Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26490 del 29/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 29/09/2021, (ud. 28/09/2021, dep. 29/09/2021), n.26490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – rel. Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

C.M., in qualità di ex amministratore della compagine

denominata (OMISSIS) in Liquidazione, rappr. e dif. dall’avv. Maria

Antonietta Cestra, avvmariantoniettacestra.puntopec.it,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Salvatore

Napoli in Roma, via Riboty n. 23, come da procura a margine del

presente atto;

– ricorrente –

Contro

Fallimento (OMISSIS) in Liquidazione, in persona del curatore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. Roma 10.6.2020, n. 2778/2020,

in R.G. 53050/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

giorno 28 settembre 2021 dal Presidente relatore Dott. Ferro

Massimo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. C.M. impugna la sentenza App. Roma 10.6.2020, n. 2778/2020, in R.G. 53050/2019, che ha rigettato il suo reclamo proposto avverso la sentenza Trib. Roma n. 306 del 2016 dichiarativa di fallimento del (OMISSIS) in Liquidazione per essersi il reclamante limitato a depositare l’estratto della sentenza di fallimento e non la copia della stessa;

2. secondo la corte, parte impugnante si è limitata a depositare l’estratto della sentenza dichiarativa di fallimento, dolendosi di non aver potuto acquisire copia della sentenza e però non dando alcuna prova di impedimento nell’acquisizione, né risultando aver proposto un’istanza ex art. 210 c.p.c.; ne conseguiva pertanto, secondo la pronuncia ora impugnata, la preclusione all’esame nel merito del reclamo;

3. il ricorso è su quattro motivi; con il primo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 347 c.p.c., comma 2 e dell’art. 348 c.p.c., per non avere la corte d’appello deciso il reclamo allo stato degli atti disponibili nel fascicolo di causa, nel quale era presente la sentenza reclamata, sebbene depositata dopo la proposizione del reclamo, posto che il giudice di appello, in caso di deposito di una copia incompleta della sentenza impugnata, non deve immediatamente rigettare l’appello, ma assegnare alla parte un termine per provvedere al deposito integrale, e, solo una volta inutilmente decorso questo, rigettare il gravame;

4. con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 156 c.p.c., a causa del difetto di notifica, circostanza ritenuta sufficiente a rendere la sentenza atto inidoneo a raggiungere lo scopo a cui è preordinata, poiché la sentenza di fallimento era stata conosciuta dal reclamante solo tre anni dopo, nell’occasione della notifica di citazione per azione di responsabilità promossa dal curatore;

5. con il terzo motivo, si deduce l’illegittimità della sentenza per avere pronunciato il fallimento di un soggetto giuridico manifestamente inesistente, in quanto dal registro delle imprese risulta che in data 11/06/2015 veniva cancellata Treci s.r.l., una delle due società che, con C. Costruzioni s.r.l., aveva costituito il fallito (OMISSIS), che dunque doveva considerarsi sciolto;

6. con il quarto motivo si deduce, invece, la violazione della L. Fall., art. 5, per non avere la sentenza dichiarativa di fallimento fornito alcuna prova della sussistenza dell’insolvenza, nonostante i crediti di cui disponeva il consorzio (benché oggetto di contenzioso) e le contestazioni avanzate verso terzi apparenti creditori (con un’opposizione a decreto ingiuntivo).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo motivo è inammissibile, per plurimi profili; esso, in primo luogo, non censura idoneamente la complessa ratio decidendi con cui la corte, nella pronuncia reiettiva del reclamo, ha attribuito al reclamante sia la mancata prova dell’asserito impedimento all’acquisizione della copia integrale della sentenza di fallimento, sia la mancata attivazione di mezzi di sollecitazione istruttoria; tale limite del ricorso s’infrange nel principio per cui “qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse a una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto la loro eventuale fondatezza non potrebbe comunque condurre all’annullamento della decisione stessa” (Cass. 20454/2005, 17182/2020);

2. il motivo, inoltre, è totalmente carente di specificità laddove, invocando il richiamo agli atti del procedimento avanti al tribunale, riferisce che in essi constava la sentenza integrale di fallimento messa a disposizione della corte d’appello, senza però riprodurne almeno nei tratti essenziali gli estremi, né dando conto di averne preso visione, nonostante l’enunciazione di date di acquisizione (nel 2019) anteriori all’udienza (5.6.2020) in cui il collegio della corte ha sciolto la riserva di decisione che ha condotto all’attuale pronuncia; diviene pertanto, per un verso, impossibile dar corso al principio per cui “la mancanza in atti della sentenza impugnata non preclude al giudice la possibilità di decidere nel merito qualora, sulla base degli atti, egli disponga di elementi sufficienti” (Cass. 27536/2013, 23713/2016); per altro verso e ancor più radicalmente va ricordato che il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che “occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico”” (Cass. 28184/2020); si tratta di principio non osservato nel motivo nemmeno attraverso la allegazione degli elementi decisivi della sentenza di fallimento idonei a permetterne, come pure chiesto con altre censure, il controllo di fondatezza oltre che, tra essi, circostanze fondamentali quali il soggetto fallito, i soggetti istanti, la sua motivazione essenziale;

3. il secondo motivo è inammissibile; esso invero non enuncia una veste di necessaria destinatarietà della notifica della sentenza di fallimento, facente capo al ricorrente, tale da giustificare la pretesa nullità ove l’adempimento sia omesso, sul punto non contrapponendo alcuna norma alternativa pretesamente trascurata dalla corte; anzi la stessa asserita qualità di ex amministratore depone nel senso di pienamente giustificare la correttezza dell’omessa notifica della sentenza al ricorrente, posto che la relativa obbligatorietà è riservata al fallito, come prescritto dalla L. Fall., artt. 17-18; in ogni caso, il ricorso introduce una circostanza, l’impugnazione avvenuta tre anni dopo la sua emanazione da parte del Tribunale di Roma (senza indicare altra data d’iscrizione nel registro delle imprese), che confligge non solo con il citato chiaro disposto della L. Fall., art. 18, comma 4, ma altresì con la regola di decadenza dell’art. 327 c.p.c., comma 1; né il ricorrente indica cause giustificative della nullità della notifica a sé propria (per vero non dovuta) ovvero altri impedimenti rilevanti che gli abbiano precluso la conoscenza, anteriormente al citato termine, del processo di fallimento stesso;

4. le plurime citate ragioni di inammissibilità dei primi due motivi determinano l’assorbimento dei restanti;

ne consegue che il ricorso è inammissibile quanto ai primi due motivi, con assorbimento del terzo e quarto; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibili i primi due motivi del ricorso, con assorbimento del terzo e quarto; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

 

 

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