Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26493 del 27/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 26493 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: SALVAGO SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 33391-2006 proposto da:
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, già MINISTERO DELLE
INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del
Ministro pro tempore, ANAS – ENTE NAZIONALE PER LE

i

p

Data pubblicazione: 27/11/2013

STRADE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
2013
1460

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
li rappresenta e difende ope legis
– ricorrenti –

contro

1

ROMANO PAOLO CARMINE, ROMANO GRAZIA, ROMANO MARIO;
– intimati –

sul ricorso 33700-2006 proposto da:
ROMANO PAOLO CARMINE

(c.f.

RMNPCR35L17A783N),

ROMANO GRAZIA, ROMANO MARIO, elettivamente

l’avvocato ABBAMONTE ANDREA, che li rappresenta e
difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, già MINISTERO DELLE
INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del
Ministro pro tempore, ANAS S.P.A., già ANAS – ENTE
NAZIONALE PER LE STRADE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, domiciliati in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– controri correnti –

domiciliati in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso

sul ricorso 1681-2007 proposto da:
ROMANO PAOLO CARMINE

(c.f.

RMNPCR35L17A783N),

ROMANO GRAZIA, ROMANO MARIO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso
l’avvocato ABBAMONTE ANDREA, che li rappresenta e
difende, giusta procura a margine del controricorso

2

e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali
contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, già MINISTERO DELLE
INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

NAZIONALE PER LE STRADE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, domiciliati in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2890/2005 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/10/2005;
preliminarmente si riunisce il presente ricorso al
ric. n.1 del ruolo RG. 33700/06 in quanto avverso
la medesima sentenza;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 09/10/2013 dal Consigliere

Ministro pro tempore, ANAS S.P.A., già ANAS – ENTE

Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso,
previa riunione dei ricorsi (n.1 del ruolo odierno
RG. 33700/06), per l’accoglimento per quanto di
ragione dei ricorsi.

3

Svolgimento del processo
1.11 Tribunale di Napoli,con sentenza 7 marzo 2003 ha
condannato il Ministero dei L.P. e l’ANAS a corrispondere a
Paolo Carmine,Grazia e Mario Romano per l’avvenuta
espropriazione di un terreno di loro proprietà ubicato nel

comune di Benevento (in catasto al fg.16,part.110)
l’indennità di C 79.801,13, oltre a quella per
l’occupazione temporanea del fondo nel quinquennio 19
agosto 1991(data del decreto prefettizio che l’aveva
disposta)-9 ottobre 1996 determinata in C 39.900,57 ed al
risarcimento del danno per l’occupazione successiva nella
misura di C 87.811,80.
In parziale accoglimento delle impugnazioni di entrambe le
parti,la Corte di appello di Napoli,con sentenza del 17
ottobre 2005, ha dichiarato che il procedimento
espropriativo si era concluso per effetto della c.d.
occupazione acquisitiva verificatasi alla scadenza
dell’occupazione temporanea, liquidando il relativo
indennizzo nella misura di C 172.870;ha accertato la
destinazione non edificatoria del terreno e perciò respinto
la richiesta di danni per la diminuzione di valore del
fondo residuo, riducendo l’indennità di occupazione
temporanea per effetto del criterio dei VAM, all’importo di
C 4.930;ed ha escluso ogni ulteriore indennizzo o
risarcimento per il periodo successivo in cui il terreno
era stato acquisito dalle amministrazioni esproprianti.
4

Per la cassazione della sentenza,i Romano hanno proposto
ricorso per tre motivi;cui resistono Ministero ed ANAS con
controricorso. Anche detti enti hanno avanzato a loro volta
autonomo ricorso per 8 motivi,resistito dalle controparti
con controricorso con il quale è stato formulato ricorso

incidentale per i motivi già esposti.
Motivi della decisione
2.Tutti

i

ricorsi

vanno,anzitutto,riuniti

ai

sensi

dell’art.335 cod. proc.civ. perché proposti contro la
medesima sentenza.
Il Collegio deve quindi dichiarare inammissibile il primo e
secondo motivo del ricorso incidentale con cui il
Ministero,deducendo violazione dell’art.2043 cod. civ., si
duole che la sentenza impugnata lo abbia ritenuto
corresponsabile con l’ANAS dell’ occupazione espropriativa
in danno dei terreni Romano,cui essa amministrazione era
rimasta invece estranea,non avendo compiuto alcun atto
della procedura;ed essendosi il Ministero limitato ad
emettere i due decreti di approvazione del progetto,nonché
di affidamento dei lavori all’impresa appaltatrice,privi di
rilevanza causale in ordine all’illecito:in quanto la
questione in realtà attinente alla titolarità,dal lato
passivo, dell’obbligazione risarcitoria nei confronti del
proprietario dell’immobile illegittimamente espropriato,è
nuova non essendo stata posta né al Tribunale,né ai giudici
di appello:come è confermato dallo stesso ricorso laddove
5

l’amministrazione,ha

riportato

le

pregresse

vicende

processuali senza mai menzionarla.
3.Con

il

terzo

e

quarto

motivo

del

ricorso

incidentale,Ministero ed ANAS,deducendo violazione degli
art.13 legge 2359 del 1865 e 20 legge 865 del 1971

censurano la sentenza impugnata per avere confermato che il
periodo di occupazione temporanea del fondo Romano era
inutilmente scaduto nell’anno 1996,in coincidenza con il
quale ha dunque ritenuto essersi verificata l’occupazione
espropriativa senza esaminare se ed a quale data fosse
divenuta inefficace la dichiarazione di p.u.;ed in
particolare se a tale data era scaduto anche il termine per
l’ultimazione dei lavori che è il solo a condizionare la
decadenza della dichiarazione. In quanto in caso negativo
le amministrazioni avevano ancora a disposizione siffatto
termine per completare la procedura ablativa e
l’occupazione appropriativa doveva essere esclusa;mentre
nel caso,inverso, siccome entrambi i giudici di merito
avevano accertato che l’irreversibile trasformazione del
terreno si era verificata al più tardi nel corso dell’anno
1994,l’acquisizione coattiva andava anticipata a tale data,
e doveva quindi essere diminuita la durata del periodo per
il quale era stata attribuita l’indennità di occupazione
temporanea.
Per converso,i1 Romano,con il terzo motivo del ricorso
principale, deducendo violazione dell’art.112 cod.proc.
6

civ. censura la sentenza impugnata per avere escluso il
risarcimento del danno dovutogli dagli enti
esproprianti,dopo la scadenza del periodo di occupazione
temporanea,regolarmente liquidato dal Tribunale e non
impugnato né dal Ministero,né dall’ANAS,i quali avevano

contestato esclusivamente i criteri di stima del
pregiudizio suddetto.
Tutte queste censure sono infondate.
Dimenticano,infatti, gli enti esproprianti che questa
Corte,fin dalle note decisioni che hanno definito
presupposti e confini dell’occupazione c.d. espropriativa
(cfr.sent.3940/1988;3963 e 4619/1989) ne ha evidenziato la
distinzione dal fenomeno, indiscriminato e generico
dell’apprensione sine titulo per qualsivoglia ragione e
fine (pur se di interesse collettivo) di un bene immobile
altrui, affermando che lo stesso è necessariamente
caratterizzato “quale suo indefettibile punto di partenza”
da una dichiarazione di p.u. dell’opera e “quale suo
indefettibile punto di arrivo” dalla realizzazione
dell’opera pubblica medesima:perciò necessariamente
appartenente alla categoria dei beni demaniali o a quella
dei beni patrimoniali indisponibili,e strettamente
sottoposta al relativo regime pubblicistico indicato dagli
art.822 e segg. cod.civ.
E tuttavia la medesima giurisprudenza di legittimità ha
ripetutamente affermato che se la dichiarazione di p.u. ed
7

i suoi termini di efficacia costituiscono un presupposto
indefettibile dell’occupazione (temporanea o definitiva)
che diviene automaticamente invalida in tutti i casi di
inesistenza,nullità,annullamento o decadenza della
dichiarazione

(Cass.20459/2005;

28214/2008;

sez.un.3569/2011), perciò assolvendo all’esigenza di
consentire che la potestà espropriativa possa esplicare la
finalità di rendere possibile la realizzazione di un’opera
di riconosciuto interesse pubblico e, quindi, di porre il
proprietario dell’immobile in condizione di subire un
procedimento ablativo legittimo,gli stessi non hanno anche
la funzione di costituire un titolo per l’apprensione o il
godimento del bene altrui. Quest’altra funzione è, invece,
assegnata dagli art.71 della stessa legge del 1865 e 20
della legge 865/1971 all’istituto dell’occupazione
temporanea e d’urgenza dell’immobile privato, in vista
della futura espropriazione, la quale consente
all’espropriante l’anticipata presa di possesso
dell’immobile onde iniziare i lavori necessari e nel
contempo completare la procedura espropriativa per un
periodo che nel caso la stessa amministrazione espropriante
aveva fissato in 5 anni (prorogati ex legge di altri due).
Pertanto, scaduto nella fattispecie inutilmente tale
termine (secondo la prospettazione delle parti e della
sentenza impugnata) nel 1996, senza che gli enti
esproprianti fossero in possesso di altro titolo per
8

mantenere la detenzione del fondo espropriando, lo stesso
doveva essere restituito al proprietario; e la sua
perdurante occupazione abusiva,ormai divenuta irreversibile
per l’avvenuta realizzazione dell’opera stradale,pur se
fossero ancora in corso i termini fissati per

l’espropriazione e/o per i lavori,ha comportato il
verificarsi dell’occupazione acquisitiva in favore
dell’ANAS (Cass.4202/2009;24576/2006;4088/2001):perciò
correttamente dichiarata dalla Corte di appello.
4.

D’altra parte, la Corte fin dalle medesime iniziali

prime pronunce sull’istituto (cfr. anche Cass.2369/1985;
2872/1985), ha distinto l’ipotesi in cui la radicale
trasformazione dell’immobile si realizza durante il
protrarsi di una situazione di detenzione illegittima, da
quella in cui si verifica invece nel corso del periodo in
cui l’utilizzazione del bene è autorizzata da un decreto di
occupazione ,avvertendo che in tal caso (e solo in tal
caso) il momento consumativo dell’illecito deve essere
differito alla scadenza dell’occupazione autorizzata:
perchè tutto quanto si produce durante il periodo sudetto
ha,per definizione,i1 carattere della legittimità ed è
quindi improduttivo di danno nei termini di cui
all’art.2043 cod.civ.
Nella fattispecie le parti e la decisione impugnata hanno
riconosciuto che l’irreversibile trasformazione del fondo
si è realizzata nel corso dell’anno 1994,durante il periodo
9

di

occupazione

temporanea,allorchè

l’immobile

era

legittimamente detenuto dal comune in base al decreto l
agosto 1991;sicchè la Corte di appello ha correttamente
applicato la regola (Cass.3189/2008; sez.un.24397/2007),
che l’espropriazione si è consumata al termine di detto

periodo venuto a scadere nel corso dell’anno 1996.
Né è sostenibile che anche dopo tale scadenza il
proprietario avesse diritto a percepire l’ulteriore
indennizzo per l’occupazione rimasta senza titolo,per il
fatto che la relativa statuizione non era stata impugnata
dalle controparti:in quanto detta liquidazione è avvenuta
sul presupposto che l’espropriazione si fosse conclusa
ritualmente con l’adozione del decreto ablativo nell’anno
1997;e che quindi fino a tale data i Romano avessMiritto
all’indennizzo per l’occupazione temporanea durante il
quinquennio 1991-1996,nonché a quello per il periodo
successivo, in cui l’autorizzazione all’occupazione era
venuta meno.
Sennonchè proprio i proprietari hanno impugnato tale
ricostruzione della vicenda assumendo che alla scadenza del
menzionato quinquennio si era verificata l’occupazione
acquisitiva dell’immobile,e chiedendo dunque che il decreto
di esproprio intervenuto successivamente fosse
disapplicato,perché
ricostruzione

hanno

inutiliter

dato.

sostanzialmente

Ed

a

aderito

tale
le

amministrazioni,pur deducendo che la controparte non aveva
10

richiesto nella citazione introduttiva alcuna indennità di
esproprio,ma soltanto il risarcimento del danno per la
irreversibile trasformazione del fondo,perciò da ancorare,
a loro giudizio all’anno 1996,epoca di scadenza
dell’occupazione temporanea (pag.4-5 sent.).

Entrambe le censure sono state accolte dalla Corte di
appello, che in conformità delle prospettazioni delle
parti,ha ricostruito l’intera vicenda ablatoria non
compresa dal Tribunale,nel senso che la stessa si era
svolta attraverso un periodo di occupazione legittima nel
quinquennio 1991-1996, e si era conclusa al termine di
detto periodo con l’occupazione espropriativa;la quale,come
è noto pone fine alla procedura,comporta il trasferimento
dell’immobile a titolo originario all’espropriante,e più
non consente la liquidazione di indennizzi o risarcimenti
al proprietario per il periodo successivo in cui
quest’ultimo ne ha già perduto la titolarità.
Ed allora, essendo stata impugnata la ricostruzione
dell’intera vicenda ablativa compiuta dal primo giudice,
non era più consentito al proprietario espropriato scindere
le relative statuizioni a seconda che fossero o meno allo
stesso favorevoli,mantenendo queste ultime e per converso
eliminando quelle ritenute riduttive:anche per il noto
potere del giudice di appello di rendere la pronuncia
richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti, autonoma
rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base
11

alla qualificazione giuridica degli stessi ed, in genere,
all’applicazione di norme giuridiche diverse da quelle
invocate dall’istante. Con l’unico limite costituito dal
divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene
della vita – diverso da quello richiesto (“petitum

mediato”);che nel caso la sentenza impugnata non ha violato
avendo liquidato ai Romano proprio il risarcimento del
danno da occupazione

stessi

acquisitiva,come dagli

richiesto,e tuttavia assolutamente

incompatibile con

l’opposta categoria del danno da illecito permanente.
5. Il Collegio deve a questo punto esaminare il primo
motivo del ricorso principale,con cui i Romano, deducendo
violazione dell’art.20 legge 865/1971 censurano la sentenza
impugnata per avere determinato l’indennità di occupazione
temporanea disposta con decreto prefettizio del 19 agosto
1991 nella misura di 1/12 per anno dell’indennità di
espropriazione calcolata con il parametro dei VAN di cui
all’art.16 legge 865/1971,invece di prendere a base della
stima

il

valore

inedificabile

all’epoca

terreno,pur

del

venale

della

c.d.

ritenuto
occupazione

espropriativa.
La censura è fondata pur se per ragioni diverse da quella
prospettata dal ricorrente.
Nelle more del giudizio detto criterio riduttivo,indicato
dagli art.16 e 20 legge 865/1971 per la stima delle
relative indennità, è infatti

venuto meno per effetto
12

della sentenza 181 del 2011 della Corte Costituzionale;la
quale ne ha dichiarato l’illegittimità per contrasto con
gli art. 42,3 ° comma e 117 Costit.
Per cui la Corte deve ribadire: a)che per la stima
dell’indennità di espropriazione torna nuovamente

applicabile il criterio generale dell’indennizzo pari al
valore venale del bene, fissato dall’art. 39 della legge 25
giugno 1865, n. 2359, che è l’unico criterio ancora vigente
rinvenibile nell’ordinamento, e per di più non stabilito
per singole e specifiche fattispecie espropriative, ma
destinato a funzionare in linea generale in ogni ipotesi o
tipo di espropriazione salvo che un’apposita norma
provvedesse diversamente:anche per la sua corrispondenza
con la riparazione integrale in rapporto ragionevole con il
valore venale del bene garantita dall’art.1 del Protocollo
allegato alla Convenzione europea,nell’interpretazione
offerta dalla Corte EDU.; b)che conseguentemente deve
essere consentito al proprietario espropriato di ottnere
la valutazione in base al valore agricolo effettivo del
fondo ove coltivato (cfr. art.40,1 ° comma T.U. appr. con
d.p.r. 327/2001);ovvero in alternativa di dimostrare sempre
all’interno della categoria suoli/inedificabili,anche
attraverso rigorose indagini tecniche e specializzate, che
il valore agricolo sia mutato e/o aumentato in conseguenza
di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile
con la sua ormai accertata non edificatori età e con i
13

vincoli imposti all’interno della riserva; c)che dopo
l’intervento della Consulta anche l’indennità di
occupazione temporanea,comunque parametrata dall’art.20
legge 865/1971 a quella (effettiva o virtuale) di
espropriazione in ragione di 1/12 annuo del suo ammontare,

e non al valore del fondo calcolato per l’occupazione
espropriativa,deve essere determinata applicando la
percentuale in questione rimasta immutata (ed ora recepita
dall’art.59 del T.U. appr. con d.p.r. 327/2001)
all’indennità suddetta determinata in base ai nuovi criteri
di stima.
Resta in tale statuizione assorbito l’ultimo motivo di
doglianza proposto dagli esproprianti.
6.Con il secondo motivo i ricorrenti deducendo violazione
dell’art.40 legge 2359/1865,nonché difetti di motivazione
si duole che la Corte di appello abbia escluso l’indennizzo
previsto da detta norma per la diminuzione di valore del
terreno residuo per il solo fatto che l’intero fondo
possiede destinazione agricola:perciò omettendo di
considerare gli accertamenti compiuti dal c.t.u. che aveva
dimostrato come per le sue utilizzazioni commerciali ed
artigianali il fondo avesse subito una notevole diminuzione
di valore anche per non avere più alcun accesso diretto
sulla via pubblica.
Anche questo motivo è fondato per ragioni diverse da quelle
prospettate.
14

La giurisprudenza di legittimità è fermissima sul principio
che

la

menzionata

disposizione

legislativa

I

sull’espropriazione parziale,ha portata e caratteri
generali,essendo rivolta a garantire che l’indennità di
espropriazione riguardi l’intera diminuzione patrimoniale

subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo,e si
applica pertanto non soltanto ai terreni edificatori,ma
anche a quelli che siffatta destinazione non posseggono nonché alle aree edificate (purchè supportate da regolare
concessione edilizia,ovvero da titoli autorizzativi
equipollenti:cfr. art.38 T.U. dp.p.r. 327/2001(Cass.13455/2011;sez.un.9041/2008); è invocabile altresì
qualunque sia il criterio indennitario predisposto dalla
legge per la stima del bene (Cass.16980/2006;
sez.un.10502/2012); e prescinde perfino dalla natura
rituale o anomala dell’espropriazione, perciò trovando
applicazione anche nel caso di occupazione acquisitiva
parziale,posto che il menzionato art.40 considera detta
tipologia di espropriazione alternativa soltanto a quella
totale di cui al precedente art.39 e perciò comprende ogni
genere di espropriazione volta ad acquisire il fondo
privato soltanto in parte (Cass.8197/2012; 591/2008;
24435/2006).
Tuttavia entrambe le categorie restano disciplinate a monte
dal precetto della ricognizione legale dell’immobile
introdotto dall’art.5 bis legge 359/1992;mentre quella
15

parziale è subordinata dallo stesso art.40 all’ulteriore
specifica condizione che la parte residua del fondo sia
intimamente collegata con quella espropriata da un vincolo
strumentale ed obbiettivo (per destinazione ed ubicazione)
tale da conferire all’intero immobile unità economica e

funzionale,e che il distacco di una parte di esso influisca
obbiettivamente in modo negativo sulla parte residua
(Cass.22409/2008).
Consegue:

l)

che essendo passata in giudicato la

destinazione non edificatoria del terreno Romano accertata
dalla sentenza impugnata,onde apprezzare la diminuzione di
valore di quello residuo con riferimento al duplice
presupposto indicato, non poteva tenersi conto delle
possibili utilizzazioni di fatto “artigianali,industriali o
commerciali” proposte dal c.t.u.,ma soltanto di quelle non
edificatorie o agricole stabilite dai giudici di merito e
consentite dal menzionato art.5 bis; b) per converso
neppure la natura agricola del fondo ritenuta dalla Corte
di appello era da sola sufficiente,per quanto si è detto,
ad escludere la diminuzione di valore della porzione
residua in mancanza dell’accertamento sulla sussistenza del
menzionato vincolo economico-funzionale fra le due parti
dell’immobile ed al lume delle risultanze della c.t.u. che
quella residua aveva perduto l’accesso diretto alla
pubblica via o comunque ne aveva conseguito altro assai più
complicato che aveva inciso sul suo valore venale
16

(Cass.4787/2012;22409/2008;22110/2004).

Per

cui

alle

relative indagini dovrà provvedere il giudice di rinvio.
7.Con il quinto,sesto e settimo motivo del ricorso
incidentale,i1 Ministero e l’ANAS,deducendo violazione
degli art.2043 e 2056 cod.civ.,5 bis legge 2359/1992 e 16

legge 865/1971,nonché difetti di motivazione,censurano la
decisione di appello per avere recepito acriticamente la
valutazione del terreno compiuta dal c.t.u. e
dall’ausiliario determinata in base al suo asserito valore
venale,pur avendone accertato la natura non
edificatoria,senza considerare: a)che proprio tutte le
leggi succedutesi nel tempo sul contenimento della spesa
pubblica dovevano indurre ad eseguirne la stima in base ai
valori agricoli medi,di cui al menzionato art.16,anche
perché correlata proprio al più probabile valore effettivo
dell’immobile; b)che in ogni caso dovevano trovare
applicazione criteri riduttivi analoghi a quelli introdotti
dall’art.5 bis per l’apprezzamento delle aree edificatorie;
c)che il parametro dei VAN andava privilegiato anche perché
il terreno era incluso in una fascia di rispetto
stradale,nella quale qualunque utilizzazione era preclusa,
ad eccezione di quella agricola;e comunque non erano state
accertate né dal c.t.,né dalla Corte territoriale
utilizzazioni intermedie tra quella edificabile e quella
agricola; d)che la sentenza impugnata era incorsa in una
palese illogicità, avendo dapprima accertato la
17

destinazione inedificabile del terreno e disatteso la
contraria opinione del c.t.u. che si era avvalso del
criterio

dell’edificabilità

di

/119

fatto,ritenendolo

pertinenziale ad usi commerciali ed industriali delle zone
viviniore;per poi recepire la valutazione dell’ausiliario

compiuta proprio sul presupposto di dette destinazioni
edificatorie.
Anche queste censure vanno accolte nei limiti che seguono.
Le considerazioni svolte sulla intervenuta declaratoria di
incostituzionalità del criterio di stima incentrato sui
VAM,superano le doglianze degli esproprianti rivolte a
chiederne peraltro l’estensione all’occupazione
espropriativa dei terreni non edificatori;in relazione alla
quale d’altra parte la giurisprudenza di questa Corte,resa
anche a Sezioni Unite ne aveva già escluso l’applicazione
affermando: a) che al proprietario doveva essere consentito
di dimostrare, avuto riguardo alle obiettive ed intrinseche
caratteristiche ed attitudini del fondo, in relazione alle
utilizzazioni consentite dagli strumenti di pianificazione
del territorio, che il valore agricolo sia mutato in
conseguenza di una diversa destinazione del bene ugualmente
compatibile con la sua ormai accertata inedificabilità; e
che, di conseguenza, esso, in quanto suscettibile di
sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, abbia
un’effettiva valutazione di mercato che rispecchi siffatte
possibilità di utilizzazione intermedia tra quella agricola
18

e quella edificatoria (sez.un.19551/2003 e succ.); b)che
l’indennizzo deve comunque essere determinato in base al
suo valore venale,anche per l’avvenuta caducazione dei
parametri riduttivi pur relative ai terreni edificatori,ad
opera della nota sentenza 349/2007 della Corte

Costituzionale;ed il ripristino anche per essi della regola
contenuta nell’art.39 legge 2359/1865,nuovamente riproposta
dall’art.55 del T.U. sulle espr. come sostituito dal comma
89 ° dell’art.2 legge 244 del 2007.
E tuttavia la Corte di merito dopo avere correttamente
disatteso la ricognizione del terreno compiuta dal proprio
c.t. che in violazione del disposto del 3 ° comma dell’art.5
bis ne aveva affermato l’edificabilità di fatto in
contrasto con la sua accertata in edificabilità legale,ne
ha poi recepito la valutazione compiuta con riferimento
all’anno 1996 in £.87.000 mq. proprio sul presupposto della
ritenuta edificabilità:senza compiere alcuna delle indagini
appena menzionate in ordine alla possibile (e consentita)
utilizzazione una volta che ne era stata accertata la
destinazione non edificatoria per l’inclusione nella fascia
di rispetto stradale;e soprattutto sulla valutazione del
mercato immobiliare relativa alla concreta utilizzazione
prescelta;che dovranno dunque essere eseguite dal giudice
di rinvio.

19

8.Cassata,conclusivamente

la

sentenza

impugnata

in

relazione ai motivi accolti,la Corte deve rinviare alla
stessa Corte di appello di Napoli,che in diversa
composizione si atterrà ai principi esposti e provvederà
anche alla liquidazione delle spese del giudizio di

P.Q.M.
La Corte,riuniti i giudizi,accoglie i primi due motivi del
ricorso principale,nonché il quinto,sesto e settimo del
ricorso incidentale,assorbito l’ottavo,respinge tutti gli
altri motivi,cassa la sentenza impugnata in relazione ai
motivi accolti e rinvia anche per la liquidazione delle
spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di
Napoli,in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 9 ottobre 2013.

legittimità.

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