Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26483 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/11/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 20/11/2020), n.26483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 331-2015 proposto da:

ELLEDI DUE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268/A, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO GIUGNI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI L’AQUILA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 588/2014 della COMM.TRIB.REG. di L’AQUILA,

depositata il 26/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

ELLEDI DUE s.r.l. propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 588/2/14, depositata il 26/5/2014, con la quale la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, confermando la decisione di prime cure, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificato il 10/10/2012 dall’Agenzia delle entrate alla contribuente, in revoca (per mancato adempimento dell’obbligo di trasferimento nel triennio) dell’agevolazione fruita in relazione all’atto registrato il 23/7/2009, con il quale la predetta società aveva acquistato da EDILPROGET s.r.l., un fabbricato da cielo a terra, sito in Manciano (GR), ed una porzione di fabbricato, sita Roma, aventi entrambi natura strumentale, autoliquidando l’imposta di registro all’1% e l’imposta ipo-catastale in misura agevolata, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 1, comma 1, 6 periodo, Tariffa Prima Parte allegata, con contestuale impegno alla rivendita entro tre anni dall’acquisto.

Secondo la Commissione tributaria regionale correttamente l’Ufficio aveva revocato l’agevolazione, non essendo contestata la circostanza che la società non avesse rivenduto nel triennio il compendio immobiliare acquistato con l’agevolazione, conseguendo da ciò l’assoggettamento dell’atto di trasferimento all’imposta di registro ed ipo-catastale in misura ordinaria, ed a nulla rilevando, ai fini dell’eventuale decadenza dell’azione accertativa dell’Amministrazione finanziaria, che quest’ultima avesse disposto la revoca del beneficio per mancato trasferimento dell’immobile nel triennio e non per l’insussistenza originaria dei presupposti agevolativi, in quanto beni strumentali, dal momento che la società non poteva giovarsi di tale insussistenza, trattandosi di condotta connotata da “mala fede iniziale a danno dell’Ufficio il quale, invece, non era obbligato a fare ulteriori accertamenti, basandosi sulle dichiarazioni dell’acquirente, se non quelli relativi all’avvenuta rivendita degli immobili acquistati entro i tre anni dall’acquisto stesso”. Aggiungeva il giudice di appello che “anche a voler accedere alla pretesa dell’appellante, contando i termini di sospensione per il sisma del 6 aprile 2009, i tre anni invocati dalla società non erano neanche spirati al momento della notifica (10.10.2012) dell’atto impugnato”.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3 violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, 6 periodo, Tariffa Prima Parte allegata, D.P.R. n. 131 del 1986, art. 10, comma 1, n. 8 bis, D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, poichè la CTR non ha considerato che gli immobili erano descritti nell’atto di trasferimento come strumentali (categoria catastale C/2 e C/6) all’attività d’impresa, e che l’Ufficio aveva la possibilità di rilevare la circostanza, oggettivamente incompatibile con l’accesso all’agevolazione, decorrendo così il termine di accertamento dalla registrazione dell’atto.

Con il secondo motivo lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla dedotta natura strumentale dei beni acquistati dalla contribuente, circostanza per nulla presa in considerazione ai fini della decadenza dell’Ufficio, e della stessa insussistenza della pretesa impositiva, avendo la CTR ritenuto corretto far decorrere il termine di accertamento dall’inutile spirare del triennio di rivendita degli immobili.

Con il terzo motivo lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2969 c.c., nonchè dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri O. 6 aprile 2009, n. 3753, art. 6, con riferimento alla sospensione dei termini comportanti prescrizioni e decadenze in scadenza nel periodo in cui vigeva lo stato d’emergenza nel territorio colpito dal sisma, essendosi la CTR pronunciata sul punto, riconoscendo in ogni caso la tempestività dell’iniziativa dell’Ufficio, pur in assenza di deduzioni di parte e, quindi, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Con il quarto motivo lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’applicazione della sospensione dei termini di decadenza operata senza alcuna argomentazione circa la fonte normativa.

I primi due motivi di ricorso, scrutinabili congiuntamente, sono infondati e non meritano accoglimento.

La contribuente lamenta l’erroneità della decisione impugnata, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, stante la dedotta insussistenza iniziale dei presupposti della agevolazione, circostanza desumibile dal fatto che gli immobili trasferiti alla società ELLEDI DUE, in quanto beni strumentali, erano esclusi dal regime agevolato di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, 6 periodo, Tariffa Prima Parte allegata, non trattandosi di operazione esente dall’Iva D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10, comma 1, n. 8 bis, e ciò nonostante la parte acquirente avesse dichiarato nell’atto che intendeva trasferirli entro i successivi tre anni.

Ad avviso di parte ricorrente, l’Ufficio aveva la possibilità di recuperare la maggiore imposta nell’ordinario termine decadenziale (pacificamente non rispettato) di tre anni dalla registrazione dell’atto, cosa che non è accaduta, essendo stato notificato l’avviso di liquidazione soltanto in data 10/10/2012, termine che decorre dalla data in cui l’atto impositivo può essere emesso e dunque dallo stesso giorno della registrazione del contratto, in quanto il beneficio già originariamente non spettava.

L’agevolazione in esame trova la sua disciplina nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, tariffa, parte I, in forza del quale: “Se il trasferimento avente per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricato è esente dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, comma 1, n. 8-bis, ed è effettuato nei confronti di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la rivendita di beni immobili, a condizione che nell’atto l’acquirente dichiari che intende trasferirli entro tre anni: 1%”.

Orbene, quand’anche l’Amministrazione finanziaria fosse decaduta dalla potestà di contestare l’agevolazione in questione per difetto originario dei relativi requisiti (acquisto da privati fuori campo Iva, ma non esente dall’imposta D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10), ciò non esclude il disconoscimento della stessa agevolazione in forza di una causa (mancato trasferimento nel triennio dall’acquisto) tutt’affatto diversa, ed in ordine alla quale il termine triennale di accertamento – perchè decorrente dal fatto sopravvenuto costituito dalla inutile scadenza del triennio di adempimento – non era ancora decorso, com’è pacifico, al momento della notificazione dell’avviso.

Pertanto, solo se fosse stata basata sul difetto originario dei requisiti agevolativi, la maggiore imposta (complementare) di registro, in recupero della illegittima fruizione della agevolazione, avrebbe dovuto senz’altro essere richiesta dall’Amministrazione finanziaria entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto; fin da questo momento, infatti, essa era in grado di accertare tale difetto (Cass. S.U. n. 1196/2000, sia pure in tema di agevolazioni per l’acquisto della cosiddetta “prima casa”).

E tuttavia, sempre in applicazione di questo stesso principio, l’Amministrazione ben poteva disconoscere per altro titolo l’agevolazione, e procedere al recupero, usufruendo del termine triennale di accertamento appunto decorrente dal momento (inutile spirare del triennio di adempimento dell’obbligo di trasferimento dell’immobile) in cui la – diversa – causa di revoca si è concretizzata, così da poter (dover) essere verificata e sostenuta nei confronti del contribuente.

Nel caso di specie, la mancata attivazione dell’attività accertativa entro il triennio dalla registrazione dell’atto (per far valere il difetto originario dei requisiti agevolativi) ha fatto sì che il regime agevolato (ancorchè indebito, come dedotto dalla società contribuente) prendesse pieno vigore in tutti i suoi effetti di legge, compreso dunque l’obbligo di trasferimento dell’immobile nel triennio, cui è correlato l’autonoma anche quanto a disciplina decadenziale – diversa ed ulteriore causa di recupero individuata nel mancato adempimento di questo obbligo.

I restanti motivi di ricorso rimangono assorbiti essendo superfluo l’esame delle relative censure che attingono argomentazioni ulteriori sviluppate nella impugnata sentenza a sostegno della decisione adottata “anche a voler accedere alla pretesa dell’appellante” società circa la decorrenza del termine di decadenza triennale dalla data di registrazione dell’atto.

Il ricorso va dunque rigettato, con condanna della società ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.800,00, oltre spese prenotate a debito.

Visto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

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