26 ), affermazione che per
di più non è stato oggetto di specifica censura al
riguardo.
Restano infine assorbiti gli ulteriori profili di
doglianza prospettati.
Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere
cassata nei termini sopra precisati, con rinvio
alla Corte di Appello di Bologna in diversa
composizione per una nuova delibazione in ordine
all’avvenuto acquisto delle quote oggetto di
controversia da parte di I.T.C. e Marotta, essendo
la precedente statuizione basata su motivazione

17

quote della Piacenza 47 da parte della Corchia,

insufficiente. Resta viceversa esclusa dall’ambito
del giudizio di rinvio ogni questione concernente
l’opponibilità al primo acquirente Maria Corchia
degli ulteriori acquisti delle quote sociali che
ipoteticamente fossero successivamente intervenuti.

liquidazione

delle

spese

del

giudizio

di

legittimità.
P.Q.M.

Accoglie

i

motivazione,

ricorsi
cassa

nei
la

termini
sentenza

cui

in

impugnata

in

di

relazione ai profili accolti e rinvia alla Corte di
Appello di Bologna in diversa composizione, anche
per le spese del giudizio di legittimità.
Roma, 10.10.2013
Il consigliere estensore

Il Presidente

AAran

Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla

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