Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26481 del 26/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26481 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 4062-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
SACCOMANDI UMBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA LEONARDO GREPPI 77, presso lo stucio dell’avvocato
ANTONIO RUGGERO BIANCHI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato REFERZA PIETRO, giusta procura a
margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 26/11/2013

avverso la sentenza n. 153/5/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di L’AQUILA del 23.11.2010, depositata il 14/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO;

si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 04062 sez. MT – ud. 23-10-2013
-2-

udito per il controricorrente l’Avvocato Antonio Ruggero Bianchi che

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di L’Aquila ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.120/01/2008 della CTP di Teramo che aveva accolto il ricorso del
contribuente Saccomandi Umberto- ed ha così annullato la cartella di pagamento con
cui l’Agenzia aveva —sulla premessa della decadenza dall’istanza di definizione
agevolata ai sensi dell’art.9-bis della legge n.289 del 2002 per effetto del pagamento
delle sole prime rate dell’importo rateizzato dovuto per la definizione agevolatarecuperato integralmente le somme non pagate od omesse (coi relativi interessi e
sanzioni).
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che, nulla prevedendo
espressamente l’art.9 bis circa le conseguenze del mancato pagamento nei termini
previsti dalla norma, doveva darsi rilievo alla ratio della disposizione, omogenea ed
integrativa rispetto alle altre della stessa disciplina di legge, nelle quali è
espressamente confermata l’efficacia dell’istanza di definizione, sicchè —nella specie
di causa- perteneva all’Ufficio soltanto la facoltà di iscrizione a ruolo delle rate non
versate e della sanzione del 30% sui soli residui importi non pagati.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il motivo di censura (rubricato come:”Violazione e falsa applicazione
dell’art.9.bis della legge n.289/2002 — art.360 n.3″) la ricorrente si duole in sostanza

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letti gli atti depositati

che il giudice di appello abbia ritenuto sufficiente il pagamento di alcune delle rate
dell’importo dovuto per la definizione agevolata, con conseguente inefficacia del
provvedimento di revoca (o diniego di efficacia) dell’istanza di definizione dei
pagamenti ritardati o omessi.
Il motivo è fondato e da accogliersi.

fattispecie, questa Corte ha già avuto modo di evidenziare che:” Il condono previsto
all’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, relativo alla possibilità di definire gli omessi
e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni
presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di
mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di
condono clemenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie
regolate dagli artt. 7,8,9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al
contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da
effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che,
nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione
ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, in ordine alla determinazione del “quantum”,
esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa
presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è
condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale
determina la definizione della lite pendente solo se integrale, essendo insufficiente il
solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive”
(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20745 del 06/10/2010).
Non resta che concludere che la sentenza di appello, che non si è conformata ai
predetti principi, merita senz’altro la cassazione, sicchè poi la Corte potrà decidere la
controversia nel merito, non apparendo necessari ulteriori accertamenti.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 10 gennaio 2013

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Invero, con indirizzo condivisibile e qui puntualmente applicabile per l’identità di

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la
parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in E 1.200,00
oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013.

che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

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