Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26482 del 21/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 21/12/2016, (ud. 15/06/2016, dep.21/12/2016),  n. 26482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SVILUPPO AGRICOLO BIANCHINO s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

del Viminale n. 43, presso la soc. Repas Lunch Coupon s.r.l.,

rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Gaeta giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara, n. 284/10/10, depositata il

6 ottobre 2010.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

giugno 2016 dal Relatore Cons. Virgilio Biagio;

uditi l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per la ricorrente e

l’avv. Pietro Gaeta per la controricorrente e ricorrente

incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Zeno Immacolata, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e l’inammissibilità dell’incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara, indicata in epigrafe, con la quale è stato riconosciuto alla Sviluppo Agricolo Bianchino s.r.l. il diritto ad usufruire integralmente del credito d’imposta previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 63, comma 1, e la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 7, comma 10, per l’assunzione di lavoratori disoccupati in aree svantaggiate per gli anni 2003/2006.

Il giudice a quo ha ritenuto, in sintesi, che la citata L. n. 289 del 2002, art. 63, proteggendo determinate categorie di lavoratori favorendone l’occupazione, prevede aiuti ai lavoratori e non alle imprese, con la conseguenza che tali aiuti non soggiacciono alla regola de minimis, di cui al richiamato la L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 10, (che stabilisce che il credito non può eccedere il limite di Euro 100.000 in un triennio).

2. La contribuente resiste con controricorso e propone altresì ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo, la ricorrente principale, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 7 e la L. n. 289 del 2002, art. 63, censura la riportata ratio decidendi della sentenza impugnata.

Il motivo è fondato.

Deve, infatti, essere ribadito il principio secondo cui la L. n. 289 del 2002, art. 63, comma 1, nel rinnovare il regime di incentivi alle assunzioni, già disposto con la L. n. 388 del 2000, art. 7, ha mantenuto esplicitamente ferme, per quanto non diversamente regolato, le disposizioni di cui al detto art. 7, quindi anche quella dettata dal comma 10, in base alla quale “all’ulteriore credito di imposta di cui al presente comma si applica la regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità europee 96/C68/06”, e “ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione purchè non venga superato il limite di Lire 180 milioni nel triennio”.

Il criterio comunitario c.d. de minimis è stato, quindi, espressamente adottato – in via di rinvio alla relativa fonte normativa – dal legislatore nazionale, nel legittimo esercizio dei suoi poteri discrezionali, quale tetto massimo dell’ulteriore credito d’imposta in esame che ha inteso attribuire ai datori di lavoro. Ne deriva l’irrilevanza della normativa comunitaria invocata, la quale non impedisce che il legislatore nazionale circoscriva benefici fiscali entro soglie predefinite, anche individuate per relationem rispetto a norme dell’ordinamento comunitario (tra le altre, Cass. nn. 21797 del 2011, 7361 e 12662 del 2012, 20245 del 2013, 21594 del 2015).

1.2. Resta assorbito il secondo motivo.

2.2. Con il primo motivo del ricorso incidentale, la società contribuente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per non avere il giudice a quo rilevato l’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio per novità di alcune domande.

Il motivo è infondato.

Premesso che l’eccezione, già proposta in sede di appello incidentale, deve ritenersi implicitamente rigettata dal giudice, la stessa si rivela in effetti priva di fondamento, in quanto le argomentazioni svolte dall’appellante non costituiscono altro che lo sviluppo argomentativo della tesi posta a base dell’atto di revoca del credito d’imposta (applicabilità nella specie della regola de minimis).

2.2. Il secondo motivo, col quale è denunciata la violazione della L. n. 890 del 1982, artt. 3 e 14 e artt. 148 e 149 c.p.c., insistendo nella tesi della nullità della notificazione dell’atto impugnato, è infondato, poichè, anche a voler ammettere che nullità vi sia stata, questa è stata sanata con la proposizione del ricorso.

2.3. Infine, con la terza censura, si rinnova l’eccezione di nullità dell’atto di revoca per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, non contenendo le indicazioni ivi tassativamente prescritte.

Anche questa doglianza è priva di fondamento, trattandosi, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, di indicazioni non previste a pena di nullità (cfr., tra le altre, Cass., sez. un., n. 11722 del 2010, secondo la quale la nullità per omessa indicazione del responsabile del procedimento è stata introdotta solo per le cartelle di pagamento riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008, ai sensi del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 – ter, convertito dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31; inoltre, l’omessa o errata indicazione dell’autorità dinanzi alla quale può essere proposto ricorso comporta solo l’eventuale riconoscimento della scusabilità dell’errore in cui sia eventualmente incorso il ricorrente, con conseguente riammissione in termini: Cass. 20634 del 2008, 19675 del 2011, 10520 del 2015).

3. In conclusione, deve essere accolto il ricorso principale e rigettato l’incidentale; la sentenza impugnata va cassata in relazione al ricorso accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

4. La formazione della giurisprudenza citata in epoca successiva alla instaurazione del processo induce a disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corta accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, del ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2016

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