Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26495 del 27/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 26495 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: SALVAGO SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 4997 2009 proposto da:

CARNEVALE

EMANUELE

(c. f.

CRNMNL41S03E606S),

CARNEVALE MARIA (c.f. CRNMRA50E53E606A), CARNEVALE
ANNA (c.f. CRNNNA45H55E606C), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA LAZIO 9, presso l’avvocato
CIAPPONI MARCO, rappresentati e difesi dall’avvocato
2013
1462

NOSCHESE ROBERTO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 27/11/2013

ATERP DELLA PROVINCIA DI COSENZA, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEL SERAFIC0,63, presso
l’avvocato IPPOLITO ROSA, rappresentato e difeso
dall’avvocato IPPOLITO LUIGI ANTONIO, giusta procura

– controricorrente contro

COMUNE DI RENDE;
– intimato –

Nonché da:
COMUNE DI RENDE (C.F. 00276350782), in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA S. TOMMASO D’AQUINO 75, presso l’avvocato
GAUDIO DONATELLA, rappresentato e difeso
dall’avvocato LEPORACE GIUSEPPE, giusta procura a
margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

CARNEVALE

EMANUELE

(c.f.

a margine del controricorso;

CRNMNL41S03E606S),

CARNEVALE MARIA (c.f. CRNMRA50E53E606A), CARNEVALE
ANNA (c.f. CRNNNA45H55E606C), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA LAZIO 9, presso l’avvocato
CIAPPONI MARCO, rappresentati e difesi dall’avvocato
NOSCHESE ROBERTO, giusta procura a margine del

2

ricorso principale;
– controricorrenti al ricorso incidentale contro

ATERP DI COSENZA;
– intimato –

465/2008

della CORTE

D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 30/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

09/10/2013

dal

Consigliere

Dott.

SALVATORE SALVAGO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato ROBERTO NOSCHESE
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale, il rigetto dell’incidentale;
udito, per il controricorrente ATERP, l’Avvocato
ADRIANO GALLO, con delega, che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’accoglimento per guanto di ragione del ricorso

avverso la sentenza n.

principale CARNEVALE, accoglimento per guanto di
ragione dell’incidentale del COMUNE, assorbimento
dell’incidentale di CARNEVALE.

3

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 30
giugno 2008,ha determinato l’indennità dovuta dal comune
di Rende ad Emanuele,Maria ed Anna Carnevale per

l’espropriazione con decreti Pr.reg. 6 settembre 1974
(art.3394,fg.31,part.16,17,20,30 e 32) e 15 gennaio 1976
(part.17,20,37,39,91,93 e 129) di alcuni terreni di loro
proprietà ubicati nell’ambito di un PEEP per la
costruzione di un programma edilizio affidato all’ATERP
di Cosenza,osservando: a)che all’epoca della prima
citazione davanti al Tribunale di Cosenza (anno 1985),poi
dichiaratosi incompetente l la prescrizione non era decorsa
anche per il sopravvenire delle note decisioni della
Corte Costituzionale che avevano attribuito il diritto
alla rideterminazione dell’indennizzo; b)che i fondi
avevano destinazione edificatoria per trovarsi
all’interno del PEEP, pur se diverso valore commerciale
in dipendenza anche delle opere di urbanizzazione
ricevute

da

ciascuno;

c)

che ) trattandosi

di

espropriazione rivolta alla realizzazione di opere di
riforma sociale l’indennità andava calcolata diminuendo
il valore venale del bene del 25%,e poi aumentandolo del
10% perché la somma offerta era inferiore agli 8/10 di
quella dovuta (art.2 ,comma 89 ° legge 244 del 2007);
4

d) che non spettava

invece

alcuna

indennità per

l’espropriazione con decreto P.Reg. 14 giugno 1977 perché

/

le part.652,653 e 654 derivavano dalla part.93,rientrante
nelle precedenti espropriazioni.
Per la cassazione della sentenza i Carnevale hanno

proposto ricorso per 6 motivi;cui ha resistito con
controricorso tanto l’ATERP,quanto il comune di Rende, il
quale ha formulato ricorso incidentale per 7 motivi.
Motivi della decisione
Con i primi due motivi del ricorso incidentale,da
esaminare con precedenza,i1 comune di Rende deducendo
violazione della normativa sulla prescrizione,nonché
difetti di motivazione,censura la sentenza impugnata per
avere da un lato affermato il corretto principio che la
prescrizione decennale del credito indennitario decorre
dalla data del decreto di espropriazione;ma dimenticato
dall’altro che il primo di detti decreti era costituito
dal provvedimento 1008/1974, sicché alla data dell’atto
di citazione davanti al Tribunale di Rende (29 ottobre
1985) il diritto a percepire la relativa indennità quanto
meno in relazione agli immobili oggetto del suddetto
provvedimento era già prescritto.
Le censure sono infondate.
All’epoca dell’adozione di entrambi i decreti ablativi
l’originaria formulazione dell’art.19 legge 865 del 1971
5

imponeva che il proprietario di essi destinatario non
potesse agire per conseguire la determinazione
dell’indennità dovutagli in sostituzione del bene
espropriato,occorrendo al riguardo che detta indennità
fosse stimata in via definitiva dall’apposita Commissione

provinciale o dall’U.T.E.,e che la stima fosse inserita
nel FAL della Provincia. Tale sistema è stato dichiarato
incostituzionale dalla nota decisione 67 del 1990 della
Corte Costituzionale, che ha di fatto attribuito al
soggetto espropriato il diritto di agire in via autonoma
per conseguire l’indennità di espropriazione, anche se la
stima amministrativa non sia stata effettuata, quando sia
stato emesso il decreto di esproprio (Cass.11064/2001;
9652/1994):fermo rimanendo il termine di prescrizione
decennale per fare valere siffatto diritto,perciò
decorrente anche in applicazione ai principi stabiliti
dalla Corte EDU, dalla data di pubblicazione della
menzionata decisione della Corte Costituzionale,e nel
caso definitivamente interrotto dalla citazione del 29
ottobre 1985 davanti al Tribunale di Rende.I1 tutto senza
considerare che trattandosi nel caso di terreni
edificatori,i1 criterio di stima ancorato ai VAM di cui
all’art.16 legge 865 del 1971 è stato dichiarato
incostituzionale dalle note sentenze 5/1980 e 223/1983
della Corte Costituzionale che hanno attribuito al
6

proprietario il diritto di conseguire comunque il
conguaglio tra quanto ricevuto in base alla norma
dichiarata incostituzionale ed il criterio
successivamente applicabile nel consueto termine di
prescrizione decennale decorrente dal 28 luglio 1983,data

di pubblicazione della menzionata ultima sentenza della
Consulta (art.39 legge 2359 del 1865:Cass.1604/2009;
22421/2008; 8217/2007; 19656/2006;24070/2004).
Con il terzo e quarto motivo motivo,i1 comune deducendo
violazione degli art.1,3 e 34 d.p.r.327/2001,nonché
832,922 e 2697 cod.civ. nonché difetti di
motivazione,censura la sentenza impugnata per avere
attribuito ai Carnevale l’indennità corrispondente ad una
estensione di terreno corrispondente a mq.93.200 da
imputare per mq. 41920 al decreto 1008/1974 e per mq.
51.280 al decreto 44/1976. Senza considerare che detti
proprietari, essendo succeduti ai genitori Aldo e Bartolo
Carnevale cui era stata attribuita una superficie di mq.
53.333 per testamento olografo del dante causa Tommaso
Carnevale,pubblicato il 16 dicembre 1971, non potevano
possedere un fondo più esteso di quello loro attribuito
dai danti causa:la superficie restante essendo relitta da
Tommaso Carnevale ai nipoti Mazzotti che avevano
intrapreso distinti giudizi definiti con sentenza
264/1989 della Corte di appello di Catanzaro.
7

Con il quinto,addebita alla decisione ulteriori difetti
di motivazione per avere recepito acriticamente la
ricostruzione del patrimonio di Tommaso Carnevale,dante
causa dei genitori delle controparti senza considerare
tutte

le

disposizioni

testamentarie,né

che

detto

testamento non consentiva di ricostruire con certezza la
posizione del terreno anche per la mancanza di
documentazione certa nonché per la morte dei soggetti che
conoscevano i luoghi,e supponendo avvenuta una divisione
amichevole con i coeredi Mazziotti che in nessun caso
poteva giustificare l’attribuzione alle controparti di
un’estensione di terreno più elevata di mq.40.000 di
quella risultante dal menzionato testamento olografo.
Con il sesto insiste sulla attribuzione alle controparti
di un’indennità non corrispondente

alla superficie di

terreno ereditata e neppure a quella attribuita ai
coeredi Mazziotti,con la conseguenza di essere tenuto a
corrispondere una somma più elevata di quella dovuta;e
rileva infine a sostegno dell’assunto che lo stesso
c.t.u. aveva dato atto dell’impossibilità di reperimento
dell’originario piano particellare,per cui occorreva
quanto meno disporre un supplemento di consulenza,già
richiesto al giudice del merito,onde confrontare le
particelle espropriate con quelle ereditate dalle
controparti.
8

Per converso,i Carnevale con il quinto motivo del loro
ricorso,deducendo vizi di illogica ed insufficiente
motivazione, si dolgono che la Corte di appello abbia
escluso dall’indennizzo il terreno esteso mq. 4320 di cui
al decreto del 1977,assumendo che si trattava degli

stessi terreni già compresi in quelli precedenti del 1974
e 1976;laddove il relativo frazionamento era stato
eseguito nell’anno 2001,perciò in epoca successiva ai

;11

menzionati decreti che dunque negli anni in cui erano
stati emessi riguardavano fondi diversi.
Tutte queste censure sono infondate.
Non è anzitutto esatto che la sentenza impugnata abbia
attribuito ai Carnevale l’intera somma di 199.874 di
cui al decreto di esproprio 1008/74 ed E 155.647 di cui
al decreto 44/76,essendosi invece limitata a determinare
in tale misura l’indennità pacificamente corrispondente
all’estensione di terreno individuata nei due
provvedimenti ablatori (rispettivamente per mq. 41.920 e
51.280:cfr.pag.8 sent.:Cass.5295/2000;12367/1993),allora
intestati al dante causa degli attuali ricorrenti,
Tommaso Carnevale; e successivamente ad ordinarne il
deposito presso la Cassa depositi e prestiti,in
conformità al principio giurisprudenziale del tutto
consolidato che in caso di espropriazione di bene
indiviso non è richiesta l’indicazione della quota di
9

spettanza dell’opponente o, in caso di opposizione
cumulativa, delle quote di rispettiva spettanza di
ciascuno degli opponenti: posto che l’opposizione del
singolo comproprietario contro la stima dell’indennità è
idonea a estendere il giudizio alla determinazione

dell’intero diritto e quindi alla intera indennità anche
a beneficio degli altri comproprietari non opponenti;e
che l’obbligazione dell’espropriante e il relativo
credito dell’opponente non hanno natura parziaria sicchè
non è configurabile la loro deduzione pro quota in
giudizio ed il giudice deve determinare l’indennità in
rapporto al bene considerato nel suo complesso ed unità,
e non alle singole quote spettanti ai compartecipi.
(Cass. sez.un. 10165/2003;1159/2000,nonché 6873/2011).
Salva rimanendo la conseguenza più volte evidenziata
dalla giurisprudenza che detta comunione permane
sull’indennità fino al momento in cui questa sarà
divenuta definitiva e ne sarà disposto lo svincolo
dall’autorità giudiziaria, sulla base dell’accordo delle
parti o in ragione dei diritti degli espropriati di cui
ciascuno è tenuto a fornire la rigorosa prova al momento
in cui lo richiede.
D’altra parte, fin dalle prime pronunce sulla speciale
competenza in unico grado della Corte d’Appello, prevista
dagli artt. 19 e 20 della legge 22 ottobre 1971 n. 865,è
10

rimasta ferma la regola che la Corte suddetta può (e
deve) esclusivamente quantificare in concreto la misura
dell’indennità dovuta ai soggetti indicati dal ricordato
art. 19 della legge; e che le è precluso l’esame di
qualsiasi altra domanda – sia essa di natura

reale/successoria o attinente a diritti di obbligazione che pur vi possono essere connesse, le quali vanno
devolute secondo gli ordinari criteri di competenza per
materia e valore. Per cui. questa Corte ha già affermato
(Cass.9172/2005; 3661/1984;1480/1987) che restano
estranee all’oggetto del giudizio le domande con le quali
il proprietario del fondo espropriato o la controparte
invocano l’accertamento del suo diritto di proprietà sul
medesimo (o del suo diritto esclusivo,o per converso dei
suoi limiti), escludendo altresì che ne sia possibile il
cumulo oggettivo, nello stesso processo davanti alla
Corte d’Appello, con la domanda di opposizione alla
stima: in quanto ciò si risolverebbe per le prime
nell’eliminazione del doppio grado di giurisdizione e
nell’estensione di una competenza eccezionale al di fuori
dello ambito di previsione.
Pertanto neppure sotto tale profilo era consentito alla
sentenza impugnata accertare e ricostruire la posizione
di ciascuno dei coeredi di Tommaso Canevale,nonché di
determinarne le quote onde adeguare ai risultati
11

raggiunti la frazione di indennizzo ad ognuno dovuta:da
quantificare invece,esclusivamente al momento del
successivo svincolo.
Per quanto riguarda,infine,le part.652,653 e 654,1a Corte
territoriale ha accertato che le stesse sono state

successivamente ricavate dall’originaria part.93,già
oggetto dei decreti 1008/74 e 44/76,e conseguentemente
già indennizzate in forza di detti decreti ablativi;
sicchè per contestare i relativi accertamenti di fatto
non bastava ai Carnevale dedurne genericamente
l’erroneità o la superficialità e quindi affermare che le
nuove particelle erano rimaste estranee ai provvedimenti
precedenti:occorrendo,invece, indicare e riportare nel
ricorso le risultanze documentali non valutate o
erroneamente valutate dalla sentenza,in relazione alle
quali veniva invocato il controllo di logicità e di
adeguatezza,e che dimostravano come la valutazione del
giudice di merito fosse del tutto illogica e contraria
alle conclusioni che le stesse suggerivano. In mancanza
delle quali le censure si risolvono in una richiesta di
nuova consulenza del tutto esplorativa,nonché in una
generica istanza di revisione delle valutazioni
effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni
raggiunte dal giudice del merito:perciò stesso
inammissibile.
12

Con

l’ultimo

motivo

del

ricorso

incidentale,i1

comune,deducendo violazione degli art.32 T.U. espropr. e
9 legge 167 del 1962,censura la sentenza impugnata per
avere attribuito al terreno natura edificatoria per il
solo fatto di trovarsi all’interno di un PEEP senza

considerare anzitutto che soltanto un’area di 6.700 mq.
aveva destinazione industriale e commerciale,altra di mq.
48.400 destinazione residenziale,mentre la superficie di
mq. 38.500 era destinata a verde pubblico;e quindi che il
piano di zona si concretava in un vincolo preordinato
all’espropriazione,per cui occorreva risalire al P.R.G.
per eseguire la ricognizione legale dei terreni
espropriati ivi destinati per mq. 58.600 a verde ed
altre utilizzazioni non edificatorie
I Carnevale,per converso con il primo motivo del loro
ì
ricorso,deducendo difetti di motivazione si dolgono che
la sentenza impugnata abbia attribuito alle aree
espropriate i valori proposti dal c.t.u. secondo le loro
diverse destinazioni all’interno del PEEP:e perciò in tal
modo contraddicendo l’affermata edificabilità legale del
fondo e non considerando la giurisprudenza di legittimità
per cui tutti i fondi interni al piano dovevano
necessariamente avere il medesimo valore.
Con il secondo, deducendo altri vizi di motivazione
lamentano che non siano stati recepiti i valori
13

attribuiti dalla precedente sentenza della Corte di
appello che aveva definito il giudizio intrapreso dai
coeredi Mazziotti,attribuendo ai terreni prezzi
commerciali più elevati;ed erroneamente non recepiti dal
c.t.u. che pur aveva premesso di volersi attenere ai

valori suddetti,ed in tal modo violato i criteri
enunciati dalla nota decisione 348/07 della Corte
Costituzionale.
Con il terzo,riprendendo le precedenti censure lamentano
che la Corte abbia erroneamente ridotto non il valore
venale dei fondi,bensì l’importo dell’indennità senza una
logica motivazione e per asserite finalità equitative
collegate alle critiche condizioni finanziarie del comune
di Rende.
Tutte queste censure sono infondate / non tenendo in alcun
conto i principi enunciati al riguardo dalla
giurisprudenza di legittimità.
Fin dalla nota sentenza 11433/1997 delle Sezioni Unite
della Corte ha trovato costante applicazione la regola
secondo la quale il fatto stesso che un terreno sia
compreso nel P.E.E.P. ed in esso abbia destinazione
all’edilizia economica e popolare, che del P.R.G.
costituisce attuazione o variante, è di per sè elemento
giustificativo del legale carattere edificatorio del
terreno medesimo, sia pure nei limiti che il P.E.E.P.
14

consente:posto che pur se la zona oggetto del piano non
fosse già prevista come zona di espansione destinata
ad edilizia residenziale, come nel caso che essa
avesse destinazione agricola nel Piano
l’approvazione del P.E.E.P.

costituisce un provvedimento a duplice

effetto;

regolatore generale,

in quanto è ad un tempo approvazione di variante allo
strumento urbanistico fondamentale o di secondo livello
(Piano regolatore generale o Piano di fabbricazione)
ed approvazione di piano di zona attuativo di terzo
livello (v. art. 8 1. n. 167/62; 33 1. n. 865/1971, 2 e
13 1. n. 10 del 1977), perciò equivalente ai piani
particolareggiati o di lottizzazione (art. 28 della legge
17 agosto 1942 n. 1150, modificato dall’art. 8 della
legge 6 agosto 1967 n. 765, ribadito dall’art. 24 della
legge 28 febbraio 1985 n. 47).
Si

è

affermato,altresì

che

per

apprezzare

le

caratteristiche di tale destinazione edificatoria (c.d.
edificabilità di fatto),i1 giudice di merito deve tenere
conto delle previsioni del piano per l’edilizia in punto
di densità volumetrica, quali varianti del piano
regolatore, quando esse si traducano in indici medi di
fabbricabilità, correlati (o correlabili) al totale della
superficie al lordo dei terreni da destinarsi a spazi
liberi, ed inoltre si riferiscano all’intera area del
15

piano stesso o ad una porzione differenziata per
situazioni indipendenti dal progetto espropriativo.
Laddove la valutazione deve trascurare la maggiore o
minore indice fabbricabilità che il fondo venga a godere
o subire per effetto delle disposizioni del piano per

l’edilizia attinenti alla collocazione sui singoli fondi
di specifiche edificazioni, ovvero servizi e
infrastrutture:peraltro rimesse dagli art.4 della legge
167 del 1962 e dall’art.3 della legge 247 del 1974 a
scelte tecniche e discrezionali dell’amministrazione
espropriante (Cass.sez.un. 1314/1990; 496/1992; 266/2004;
1043/2007; Cons.St.IV,863/1996).
Le relative norme, che direttamente o indirettamente
ripartiscono costruzioni e spazi liberi nel singolo fondo
da espropriare o in più fondi espropriandi coinvolti
dall’opera pubblica o dalle opere pubbliche previste a
scopo residenziale, non hanno,infatti, funzione di
variante del piano regolatore; ma restano interne al
programma di edificazione mediante esproprio, mancando
della generalità ed astrattezza proprie delle
disposizioni conformative della proprietà privata.
In fase di definizione dei connotati di un futuro
complesso residenziale, da realizzare previa
espropriazione dei suoli necessari, la decisione di
collocare in alcuni fondi una cubatura diversa rispetto a
16

quella mediamente prevista dal (piano regolatore o) dal
Piano di zona, ovvero dei servizi,è momento attuativo ed
esecutivo

dello

strumento

urbanistico

generale

attraverso il piano particolareggiato, non esprime una

i

revisione di valutazioni generali inerenti alla densità
e

quindi

non

incide

sull’indennità,

abitativa,

insuscettibile di essere incrementata o compressa per
mero effetto della sorte assegnata a ciascun terreno
nell’ambito di un programma di edificazioni pubbliche
mediante espropriazioni.
Se

tuttavia

tutti

i

terreni

Carnevale

compresi

nell’ambito del PEEP hanno acquisito perciò solo le
possibilità legali ed effettive di edificazione da
considerarsi nella liquidazione dell’indennità
espropriativa, beneficiando di un unico indice di
fabbricabilità (territoriale) ,frutto del rapporto fra
spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi
liberi,o comunque non suscettibili di edificazione,è del
pari indiscutibile che anche la loro effettiva
potenzialità edificatoria vada da un minimo ad una
massimo, con una gamma di situazioni quantitative
intermedie;su cui incide in misura determinante proprio
l’edificabilità effettiva determinandone il concreto
valore venale in comune commercio. Il quale,come è noto
dipende da una serie di fattori,urbanistici,economici,
17

morfologici, di consistenza,accessibilità ed ubicazione
che concorrono a determinarne una maggiore o minore
appetibilità anche nell’ambito di una medesima zona
omogenea.
Proprio a questi principi si è attenuta la sentenza

impugnata la quale non ha contraddetto affatto
all’accertata destinazione legale edificatoria dei
terreni Carnevale,tutti inclusi all’interno di un PEEP,
ma ha osservato che il loro valore commerciale variava in
funzione delle maggiori o minori opere di urbanizzazione
già eseguite o ancora da eseguire per potere essere in
concreto utilizzate; si da raggiungere necessariamente
valori più elevati in presenza di notevoli opere di
urbanizzazione già realizzate nonché di conseguenti
minori costi da affrontare. E per converso,valori
inferiori allorchè siffatti costi aumentavano unitamente
ai tempi di attesa per la loro esecuzione,fino ad
ottenersi prezzi commerciali dimezzati:così come i d’altra
parte r aveva accertato il c.t.u. ed era stato rilevato nel
precedente giudizio promosso dai coeredi Mazzotti
(pag.10-11 sent.)
144:
E’ ddltge puba..t* significativo che i Carnevale non

abbiano contestato tale diversa urbanizzazione dei loro
terreni,né saputo indicare atti del tempo che smentivano
la scala dei valori prospettata dal c.t.u.:perciò in base
18

ad una corretta applicazione del metodo sinteticocomparativo e non certamente per finalità equitative o
per venire incontro ad imprecisate esigenze finanziarie
del comune espropriante,di cui d’altra parte non è cenno
alcuno nella motivazione della sentenza. Mentre è fuor di

luogo invocare l’autorità del giudicato della decisione
definitiva del menzionato giudizio promosso dai coeredi
in relazione al valore di quei terreni,difettandone tutti
i presupposti richiesti dall’art.2909 cod. civ.:e cioè
tanto roggettoltrattandosi di fondi distinti,quanto i
soggetti per non avere alcuno degli attuali ricorrenti
partecipato a quel giudizio.
Fondato è invece il quarto motivo,con cui i ricorrenti
principalideducendo violazione dell’art.2,comma 89 legge
244/2007, si dolgono della riduzione del 25% compiuta
dalla sentenza impugnata sul valore venale degli
immobili,erroneamente ritenendo che si trattasse di
espropriazioni rivolte a finalità di rilevanza economicosociale,invece non ricorrente nell’ipotesi di programmi
edilizi pur se pubblici.
Dopo la declaratoria di incostituzionalità dei primi due
commi dell’art.5 bis ad opera della sentenza 348/2007
della Corte Costituzionale,questa Corte ha ripetutamente
affermato anche a sezioni unite:a)che è tornato a trovare
applicazione ai fini della determinazione dell’indennità
19

di espropriazione,i1 criterio del valore venale del bene
previsto dall’art. 39 della legge 25 giugno 1865, n.

P9

2359,sostanzialmente corrispondente con la riparazione
integrale in rapporto ragionevole con il valore venale
del bene garantita dall’art.1 del Protocollo allegato

alla Convenzione europea,nell’interpretazione offerta
dalla Corte EDU:che dunque doveva trovare applicazione
nella fattispecie. b)che non è invocabile neppure lo ius
superveniens costituito dall’art.2 commi 89 ° della legge
244 del 2007 perché la norma intertemporale di cui al
successivo comma 90 ° prevede una limitata retroattività
della nuova disciplina di determinazione dell’indennità
di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti
espropriativi” e non anche ai giudizi in corso
(Cass.sez.un.5269/2008;22756/2009,nonché 21389/2011).
Ha evidenziato altresì la corrispondenza di questa
opzione ermeneutica con la giurisprudenza della Corte
Edu,nonché della Grande Chambre della Corte,la quale,pur
non escludendo che in materia civile una nuova normativa
possa avere efficacia retroattiva,ha ripetutamente
considerato lecita l’applicazione dello ius superveniens
in causa soltanto in presenza di “imperieux motifs
d’interet general”;per cui : siccome nel caso il giudizio è
pendente da epoca antecedente alla sentenza 348/07
correttamente la Corte di appello ha sostanzialmente
20

applicato non già il criterio introdotto dalla menzionata
legge 244/2007 (con il sistema delle riduzioni e delle
maggiorazioni dalla stessa riproposto),ma la regola
generale dell’ art.39 della legge fondamentale ribadita
dall’art.32 del T.U. per la quale “la indennità dovuta

all’espropriato consisterà nel giusto prezzo che a
giudizio dei periti avrebbe avuto l’immobile in una
libera contrattazione di compravendita”:anche per il
principio più volte ricordato dalla Corte Costituzionale
che sul giudice comune grava l’obbligo di interpretare la
norma interna in modo conforme alla disposizione
internazionale,entro i limiti in cui ciò sia permesso dal
suo tenore.
Conclusivamente il Collegio deve cassare la sentenza
impugnata in relazione a quest’ultima censura,e ) non
essendo necessarie ulteriori attività
istruttorie,assorbiti i motivi del ricorso relativi alle
spese processuali,decidere nel merito la controversia ai
sensi dell’art.384 cod. proc.civ. determinando
l’indennità dovuta agli espropriati per l’ablazione di
cui al decreto 1008/74 in C 145.144,75 e quella relativa
al decreto 44/76 in C 188.663,25 (pag.10 ed 11 sent.).
Ferme rimanendo le statuizioni accessorie.
Le spese del giudizio di merito vanno liquidate nella
misura già determinata dalla sentenza impugnata;mentre
21

quelle di legittimità vanno gravate sul comune soltanto
in ragione di metà. Il rigetto dei motivi del ricorso

iP

principale avanti esaminati nonché la circostanza che
l’accoglimento del 4 ° è derivato dalla sopravvenuta
decisione della Corte Costituzionale inducono il Collegio

a dichiarare interamente compensata la restante metà.
Quelle relative all’ATERP vanno compensate per intero con
le controparti.
P.Q.M.
La Corte,accoglie

il

quarto motivo

del

ricorso

principale,respinge i primi tre ed il quinto,nonché
l’incidentale ed assorbiti gli ultimi due del
principale,cassa la sentenza impugnata e,decidendo nel
merito ai sensi dell’art.384 cod. proc.civ.determina
l’indennità di espropriazione di cui al decreto
n.1088/1974 in E145.144,75 e quella di cui al decreto
n.44/1976 in

E

188.663,25. Mantiene ferme le altre

statuizioni e condanna il comune di Rende al pagamento
delle spese processuali che liquida in favore dei
ricorrenti per il giudizio di merito nella misura già
determinata dalla Corte di appello;e per quello di
legittimità ,nell’intero in complessivi E 10.200, di cui

E 200 per esborsi,oltre agli accessori come per legge.
Dichiara interamente compensate tra dette parti la

22

restante metà;e per intero q uelle tra l’ATERP e le altre
parti.

Così deciso in Roma il 9 ottobre 2013.

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