Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26499 del 27/11/2013
Civile Sent. Sez. 1 Num. 26499 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: PICCININNI CARLO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Vio Aurora, elettivamente domiciliata in Roma, P.
Clodio 14, presso l’avv. G. Graziani, che con l’avv.
G.B. Rando la rappresenta e difende giusta delega in
atti;
eeR 501. 6h LQ5 – ricorrente contro
Cammozzo Esperia, Nason Fabio, Nason Lorella, Salvi
Renato, Salvi Sara, elettivamente domiciliati in Roma,
via G. Bettolo 17, presso l’avv. Riccardo Gozzi, che li
rappresenta e difende giusta delega in atti;
e
–
controricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n.
A 4-gs
.9A13
–
Data pubblicazione: 27/11/2013
110/06 del 18.1.2006.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10.10.2013 dal Relatore Cons. Carlo
Piccininni;
Uditi gli avv. Angelo Colucci, con delega, per Vio e
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Rosario Giovanni Russo, che ha concluso
per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 28.7.1998 Aurora Vio
conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Venezia
Livone Cammozzo, Renato Salvi, Sara Salvi, Esperia
Cammozzo, Fabio Nason e Lorella Nason, per sentir
dichiarare l’annullamento – o subordinatamente la
risoluzione per inadempimento – del contratto con il
quale in data 17.7.1990 i convenuti le avevano ceduto
il ramo di azienda della società di fatto ” La Bottega
di vetro “, ramo avente per oggetto ” la lavorazione di
vetri artistici, montatura collane e vetri decorati e
incisi ”
In particolare l’attrice lamentava di aver acquistato
da Bixio Salvi e Quinto Nason, soci della indicata
società di fatto, il ramo di azienda della società per
la produzione e la vendita al dettaglio, ma di non aver
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Gozzi per Cammozzo, i due Nason e i due Salvi;
potuto svolgere detta ultima attività poiché il Comune
di Venezia l’aveva considerata come nuova e non come la
continuazione di una già preesistente ( provvedimento
del 2.2.1991 ), e ciò in ragione del fatto che ” La
Bottega del Vetro era stata cancellata dall’albo delle
Gli eredi degli alienanti, nel frattempo deceduti, si
costituivano in giudizio deducendo l’infondatezza della
pretesa dell’attrice e spiegando anche domanda
riconvenzionale.
Il Tribunale, all’esito dell’istruttoria, rigettava
entrambe le domande con decisione che veniva poi
confermata in sede di gravame.
In particolare la Corte di appello rilevava che,
contrariamente a quanto sostenuto dalla Vio, il
tribunale non aveva escluso che il ramo di azienda
compravenduto avesse natura artigianale, essendosi
limitato a dare atto che l’oggetto del contratto
sarebbe stato un ramo di azienda di lavorazione vetri,
e non anche ” un’attività di vendita al minuto ”
Il trasferimento sarebbe stato dunque attinente ad
un’azienda ” avente natura obiettivamente artigianale)
% ma da ciò non sarebbe anche disceso il trasferimento
dell’iscrizione
all’albo,
incombente
al
quale
l’acquirente avrebbe dovuto autonomamente provvedere, ”
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imprese artigiane nel 1982 “.
dimostrando di possedere a sua volta anche i requisiti
soggettivi dell’artigiano ”
L’ipotesi di presupposizione nella stipulazione del
contratto, configurata dal primo giudice in ragione
della possibilità che tutti i contraenti avessero
facoltà di vendere al minuto, era stata tuttavia nel
concreto esclusa dallo stesso giudicante ” per difetto
dei requisiti di comunanza e obiettività della
circostanza presupposta “, ma la statuizione sarebbe
stata tuttavia erroneamente emessa, poiché pronunciata
” extra petita ”
Peraltro ) secondo la Corte territoriale I
la detta
erroneità non avrebbe potuto avere conseguenze sul
contenuto della decisione di rigetto, basata su altre
argomentazioni, così come analogamente la fondatezza
della pretesa dell’acquirente di aver acquisito il
diritto di svolgere anche l’attività di vendita al
minuto dei prodotti artigianali non si sarebbe potuta
ricavare dalla pretesa natura accessoria di
quest’ultima, rispetto al bene azienda oggetto della
cessione.
Avverso la decisione Vio ha proposto ricorso per
cassazione affidato ad un motivo, cui hanno resistito
gli intimati con controricorso.
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definito l’accordo nel convincimento che la Vio avesse
La
controversia
veniva
quindi
decisa
all’esito
dell’udienza pubblica del 10.10.2013.
Motivi della decisione
Con il solo motivo di impugnazione Vio ha denunciato
vizio di motivazione, con riferimento al giudizio
oggetto soltanto l’attività di produzione e non anche
quella di vendita al minuto dei relativi manufatti.
Più precisamente, l’affermata possibilità riconosciuta
all’appellante di svolgere attività di produzione si
porrebbe in contrasto, anche per la lacunosità degli
argomenti di sostegno, con l’esclusione della facoltà
della vendita al minuto dei prodotti artigianali; la
cessione di un ramo di azienda avrebbe dovuto involgere
, la concreta possibilità di svolgere l’attività
ceduta, così come poteva essere svolta dal cedente “;
contrariamente a quanto affermato dal giudice del
gravame, impresa ed azienda nel contesto di una
cessione di un ramo aziendale non avrebbero potuto
essere considerati autonomamente; la cessione di una
parte dell’impresa avrebbe dovuto comportare
successione
nella
titolarità
nello
N%
una
svolgimento
dell’attività imprenditoriale “; la Corte avrebbe
omesso di pronunciarsi ” sulla questione afferente la
natura artigianale dell’attività , oggetto della
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secondo cui la cessione in questione avrebbe avuto ad
cessione;
la catalogazione dell’attività di essa
ricorrente come nuova sarebbe dipesa
esclusivamente
dalla cancellazione della società La Bottega di Vetro
dall’albo delle imprese artigiane cedenti
avrebbero trasferito un ramo di azienda non più
l’inadempimento contrattuale dei convenuti ”
Osserva il Collegio che il ricorso è infondato.
Ed infatti la Corte di appello nel focalizzare
l’oggetto
della
controversia
ha
affermato,
implicitamente condividendo il rilievo, che il
tribunale non aveva escluso che il ramo di azienda
ceduto avesse natura artigianale, essendosi più
semplicemente limitato a constatare che ” secondo il
tenore del testo contrattuale oggetto del contratto era
un ramo di azienda avente ad oggetto la lavorazione
vetri artistici, montatura collane e vetri decorati e
incisi, e non un’attività di vendita al minuto ” ( p. 9),
Tale ultimo rilievo, attinente alla determinazione del
contenuto del negozio su cui è controversia non è stato
censurato dalla ricorrente sicchè, una volta
incontestabilmente stabilito che il contratto di
cessione riguardava esclusivamente l’attività di
lavorazione artigianale e non anche quella di vendita
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operante, e ciò avrebbe reso lampante ” quantomeno
al minuto dei prodotti finiti, risulta assorbita ogni
ulteriore questione relativa al preteso collegamento
. fra il trasferimento di azienda avente natura
obiettivamente artigianale
\ \
\ \
e quello concernente
l’invocato trasferimento dell’iscrizione nell’albo
ha efficacia costitutiva essendo ad essa attribuibile
soltanto un valore indiziario ( C. 10/8072, C. 99/7225,
C. 98/2090, C. 96/8617, C. 92/12490 ).
Eventuali vizi negoziali derivanti dal convincimento
dell’acquirente
dell’iscrizione
in
ordine
dell’impresa
persistenza
alla
oggetto
di
cessione
nell’albo delle imprese artigiane ( dal quale era stata
.D
cancellata nel novembre 1982, a fronte di cessione
avvenuta nel luglio 1990 ), e astrattamente deducibili
sotto il profilo dell’errore o del dolo del venditore,
risultano comunque del tutto privi di pregio in questa
sede, non emergendo che sia stata formulata dalla Vio
alcuna domanda in tal senso, né avendo sollevata la
stessa alcuna censura al riguardo.
Conclusivamente la decisione della Corte di appello
relativamente al punto concernente l’individuazione
dell’oggetto del contratto risulta sufficientemente
motivata con argomentazioni immuni da vizi logici, ed è
pertanto incensurabile in questa sede di legittimità.
delle imprese artigiane, iscrizione che fra l’altro non
Il ricorso conseguentemente deve essere rigettato con
condanna della ricorrente, in quanto soccombente, al
pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate
in dispositivo.
P.Q.M.
pagamento delle spese del giudizio di legittimità,
liquidate in C 4.200, di cui C 4.000 per compenso,
oltre agli accessori di legge.
Roma, 10.10.2013
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al