Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26482 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/11/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 20/11/2020), n.26482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29762-2014 proposto da:

DO.RE.MA. COSTRUZIONI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

VILLA SEVERINI 54, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI

CONTESTABILE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

LA CONSOLAZIONE ENTE TUDERTE DI ASSISTENZA E BENEFICENZA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 277/2014 della COMM.TRIB.REG. di PERUGIA,

depositata il 22/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro, conseguente alla stima di maggior valore del terreno oggetto di compravendita, notificato a La Consolazione – Ente Tuderte di Assistenza e Beneficenza, quale parte venditrice, ed alla DO.RE.MA. COSTRUZIONI s.r.l., quale parte acquirente.

Entrambi i contribuenti impugnavano l’avviso, contestando la mancanza di motivazione e l’erroneità del valore attribuito al bene.

La Commissione tributaria provinciale di Perugia disattendeva le ragioni dei contribuenti, e la decisione veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale dell’Umbria, con sentenza n. 277/04/14, depositata il 22/4/2014, sul rilievo che la mancata allegazione degli atti presi a raffronto dall’Ufficio, comunque individuabili tramite i dati identificativi riportati negli atti, non aveva impedito ai contribuenti di difendersi, che era stato applicato uno dei criteri previsti dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, e che la valutazione estimativa di Euro 35 al mq rimaneva ben al di sotto del prezzo di oltre Euro 50 al mq praticato nella compravendita di terreni similari.

Avverso la pronuncia i contribuenti propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi; l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della legge, con riferimento al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, in quanto la CTR non ha considerato che l’Ufficio avrebbe dovuto allegare all’avviso gli atti di compravendita assunti a metro di confronto ai fini della rettifica o quantomeno avrebbe dovuto riprodurne il contenuto, non essendo sufficiente la mera indicazione degli estremi della loro registrazione a salvaguardare il diritto di difesa del contribuente.

Con il secondo motivo denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, e art. 51, comma 2, in quanto la CTR non ha considerato, nella determinazione del valore venale in comune commercio del terreno, tutte le documentate complesse vicende che avevano portato all’acquisto del bene da parte della società DO.RE.MA. COSTRUZIONI, all’esito di un procedimento di dismissione “al miglior prezzo” di parte del patrimonio immobiliare di un Ente pubblico, e sulla base di perizia estimativa che aveva ridotto l’iniziale valutazione dei lotti, tra cui quello per cui è causa, rimasti invenduti, dati che smentiscono l’attendibilità della sommaria stima operata dall’Agenzia del Territorio.

La prima censura va disattesa perchè infondata.

I ricorrenti non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata che appare in linea con la giurisprudenza di legittimità secondo cui “l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore” è sufficiente a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa in quanto, presa conoscenza del criterio di valutazione adottato è in condizione di contestare e di documentare la pretesa tributaria, fermo restando l’onere della prova gravante sull’Amministrazione.

Come questa Corte, in tema di accertamento tributario, ha ribadito più volte, “la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa ” per cui, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione finanziaria, ” è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore “, e non sussiste ” la necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale ” ed ancora, ” l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Al conseguimento di tali finalità è necessario e sufficiente, pertanto, che l’avviso enunci il criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, essendo riservato alla eventuale sede contenziosa l’onere dell’Ufficio di provare nel contraddittorio con il contribuente (e sempre che l’impugnazione giudiziale contenga specifiche e dettagliate allegazioni al riguardo) gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezza della stessa anche in base a criteri non utilizzati per l’accertamento ” (Cass. n. 14426/2017; n. 565/2017; n. 11560/2016; n. 25559/2014; n. 25153/2013; n. 14027/2012).

La decisione impugnata puntualmente evidenzia che l’Ufficio ha esplicitato il criterio c.d. comparativo, con riferimento ai trasferimenti di immobili di similari caratteristiche conclusi nei tre anni anteriori alla data dell’atto della cui imposizione si tratta, informazione di per sè sufficiente a consentire al contribuente la contestazione della pretesa erariale, che degli atti di compravendita presi a raffronto, di cui uno anche

prodotto in giudizio, sono stati riportati “tutti gli elementi identificativi”, che “gli appellanti avevano dimostrato di averne conoscenza, e che in tal modo “gli stessi erano stati posti in grado di fornirsene per svolgere una piena difesa, come effettivamente hanno poi dimostrato di aver fatto”.

La seconda cesura è inammissibile.

Nella sentenza impugnata osserva la CTR che l’Ufficio “ha utilizzato uno dei criteri indicati nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, non avendo ritenuto il prezzo stabilito in un atto traslativo privato diverso da una aggiudicazione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 44, comma 1, nei casi di espropriazione forzata e di trasferimenti coattivi”, e che ha “tenuto conto, nella determinazione del valore del terreno de quo, dell’ubicazione, della conformazione planimetrica irregolare, della giacitura pianeggiante e della potenzialità edificatoria che risultava dalla nota del Comune di Todi allegata all’avviso di accertamento, ed aveva altresì correttamente all’uopo considerato, con metodo comparativo e ponderato, i valori dichiarati, accertati e definiti in ognuno degli atti aventi ad oggetto terreni ubicati nello stesso comprensorio, con destinazione urbanistica similare o analog(a) a quell(a) oggetto della controversia”, ed anche “dell’attraversamento di una linea elettrica sul terreno compravenduto”, circostanza quest’ultima che tuttavia “non sminuiva concretamente la potenzialità edificatoria del terreno” medesimo rispetto ai rilevati prezzi di compravendita di immobili similari.

E’ oramai consolidato in giurisprudenza il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso e che è sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla; mentre, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito.

La censura esaminata – benchè formalmente prospettate come vizio di violazione di legge – si risolve, nella sostanza, in una critica al complessivo governo del materiale istruttorio operato dal giudice a quo, cui contribuenti intenderebbero opporre, anche in relazione alla invocata diversità del terreno oggetto di causa, una diversa valutazione delle medesime risultanze istruttorie utilizzate dal giudice di appello e prima ancora di quello di primo grado, atteso che il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (Cass. n. 8758 del 2017).

Alla stregua di quanto precede, il ricorso va respinto con ogni conseguenza anche in ordine alle spese processuali liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna in solido il ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4. 000,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

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