Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2648 del 01/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 01/02/2017, (ud. 11/01/2017, dep.01/02/2017),  n. 2648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13835/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE ((OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati LELIO MARITATO, ANTONINO

SGROI, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO ed EMANUELE DE ROSE, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 229/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emessa il 5/2/2015 e depositata il 31/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11/1/2017 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA

MAROTTA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– il Tribunale di Perugia accoglieva il ricorso proposti da P.M. (socia ed amministratrice della Tutto Souvenir s.r.l.) avverso la cartella esattoriale con la quale l’I.N.P.S., sul presupposto della sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti, aveva chiesto il pagamento dei relativi contributi per gli anni 2005-2006 (per l’importo di Euro 773,25). La Corte di appello di Perugia confermava tale decisione sul rilievo che fosse mancata la prova dell’esercizio da parte della P. di attività abituale e prevalente nell’ambito dell’impresa;

– per la cassazione di tale decisione ricorre l’I.N.P.S., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A., affidando l’impugnazione ad unico motivo.

– P.M. è rimasta solo intimata;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– non sono state depositate memorie;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– l’Istituto denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. dalla L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Assume che le norme richiamate della L. n. 662 del 1996, avevano inteso estendere l’obbligo di iscrizione a soggetti, tra i quali i soci di società a responsabilità limitata, prima esclusi in ragione della limitazione della loro responsabilità, e che il requisito della personale partecipazione al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza, previsto ai fini dell’iscrizione alla Gestione Commercianti, doveva estendersi a quelle prestazioni di lavoro relative alle attività connesse, grazie alle quali il servizio veniva reso. Evidenzia che sarebbero rilevanti ai fini di detto obbligo tanto l’espletamento di un’attività esecutiva quanto quella organizzativa e direttiva di natura intellettuale, indipendentemente dal giudizio di prevalenza destinato ad operare solo in un ambito di gestioni speciali;

– il ricorso è manifestamente infondato alla luce dei precedenti di questa Corte (Cass. 5 marzo 2013, n. 5444; Cass. 26 marzo 2015, n. 6192) in casi del tutto analoghi;

– presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla Gestione Commercianti è che sia provato, in conformità a quanto previsto dalla L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1, comma 203, che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1, lo svolgimento di un’attività commerciale;

– quando vi sia già l’adempimento dell’obbligo in favore della Gestione Separata, per il doppio onere occorre una “coesistenza” di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria;

– ai fini dell’obbligo contributivo nei confronti della Gestione Commercianti (laddove ulteriore rispetto a quello della Gestione Separata) non è richiesta la verifica del requisito della prevalenza (che vale nel solo ambito delle attività autonome inquadrabili nei settori produttivi del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura; vale, cioè, solo al fine di evitare più di una contribuzione nel caso di un soggetto esercente contemporaneamente, anche in un’unica impresa, attività plurime, ma pur sempre tutte “assicurabili” nelle gestioni previste per le attività in parola), bensì quella della sussistenza degli elementi della abitualità e della professionalità della prestazione lavorativa, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto assicuratore;

– il decisum della Corte territoriale, incentrato sullo svolgimento da parte della P. della sola attività di amministratore, con un apporto operativo all’attività materiale ed esecutiva della società (svolta stabilmente attraverso la collaborazione di ben cinque dipendenti presso l’unico negozio di vendita all’ingrosso) di certo non prevalente rispetto agli altri fattori produttivi, non è stato validamente infirmato dalla parte ricorrente e dal mezzo d’impugnazione articolato.

– nè, di per sè, la qualifica di socio di una società di capitali (con responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento di tale capitale) può essere significativa dell’esercizio di diretta attività commerciale nell’azienda;

– la proposta va, pertanto, condivisa e il ricorso va rigettato;

– nulla va disposto per le spese processuali non avendo l’intimata svolto attività difensiva;

– va dato atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in quanto l’obbligo del previsto pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del ricorso) (così Cass. Sez. un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2017

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