Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26481 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/10/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 17/10/2019), n.26481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11629-2018 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 123,

presso lo studio dell’avvocato LUDOVICO ALDO PAGANO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO D.A., A.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1665/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza pubblicata il 28 settembre 2012 il Tribunale di Roma dichiarava il fallimento di D.A., titolare dell’omonima impresa individuale.

2. – Avverso detta sentenza proponeva reclamo lo stesso D.. Nel giudizio di impugnazione si costituiva il creditore istante, A.P., mentre la curatela del fallimento restava contumace.

La Corte di appello di Roma, in data 15 marzo 2018, respingeva il reclamo. Per quanto qui interessa, il giudice distrettuale rilevava come la notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di comparizione delle parti fosse da considerare valida: infatti, i richiamati atti erano stati dapprima inoltrati a mezzo ma con esito negativo, stante l’avvenuta cancellazione della ditta D. dal registro delle imprese; in seguito ne era stata vanamente tentata la notifica presso la sede legale della ditta; da ultimo si era provveduto al deposito del ricorso e del decreto presso la casa comunale.

3. – La sentenza della Corte di Roma è impugnata per cassazione facendo valere un unico motivo di ricorso. Non vi sono controricorrenti.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in fauna semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – L’istante oppone la falsa applicazione della L. Fall., art. 15 e dell’art. 145 c.p.c., oltre che la violazione degli artt. 138,139 e 140 c.p.c.. Il ricorrente assume, in sintesi, che quella del deposito presso la casa comunale costituisca una modalità residuale del procedimento notificatorio, da adottare in vista della udienza prefallimentare, e che l’incombente non possa trovare applicazione con riferimento alle ditte individuali, stante il diretto coinvolgimento del titolare dell’impresa, che “fallisce in proprio come persona fisica”. Osserva, in proposito, che i citt. artt. 138,139 e 140 c.p.c. dispongono che le persone fisiche “devono ricevere le notifiche nel luogo ove hanno la residenza e soltanto allorchè non sia possibile procedere in tal la notifica deve essere eseguita con il deposito nella casa comunale”. Pale principio, ad avviso del ricorrente, non poteva essere derogato: tanto più in considerazione dell’intervenuto fallimento, allorchè l’attività d’impresa è cessata, l’indirizzo di posta elettronica cancellato e sa sede dell’impresa abbandonata.

2. – Il motivo è infondato, e così il ricorso.

Come rammentato da questa stessa Corte (cfr. Cass. 12 gennaio 2017, n. 602, in motivazione), l’introdotta semplificazione del procedimento notificatorio in ambito concorsuale trova la sua ragion d’essere nella specialità e nella complessità degli interessi che esso è volto a tutelare, che ne segnano l’innegabile diversità rispetto a quello ordinario di notifica; il diritto di difesa del debitore, da declinare nella prospettiva della conoscibilità, da parte di questi, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, è, d’altro canto, adeguatamente garantito dal predisposto duplice meccanismo di ricerca, tenuto conto che, ai sensi del D.L. n. 185 del 2008, art. 16 convertito con modificazioni dalla L. n. 2 del 2009, l’imprenditore è obbligato a dotarsi di un indirizzo PEC, e che anche la sede legale dell’impresa deve essere obbligatoriamente indicata nell’apposito registro, la cui funzione è proprio quella di assicurare un sistema organico di pubblicità legale, così da rendere conoscibili ai terzi, nell’interesse dello stesso titolare, i dati e le principali vicende che riguardano l’impresa medesima. In tal senso, è stato precisato che, introducendo uno speciale procedimento per la notificazione del ricorso, il quale fa gravare sull’imprenditore le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto degli obblighi in questione, il legislatore del 2012 ha inteso codificare, ed anzi rafforzare, il principio secondo cui il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorchè la situazione di irreperibilità di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza o ad una condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico. In detta prospettiva ben si giustifica dunque l’affermazione per cui “va escluso che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento e il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi degli artt. 138 c.p.c. e ss. o art. 145 c.p.c. (a seconda che l’impresa esercitala dal debitore sia individuale o collettiva), nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società” (sent. cit.).

Non vi è pertanto alcuna ragione che induca a ritenere che, in caso di fallimento di imprenditore individuale, le forme notificatorie specificamente previste dalla L. Fall., art. 15, comma 3 concorrano con quelle ordinarie, richiamate dall’istante: conclusione, questa, del resto pacificamente esclusa, per le medesime ragioni sopra esposte, con riguardo agli enti collettivi (cfr. infatti, ad esempio, Cass. 7 agosto 2017, n. 19688, che nega espressamente, per le ipotesi di irreperibilità riferita alla società fallenda, l’applicabilità della disciplina ordinaria prevista dall’art. 145 c.p.c.).

3. – Non essendovi stata resistenza in giudizio, non vi sono spese da liquidare.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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