Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26488 del 09/12/2011
Cassazione civile sez. VI, 09/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 09/12/2011), n.26488
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello
Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei
Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
A.A.M.;
– controricorrente –
per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma
depositato il 17 novembre 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
giorno 17 novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio
Zanichelli;
sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Amministrazione ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della corte d’appello che ha accolto il ricorso di con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata della procedura fallimentare svoltasi avanti al Tribunale di Napoli ed ancora in corso alla data della decisione nell’ambito della quale la parte aveva chiesto di essere ammessa al passivo in data 8.7.1997.
L’intimata non ha proposto difese.
Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso con il quale ci si duole della quantificazione in anni quattro della ragionevole durata della procedura fallimentare è infondato in quanto la Corte di merito non si è discostata dai parametri individuati dalla Corte (Sez. 1^, sentenza 7 luglio 2009 n. 15953) che ha indicato in anni tre la durata ragionevole di una procedura semplice e in anni cinque la durata ragionevole di una procedura di apprezzabile complessità, posto che quella di cui si tratta è relativa ad una società di persone e quindi normalmente non particolarmente complessa e non sono stati evidenziati elementi idonei a farla ritenere dotata di una qualche peculiarità.
Il secondo motivo con il quale si lamenta che la Corte di merito abbia individuato come dies a quo per il calcolo della durata del giudizio presupposto quello della proposizione dell’insinuazione tardiva e non quello in cui è divenuta definitiva la pronuncia sull’opposizione alla medesima è infondato in quanto il creditore diviene parte del procedimento fallimentare nel momento in cui chiede l’ammissione al passivo ed il tempo necessario per la valutazione della sua domanda non può non essere computato dal momento che anche tale sub procedimento deve essere strutturato in modo da concludersi in tempi ragionevoli, essendo pregiudiziale al soddisfacimento del suo credito.
Il terzo motivo con il quale ci si duole che la Corte di merito abbia ritenuto ancora pendente il procedimento alla data della pronuncia è inammissibile in quanto attiene ad una questione di fatto che non risulta oggetto di contestazione in corso di causa.
Il ricorso deve dunque essere rigettato. Non si deve provvedere sulle spese in assenza di attività difensiva dell’intimata.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2011