Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2650 del 04/02/2010

Cassazione civile sez. II, 04/02/2010, (ud. 22/10/2009, dep. 04/02/2010), n.2650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26502/2004 proposto da:

D.P.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato LUPIS STEFANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato TRIGGIANI Fernando;

– ricorrente –

e contro

M.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1034/2003 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/10/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22/10/2009 dal Consigliere Dott. ALFREDO MENSITIERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 21 e 24 ottobre 1994 M.C., premesso che era proprietaria e posseditrice in agro di (OMISSIS) del fondo rustico indicato in catasto alla partita (OMISSIS), foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS) di ettari (OMISSIS) confinante con un terreno della Parrocchia di (OMISSIS) su cui tale D. P.L. gestiva, non si sapeva a che titolo, una cava di inerti; che a costui, interessato ad espandersi, essa istante aveva promesso in vendita, con scrittura dell'(OMISSIS), parte del suo fondo per circa un ettaro e mezzo, ma a causa della inadempienza dello stesso la promessa era stata dichiarata risolta: che però nei primi mesi di (OMISSIS) il D.P. aveva distrutto il muretto di confine e si era immesso nel possesso di circa due ettari del fondo, recintandola arbitrariamente; che adito con azione di spoglio il Pretore di Lucera, sezione Vico del Gargano questi, con ordinanza del 23 maggio 1994, aveva disposto la reintegra di essa attrice nel possesso dei due ettari e la rimozione della recinzione; che dopo la reintegra, eseguita in data 8 giugno 1994 il D.P. le aveva impedito di provvedere alla esatta delimitazione del fondo e procedendo nell’attività di estrazione aveva continuato a danneggiare il fondo medesimo sottraendo terreno e creando con lo scavo un notevole dislivello di campagna con pregiudizio di coltivazione ed edificabilità; che perciò essa M. aveva necessità di individuare l’esatta confinazione del proprio fondo nei confronti della proprietaria Parrocchia di (OMISSIS) titolare del terreno e nel contempo ottenere risarcimento dei danni nei confronti del responsabile;tutto ciò premesso conveniva dinanzi al Tribunale di Lucera la Parrocchia e il D.P. per sentire emettere i seguenti provvedimenti:

1) esatta individuazione e delimitazione del confine tra il fondo M. e quello della Parrocchia mediante consulenza tecnica d’ufficio accertatrice anche degli sconfinamenti e danneggiamenti operati:

2) apposizione dei termini;

3)condanna della Parrocchia alla restituzione del terreno che risultasse occupato nonchè di chi di ragione ai danni da accertarsi e quantificarsi. Si costituiva la Parrocchia che non si opponeva alla determinazione dei confini e all’apposizione dei termini, ma chiedeva il rigetto della domanda risarcitoria rivolta nei suoi confronti, affermando di essere estranea ai comportamenti e ai conseguenti danni attribuibili al D.P., il quale era un occupante abusivo del proprio terreno. A sua volta il D.P., costituitosi, eccepiva l’inammissibilità dell’azione di regolamento di confini, sia in quanto nessuna incertezza soggettiva o oggettiva esisteva nel caso in esame dovendo essere qualificata l’azione intrapresa come di rivendicazione perchè intesa ad ottenere una pronunzia sul diritto di proprietà e non sulla mera estensione, sia in quanto era ancora in corso l’azione possessoria, sia perchè era intervenuta con la M. la vendita di parte del fondo con la scrittura dell'(OMISSIS).

Aggiungeva anche che era in possesso del fondo della Parrocchia da oltre venti anni, esercitando l’impresa di escavazione.

Concludeva chiedendo: il rigetto della domanda della M. in quanto inammissibile e infondata, – dichiararsi, in forza della richiamata scrittura del (OMISSIS), l’intervenuta vendita dalla M. di mq. 150,00 (non ancora frazionati per esclusiva colpa della predetta) della particella (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) in favore di esso D.P.; in via gradata, considerata detta scrittura un preliminare, emettersi, ex art. 2932 c.c., sentenza costitutiva di trasferimento; in via ulteriormente gradata dichiararsi la risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice da condannarsi alla restituzione delle somme versate; dichiararsi l’intervenuta usucapione del fondo della Parrocchia ex art. 1159 bis c.c.; accertarsi e dichiararsi la carenza di legittimazione processuale della Parrocchia a stare in giudizio in persona del Parroco.

Tanto la Parrocchia, quanto la M. eccepivano la tardività delle domande riconvenzionali spiegate dal D.P..

Espletata CTU per accertare l’esatta delimitazione dei confini, gli sconfinamenti posti in essere e l’entità e la quantificazione di eventuali danni, riassunto il processo da M.E. a seguito della sua interruzione per morte della M.C., con sentenza del 18 giugno 1999 il GOA del Tribunale di Lucera, ritenuta la legittimazione processuale della Parrocchia, rilevato sulla base della CTU l’avvenuto sconvolgimento della linea di confine ad opera degli scavi effettuati dal D.P. e tenuto conto che nelle more del giudizio l’originaria particella (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) della attrice era stata frazionata nella particella (OMISSIS), venduta a terzi, e nella particella (OMISSIS) rimasta alla M., accoglieva la domanda attorea nei confronti della Parrocchia di regolamento dei confini, disponeva la delimitazione degli stessi tra i due fondi, l’apposizione dei termini lapidei e la recinzione della cava richiesta a norma di legge, secondo le modalità della relazione di CTU, a spese del D.P..

Rigettava altresì quel giudice perchè tardiva ed infondata la domanda riconvenzionale spiegata dal D.P. di usucapione del fondo della Parrocchia nonchè, per la stessa ragione, quella di intervenuta vendita, in forza della scrittura dell'(OMISSIS), di mq.

150 di terreno tra la M. e lo stesso D.P., nonchè quella subordinata di esecuzione in forma specifica della promessa di vendita di detti mq. 150 ed ancora la riconvenzionale di risoluzione della stessa promessa di vendita per colpa dell’attrice; riteneva il D.P. responsabile degli sconvolgimenti e dei danni arrecati con l’esercizio della cava al fondo limitrofo e lo condannava al risarcimento in favore dell’attrice della somma di L. 3.424.000, con rivalutazione ed interessi dal dì della domanda; condannava il D. P. alle spese di lite sia in favore della M. che della Parrocchia; compensava per giusti motivi le spese nei rapporti tra queste ultime.

Proposti gravami, principale, dal D.P. e incidentale dalla M.E., intervenuta tra la Parrocchia e il D.P. transazione extragiudiziale in ordine a tutte le controversie tra di loro pendenti, tal che i rispettivi procuratori chiedevano sul punto dichiararsi cessata la materia del contendere, con sentenza del 28 ottobre 2003 la Corte d’appello di Bari dichiarava cessata la materia del contendere nei rapporti tra il D.P. e la Parrocchia con compensazione integrale delle relative spese del doppio grado;in parziale accoglimento dell’appello principale del D.P. riduceva la condanna risarcitoria a suo carico in favore della M. a L. 2.568.000, pari ad Euro 1326,26, mantenendo fermi la rivalutazione e gli interessi legali sulla somma rivalutata così come disposto nella decisione di prime cure;in accoglimento dell’appello incidentale della M. condannava il D.P. al pagamento in favore di controparte della somma di L. 546.900, pari ad Euro 282, 45 per IVA e contributi previdenziali Cassa geometri a titolo di rimborso di spese di consulenza; confermava nel resto la gravata decisione e condannava lo stesso D.P. al pagamento, in favore della M., della metà delle maggiori spese del grado.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione D.P. L. sulla base di tre motivi.

Non ha spiegato attività difensiva in questa sede l’intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione o falsa applicazione degli artt. 948 e 950 c.c. e art. 100 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 1453 c.c..

Contesta il ricorrente la qualificazione da parte della Corte del merito dell’azione proposta dalla M. quale regolamento di confini anzichè rivendicazione, non esistendo al momento della proposizione della domanda introduttiva del giudizio alcuna incertezza del confine sia in base alla espletata consulenza d’ufficio, sia sulla scorta della sentenza del Tribunale di Rodi Garganico che lo aveva assolto dal reato di invasione del terreno della M. per eseguirvi lavori di sbancamento.

Assume in sostanza il D.P. che fine ultimo dell’azione esercitata da controparte era quello di rivendicare la proprietà del fondo che riteneva esser stato da lui coltivato a cava abusivamente.

Da tale presunta opera derivava la proposta azione risarcitoria della M. e non di certo l'”actio finium regundorum”.

La doglianza è infondata.

Con motivazione adeguata esente da vizi logici e da errori giuridici e pertanto incensurabile nell’attuale sede di legittimità, a contestazione della omologa censura proposta dal D.P. avverso la decisione di prime cure, la Corte del merito ha sancito la mancanza di qualsiasi interesse del predetto alla diversa qualificazione dell’azione proposta dalla M., dato che quella di regolamento di confini, essendo diretta contro il proprietario del fondo limitrofo (nella specie la Parrocchia di (OMISSIS)), non lo coinvolgeva, a differenza di quella di rivendicazione.

La qualificazione data dal primo giudice era esatta avendo la M. assunto nell’atto introduttivo e provato (con la produzione dell’ordinanza del Pretore e del verbale dell’Ufficiale Giudiziario) di essere stata già reintegrata nel possesso di circa due ettari di terreno occupati e recintati abusivamente dal D.P. e di non aver potuto delimitare gli esatti confini verso la cava gestita dal predetto sul fondo limitrofo della Parrocchia, sia perchè l’attuale ricorrente glielo aveva impedito contestando la posizione della linea, sia perchè costui continuava a procedere alla estrazione ed agli scavi sostenendo di essere nei confini e creando così una grossa scarpata e un nuovo dislivello tra i due fondi.

Era evidente, quindi, che in tale situazione l’azione più appropriata da esercitare fosse quella di regolamento di confini, stante l’incertezza oggettiva e soggettiva della linea di confine derivante dalla mancanza di qualsiasi limite apparente, essendo, peraltro, risultato distrutto il precedente muretto di confine, come accertato dal ctu. Il contraddittorio con la Parrocchia, titolare del terreno, era quindi inteso ad eliminare una incertezza che concerneva non già la titolarità del diritto, ma gli esatti limiti del fondo rispetto a quello in cui si esercitava la cava.

Con il secondo mezzo si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, contraddittorietà della motivazione in ordine alla condanna risarcitoria senza titolo o causa petendi; nullità della sentenza in relazione all’art. 112 c.p.c..

Rileva parte ricorrente che il risarcimento del danno, non essendo conseguenza del regolamento di confini ma della presunta opera di esso D.P., rappresenta una domanda accessoria priva di titolo e che non si aggancia neanche indirettamente alla causa petendi del processo di regolamento di confini.

Osserva che nel calcolo risarcitorio immotivatamente si è fatta rientrare anche la superficie che il ctu ha dichiarato potersi restituire alla M. (pari a 706 metri quadri).

La censura non ha pregio giacchè con motivazione adeguata esente da vizi logici e da errori giuridici e pertanto incensurabile nell’attuale sede di legittimità la Corte barese ha ritenuto pienamente legittima la pronunzia di responsabilità del D.P. in quanto risultava provato sia dagli atti dell’azione possessoria proposta dalla M. sia dalle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che la scomparsa della linea visibile di confine, costituita da un muretto a secco, era stata provocata dagli sconfinamenti e dagli scavi da lui operati. E del resto lo sconvolgimento materiale dalla zona di confine mediante la distruzione del suindicato muretto risultava altresì accertato dal Tribunale Penale di Lucera nel procedimento a carico dello stesso D. P. definito con sentenza di condanna dell’11 maggio 2000 per i reati di rimozione e danneggiamento di tale manufatto.

Con il terzo motivo si deduce, infine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 102 e 111 c.p.c., sulla necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti di M.D. al quale M.C. aveva nel 1994 venduto parte del fondo oggetto di causa.

Anche tale ultima doglianza non si sottrae alla sorte delle precedenti.

Nel rigettare l’omologa censura avanzata dal D.P. in sede di gravame di merito ha invero insindacabilmente in questa sede affermato la Corte pugliese:

L’attuale ricorrente era carente di legittimazione e di interesse a sollevare la questione dato che non era proprietario del fondo confinante su cui gestiva l’attività imprenditoriale di escavazione di inerti e considerato che l’azione di regolamento di confini non era diretta nei confronti suoi, ma della Parrocchia.

Peraltro all’accoglimento dell’estensione del contraddittorio della azione reale di regolamento di confini ai terzi che avevano nelle more del giudizio acquistato a titolo particolare parti del fondo dalla originaria proprietaria M.C. ostava il chiaro disposto dell’art. 111 c.p.c., secondo il quale se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare il processo prosegue tra le parti originarie. E nella specie era emerso dalla CTU che l’originario fondo di M. C., indicato con la particella (OMISSIS) del foglio (OMISSIS), era stato frazionato nelle due particelle (OMISSIS) dal geometra A.V. e che la particella (OMISSIS) era stata venduta a tal M.D. ed altri con rogito del (OMISSIS) dopo l’introduzione del giudizio di primo grado avvenuta con citazione notificata il 21 e 22 ottobre 1994. D’altronde, come si evinceva dal grafico allegato alla relazione di consulenza, la vendita della particella frazionata (OMISSIS) non poteva avere alcuna rilevanza sulla determinazione della linea di confine poichè la zona incerta oggetto del presente giudizio trovavasi quasi interamente tra la particella 70 rimasta in proprietà della M. e il fondo della Parrocchia.

Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va respinto mentre il ricorrente evita le spese di questo giudizio stante la mancata costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010

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